Estero

Gli Usa lasciano Bagram, la base simbolo in Afghanistan

Preludio di fatto del ritiro definitivo, che potrebbe anche concludersi a luglio. I talebani intanto continuano a conquistare terreno.

La base venne costruita negli anni Cinquanta dall’Urss
(Keystone)
2 luglio 2021
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Washington – Le truppe Usa e Nato lasciano Bagram, la più grande e la più iconica delle basi militari in Afghanistan, da 20 anni cuore nevralgico di tutte le principali operazioni nel Paese. Una vera e propria cittadella fortificata, 65 km a nord di Kabul, consegnata alle forze afghane senza fanfare né cerimonie pubbliche.

Il preludio di fatto del ritiro definitivo, che secondo fonti militari potrebbe concludersi a luglio, in anticipo sulla scadenza simbolica dell'11 settembre, anche se oggi il commander in chief Joe Biden ha assicurato che non è questione di giorni.

In ogni caso alla fine resteranno solo 650 militari americani a protezione dell'ambasciata a Kabul, mentre il supporto aereo alle forze locali e la sorveglianza dall'alto saranno effettuate dalle basi in Qatar e negli Emirati Arabi, o da una portaerei nel Mare Arabico. Il Pakistan infatti ha già negato il proprio territorio agli americani per il monitoraggio del Paese limitrofo. Gli ultimi Paesi ad avere ancora soldati sul terreno sono la Gran Bretagna e la Turchia. Le truppe di Sua Maestà dovrebbero andarsene a giorni, anche se forze speciali potrebbero conservare una presenza sotto copertura, secondo la Bbc. Ankara sta invece negoziando per restare a Kabul e garantire la sicurezza del suo aeroporto internazionale, con qualche presenza militare internazionale considerata vitale per mantenere aperte le ambasciate.

Una cittadella fortificata

La base di Bagram fu costruita negli anni '50 dall'Urss e diventò l'hub cruciale per i 10 anni di occupazione sovietica, conclusasi nel 1989. Successivamente fu contesa tra talebani e Nato. Nel 2001, all'inizio dell'offensiva contro al-Qaida, gli americani ereditarono solo le macerie dell'infrastruttura ma dieci anni dopo, all'apice della guerra americana, la base era diventata un piccola città fortificata di 15 kmq, protetta da recinzioni di filo spinato e muri anti esplosioni, con alle spalle le cime delle montagne sempre innevate.

All'interno due piste di atterraggio, negozi, ristoranti, fast food, passerelle, una piscina e una prigione segreta seconda sola a Guantanamo per la sua triste fama, con sospetti talebani o militanti di Al-Qaida torturati in alcuni casi fino alla morte. L'uccisione di un tassista in detenzione diventò il soggetto di un documentario premiato nel 2008 con l'Oscar, 'Taxi to the dark side' (Taxi per l'inferno) del regista statunitense Alex Gibney. All'apice della campagna militare, ha ospitato oltre 40 mila tra militari e civili. La loro colonna sonora costante era il rombo dei jet in volo, armati con centinaia di chili di bombe lasciate cadere in tutto il Paese, spesso uccidendo civili.

Talebani all’offensiva

Nonostante l'alto livello di protezione, la base è stata oggetto di violenti attacchi da parte dei talebani, in gran parte con razzi e tiri di mortaio ma anche con attentati suicidi, come quello nel 2016 di un militante nascostosi in un gruppo di lavoratori che si fece esplodere uccidendo quattro soldati americani e ferendone un'altra decina.

L'addio a Bagram ha ricevuto il plauso dei talebani, che hanno già approfittato del ritiro delle truppe internazionali per riconquistare un quarto dei distretti del Paese negli ultimi due mesi, avvicinandosi sempre di più a Kabul. Alcune agenzie di intelligence Usa prevedono che il governo afghano potrebbe capitolare sotto i colpi dei talebani nel giro di sei mesi dopo che gli americani avranno completato il ritiro. "La guerra civile è certamente una via che può essere visualizzata se prosegue l'attuale traiettoria. Questa dovrebbe essere una preoccupazione per il mondo", ha avvisato nei giorni scorsi il comandante della missione, il generale Austin Miller, minacciando raid aerei se i talebani non fermeranno la loro offensiva. Ma anche lui partirà tra pochi giorni e i suoi poteri di condurre strike aerei passeranno al generale Kenneth F. McKenzie Jr, capo del Comando centrale.

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