Estero

Va avanti il processo sui fondi della Santa Sede

Il 17 marzo via all’interrogatorio del cardinale Becciu. ‘Finalmente potrò parlare’

(Keystone)

Il processo in Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, dopo sette mesi e due giorni dall’inizio, abbandona la fase procedurale ed entra finalmente nella trattazione del merito, tra cui la compravendita del palazzo di Sloane Avenue a Londra. Nella nona udienza, oggi, il Tribunale ha respinto tutte le eccezioni difensive sulla "nullità" della citazione a giudizio. Il processo andrà quindi avanti. Dopo la lettura dell’ordinanza, su cui tutte le difese si sono già riservate l’impugnazione, il Tribunale ha fissato al 17 marzo la prossima udienza, nella quale sarà interrogato il cardinale Angelo Becciu, ma limitatamente all’accusa relativa ai fondi che sarebbero stati inviati in Sardegna alla Diocesi di Ozieri e alla Cooperativa Spes.

Il presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone, ha chiesto alle difese quali imputati dessero la disponibilità a essere interrogati. Dopo quelle date dalle difese del card. Becciu, di Fabrizio Tirabassi, di René Bruelhart e Tommaso Di Ruzza – mentre non l’ha data la difesa di Raffaele Mincione e quella di Gianluigi Torzi non è stata ancora in grado di dirlo –, il difensore di Cecilia Marogna, Fiorino Ruggio, ha opposto all’interrogatorio della ex manager sarda un asserito "segreto Nato". "La mia assistita – ha riferito – ha scritto alla Segreteria di Stato, allo Stato italiano e alla Nato, sollevando il proprio obbligo alla segretezza". Il presidente Pignatone ha replicato di poter "scrivere alla Segreteria di Stato per chiedere chiarimenti, ma alla Nato certo, per le mie competenze, non posso scrivere". Aggiungendo una battuta: "Ora sarà anche in altre faccende affaccendata". Il card. Becciu ha accolto favorevolmente la fissazione del proprio interrogatorio: "Finalmente arriva l’ora di dire la verità. Bene. Inizia il dibattimento e così... È da sette mesi che aspettavo. E adesso posso parlare. Sono contento anche di essere il primo a testimoniare". E sul fatto che la coimputata Cecilia Marogna si sia detta vincolata dal segreto, "è da chiarire, vediamo – ha osservato –. Io sono pronto a rispondere. Chiaro, se c’è il segreto lo dovrà mantenere".

Nelle sue 40 pagine di ordinanza, il Tribunale ha definito "del tutto irrilevanti" le eccezioni delle difese fondate sull’asserita violazione dei principi del "giusto processo", e "del tutto ingiustificate e fuori luogo" le definizioni di "processo speciale" e "tribunale speciale", come pure "le affermazioni sull’asserita mancanza di indipendenza dei giudici vaticani", spesso fondate "su una lettura parziale ed erronea" della normativa vaticana. Del resto, "l’indipendenza della magistratura vaticana è stata espressamente riconosciuta, da ultimo, anche dalla Suprema Corte di cassazione italiana e dal Tribunale penale federale elvetico, allorquando si sono espressi sui ricorsi presentati rispettivamente dall’imputato Torzi e dall’imputato Mincione". Per quanto riguarda le singole e numerosissime eccezioni di "nullità", respinte tutte quelle relative all’omesso o incompleto deposito degli atti, agli "omissis", posti per "esigenze di segreto investigativo".

Riconosciuta la facoltà dell’Ufficio del promotore di giustizia, che "col deposito del 3 novembre 2021", riguardante le registrazioni audio-video degli interrogatori, "ha completato gli adempimenti", di produrre solo gli atti utilizzati per il procedimento e lasciare fuori gli altri. Rilevando l’"infondatezza" delle relative eccezioni, comprese quelle sull’incompletezza delle trascrizioni e dei verbali, il Tribunale sottolinea comunque che "ai fini del giudizio rileveranno innanzitutto le dichiarazioni che gli imputati (se lo vorranno) e i testimoni saranno chiamati a rendere avanti questo Tribunale nel contraddittorio delle parti". Respinta, tra le altre, anche l’eccezione sul mancato deposito del verbale delle dichiarazioni che sarebbero state rese ai magistrati dal Papa, come emergerebbe da un passo dell’interrogatorio del testimone-chiave mons. Alberto Perlasca (29 aprile 2020) sulla trattativa con Gianluigi Torzi per uscire dalla proprietà del palazzo londinese di Sloane Avenue. Ma secondo l’accusa, come recepisce anche il Tribunale, il Papa "non è mai stato sentito in qualità di testimone". Riconosciuta dai giudici anche la legittimità dei quattro ‘rescritti’ del Papa che hanno modificato in corso d’opera parti della procedura penale, poiché nell’"intervento della Suprema Autorità, detentrice (anche) del potere legislativo", "non si può configurare alcuna violazione dei principi di legalità".

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