Putin ammette indirettamente che le sanzioni stanno danneggiando Mosca. Intanto si elaborano nuovi accordi e strategie per emanciparsi dal gas russo.
L’Ue rinnova il sostegno all’Ucraina, con il via libera a una nuova fornitura di armi per 500 milioni di euro. Aiuti militari ma anche un’ulteriore stretta sulle sanzioni contro Mosca, che hanno provocato danni "colossali", ha ammesso per la prima volta Vladimir Putin. E la risposta dello zar, come sempre, è stata affidata alle bombe, che hanno continuato a cadere senza tregua.
Il nuovo pacchetto di forniture militari è stato approvato al Consiglio esteri a Bruxelles, nell’ambito del fondo European Peace Facility. Inoltre la Commissione lavora alla costituzione di un fondo aggiuntivo per gli acquisti comuni per la difesa (con altri 500 milioni di euro) che aumenti la capacità di produzione e le scorte di armi pesanti e di munizioni. I ministri dei 27 hanno approvato anche le nuove misure restrittive presentate venerdì dalla Commissione, incluso lo stop all’acquisto di oro russo e l’inserimento di altre decine tra entità e individui russi nella blacklist.
"Secondo alcuni leader europei le sanzioni sono state un errore. Io non credo, è quello che dobbiamo fare e continueremo a farlo", ha spiegato l’Alto Rappresentante Josep Borrell, riferendosi soprattutto a Viktor Orbán: il premier ungherese, principale sponsor di Mosca nell’Ue, nei giorni scorsi aveva definito le sanzioni "uno sparo nei polmoni all’economia europea". La stretta occidentale sull’economia russa, invece, ora è vissuta con un certo allarme dal Cremlino. Lo ha fatto intendere Putin, affermando che il Paese "sta affrontando una colossale quantità di difficoltà", soprattutto per il "blocco quasi totale all’accesso ai prodotti high-tech stranieri". Anche se, naturalmente, lo zar ha assicurato che tutto questo sarà "superato", trovando "nuove soluzioni". La guerra quindi continua e le truppe russe si stanno preparando per una nuova fase dell’offensiva, dopo la pausa per riorganizzarsi. Aumentando i raid, soprattutto nella regione del Donetsk.
Ma la Russia continua anche a tagliare il gas all’Europa e Bruxelles accelera nella corsa ai fornitori affidabili. Mentre ieri Gazprom evocava "cause di forza maggiore" per la chiusura dei rubinetti del Nord Stream 1 - una mossa per tutelarsi che non fa sperare nulla di buono per il 21 luglio, quando terminerà il periodo previsto di manutenzione del gasdotto e in teoria dovrebbero ripartire i flussi - Ursula von der Leyen è volata a Baku per siglare un memorandum d’intesa che porterà a raddoppiare, da qui al 2027, le forniture di gas naturale azero. E mentre ad Algeri il governo italiano firmava un maxi accordo per rafforzare la partnership energetica con il Paese nordafricano, in una Germania terrorizzata dai possibili effetti dello stop totale del metano russo il cancelliere Olaf Scholz riceveva Abdel Fattah al-Sisi, presidente di un Egitto diventato cruciale nel transito di gas verso l’Europa. Il nodo, per Bruxelles, resta quello dei tempi. L’Ue riuscirà a correre ai ripari sul riempimento degli stoccaggi prima che la Russia blocchi definitivamente i flussi? Mercoledì la Commissione presenterà il suo piano anche per questo. Solidarietà e riduzione "immediata" della domanda energetica costituiscono l’architrave delle linee guideache consigliano alle famiglie europee di abbassare i condizionatori di un grado, invitando, al tempo stesso, uffici e locali pubblici a mantenere la temperatura non sopra i 19 gradi il prossimo inverno. L’Europa, di fatto, si prepara a un razionamento energetico. Un eventuale stop totale al gas russo, senza che l’Ue intervenga già adesso, secondo l’analisi della Commissione potrebbe costare oltre un punto di Pil.