Scatta l’obbligo, che oggi il Governo ha esteso a scuola, università e trasporti a lunga percorrenza. Ticino, certificato parziale ancora a bagnomaria.
Roma – C’è chi è pronto e chi invece protesta ed è preoccupato per le nuove regole. L’Italia si prepara così al ‘Green Pass Day’: da domani la certificazione verde – rilasciata dopo la prima dose (passati 15 giorni) o a conclusione del ciclo vaccinale (valido 9 mesi), col certificato di guarigione (6 mesi) o con l’esito negativo di un tampone effettuato nelle 48 ore precedenti – sarà come un ‘passaporto’ per vivere in sicurezza molti momenti di svago e della vita quotidiana. Il pass obbligatorio servirà a chi ha più di 12 anni per mettere piede negli spazi chiusi accessibili al pubblico come bar, ristoranti, cinema, teatri e palestre. E da sabato – così vuole il nuovo decreto approvato ieri dal Governo – l’obbligo viene esteso a scuola, università e trasporti a lunga percorrenza (dal primo settembre). Le principali novità in sintesi.
Da due settimane, in Ticino, chi ne fa richiesta ottiene dopo la prima dose del vaccino un certificato parziale provvisto di codice QR. Un documento almeno teoricamente equivalente al green pass italiano (rilasciato appunto dopo una sola dose), che però – stando a nostre informazioni – non è ancora stato riconosciuto dalle autorità del Paese vicino. Se lo sarà prossimamente, non è dato sapere. Due settimane fa il Cantone indicava che erano “stati attivati i necessari contatti per il tramite della Confederazione”. “Si tratta di una questione di competenza degli Stati”, ribadisce ora – da noi interpellato – il Servizio dell’informazione e della comunicazione del Consiglio di Stato (Sic). “Il governo italiano – si legge nella nota inviata a ‘laRegione’ – ha comunque già precisato che per l’ingresso in Italia rimane necessario possedere una certificazione che confermi il completamento del ciclo vaccinale [due dosi quindi, ndr] oppure un test negativo o l’avvenuta guarigione. Nel caso di movimenti a ridosso del confine, continua ad essere in vigore l’esenzione – riconfermata anche dall’ultima ordinanza del Ministero della Salute – di presentare il Passenger Locator Form e la certificazione per spostamenti non superiori a 60 chilometri e 48 ore dal proprio domicilio. Chi risiede oltre questa distanza, ad esempio dal ristorante italiano dove desidera recarsi, non potrà quindi entrare in Italia con un certificato rilasciato dopo la somministrazione della prima dose”. Il consiglio, in questa situazione fluida e un po’ ingarbugliata, è sempre lo stesso: prima di qualsiasi spostamento all’estero, occorre “informarsi tramite i canali ufficiali del paese di destinazione sulle modalità richieste per accedere e soggiornare”.
Era una decisione attesissima in Francia. Il Consiglio costituzionale di Parigi ha dato il proprio via libera all’introduzione del contestato pass sanitario, una misura che nelle ultime settimane ha suscitato proteste di piazza (ripetutesi in serata) ma che invece è stata fortemente voluta dal presidente Emmanuel Macron per contrastare il coronavirus, incluso in bar e ristoranti. Per i Saggi, che oggi hanno pronunciato la cruciale sentenza, il pass sanitario è uno strumento “equilibrato”, un buon compromesso tra libertà pubbliche e protezione della salute. L’estensione del green pass francese a bar, ristoranti e trasporti di lunga percorrenza entrerà in vigore lunedì. I giudici costituzionali hanno invece bocciato l’isolamento obbligatorio delle persone affette da Covid per un periodo di dieci giorni. Una misura a loro avviso non “necessaria, adatta” o “proporzionata”.