Estero

Haiti: presi i primi killer di Moïse, è caccia all'uomo

Si cercano i mandanti, mentre nel Paese si temono rivolte. La first lady, gravemente ferita, è stata portata in Florida

La frontiera chiusa tra Repubblica Dominicana e Haiti (Keystone)
8 luglio 2021
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Le forze di sicurezza di Haiti sono impegnate in una monumentale caccia all'uomo per trovare i killer del presidente Jovenel Moise: il governo ha annunciato l'uccisione di quattro persone e l'arresto di altri membri del commando che ha crivellato, con 12 colpi, il capo dello Stato nella sua casa. Ma i blitz delle forze dell'ordine non si sono fermati per tutta la giornata, tra perquisizioni e assedi ad altri sospetti "asserragliati". Con nuovi fermi, tra cui ci sarebbe anche un americano.

Si cercano risposte, ma soprattutto i mandanti che hanno voluto e finanziato la drammatica esecuzione che ha sconvolto non solo il già fragile Paese ma anche l'intera comunità internazionale che invita alla calma. Con anche papa Francesco che ha condannato 'l'efferato' assassinio. Il primo ministro ad interim Claude Joseph e il comandante provvisorio della polizia nazionale, Léon Charles, hanno cercato di dare le prime concrete rassicurazioni con una conferenza stampa in cui hanno annunciato la cattura di due primi presunti membri del commando assassino e l'uccisione di altri quattro in uno scontro a fuoco: "Li abbiamo localizzati e li teniamo sotto pressione", ha spiegato Charles confermando indirettamente l'esistenza di molti altri elementi che avrebbero partecipato al progetto, per il quale si ipotizzano complicità fino ai massimi livelli dei servizi di sicurezza presidenziali.

La First Lady Martine, rimasta gravemente ferita nell'attacco, è stata trasferita con un volo sanitario in Florida, a Washington l'ambasciatore haitiano, Bocchit Edmond, ha confermato l'ipotesi che "l'attacco è stato realizzato da mercenari. Abbiamo un video che lo conferma", ha detto, aggiungendo che "gli assassini sono arrivati nella residenza presidenziale asserendo falsamente di essere membri della Dea statunitense".

Nulla è però finora emerso in modo ufficiale a Port au Prince sull'origine e gli obiettivi dietro l'eliminazione del capo dello Stato. E allora i media della Repubblica dominicana, che confina con Haiti, hanno prospettato uno scenario riguardante "un commando formato da quattro colombiani e tre venezuelani che sarebbero arrivati con un volo privato".


Il presidente Moïse con la moglie (Keystone)

In particolare 'fonti' non meglio identificate hanno riferito al quotidiano Diario Libre che ci sono diverse teorie legate all'assassinio di Moise, tra cui l'ipotesi che si tratterebbe di sette contractor sudamericani pagati da "persone molto potenti dedite ad Haiti al traffico di droga e ai rapimenti". I timori che Haiti possa precipitare nel caos e nell'anarchia istituzionale sono chiari a tutti. Dal 2020 non esisteva più un Parlamento, di recente la Corte suprema aveva smesso di funzionare e ora il Paese non ha più neppure quel capo dello Stato che era abituato, fra mille polemiche, a governare per decreto.

Nel Paese, intanto, si respira un clima di calma tesa: lo shock per l'assassinio di Moise ha congelato le forti tensioni fra governo e opposizione. Ma già si profila una nuova dura battaglia di potere: in una intervista al quotidiano le Nouvelliste Ariel Henry, che era stato nominato primo ministro da Moise, poco prima di essere assassinato, ha rivendicato il suo ruolo.

Criticando la "non necessaria" dichiarazione di stato d'assedio decisa dall'attuale governo, Henry ha ribadito che "il primo ministro sono io, mentre Joseph era un premier uscente ad interim. E quindi non era più primo ministro" quando è morto il presidente. Dal mondo rimbalzano le condanne per il brutale omicidio e gli appelli alla moderazione. L'Ue ha stigmatizzato 'fermamente' assicurando pieno sostegno al popolo haitiano, così come l'Italia: la Farnesina si dice 'sgomenta' e chiede a tutti "gli attori e alle forze politiche haitiane" di preservare "i delicati equilibri politici, prevenire tensioni e assicurare la stabilità istituzionale del Paese e la sicurezza della popolazione". E si è alzata anche la voce di Francesco che, in convalescenza, ha condannato "ogni forma di violenza come mezzo per risolvere crisi e conflitti", auspicando per gli haitiani "un futuro di fraterna armonia, solidarietà e prosperità".

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