Estero

Gli operai fischiano Lukashenko, la protesta sale

Il presidente bielorusso messo alle strette dalla determinazione de manifestanti evoca una riforma costituzionale

17 agosto 2020
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La protesta pacifica dei bielorussi inizia a dare i suoi frutti. Aleksander Lukashenko, dopo aver assicurato ai lavoratori della Fabbrica di trattori di Minsk che potevano scordarsi "nuove elezioni", nel pomeriggio si è (parzialmente) corretto, evocando un possibile nuovo turno elettorale, "presidenziali e parlamentari", ma solo dopo l'approvazione della nuova costituzione attraverso un referendum. Lukashenko sente che qualcosa sta cambiando. Oggi, infatti, a scendere in piazza, scioperando, sono stati migliaia di lavoratori dei grandi colossi industriali, in prevalenza statali. Che hanno voluto portare la loro solidarietà ai "colleghi" - 100 su 1.500 dipendenti - della radiotelevisione pubblica, anche loro a braccia incrociate per protestare "contro le repressioni e la censura".

Un'altra giornata storica, per la Bielorussia, aperta in un certo senso proprio da Belteleradio, l'emittente statale. Per qualche secondo, in mattinata, in tv è stato trasmesso un laconico divano vuoto mentre in radio girava musica invece del notiziario. Prime scosse di un prevedibile terremoto politico in arrivo, dopo che il servizio pubblico ha deliberatamente ignorato la più grande adunata nella storia del Paese (contro il regime) favorendo la copertura della manifestazione (finta) organizzata da Lukashenko per dimostrare di avere ancora il sostegno della popolazione.

La scena poi l'hanno occupata loro, i lavoratori. Operai e non. Tra le aziende coinvolte dagli scioperi, stando al portale Tut.by, giganti come Belaruskali, Naftan, Mzkt, Mtz e Bmz, le principali compagnie minerarie, automobilistiche, energetiche e del comparto pesante, come le acciaierie. Tra le rivendicazioni, "la cessazione delle violenze da parte delle forze di sicurezza e la consegna alla giustizia dei responsabili, le dimissioni di Lukashenko, il riconoscimento delle elezioni come illegittime e la nomina di nuovi candidati, e il rilascio dei prigionieri politici". Pena lo sciopero a oltranza.

Ma non sono stati solo gli operai a scendere in piazza. Anche i medici. Anche gli orchestrali della filarmonica di Minsk. E i cittadini, come ormai ogni giorno dalla chiusura dei seggi e dall'annuncio dell'ennesima vittoria schiacciante del presidente. L'appuntamento generale si è rinnovato alle 18 in piazza Indipendenza, seguito da una marcia al centro di detenzione Okrestina per chiedere la liberazione dei fermati. Secondo l'Ufficio del Procuratore generale, quasi tutti i manifestanti arrestati nel corso delle proteste "sono già stati liberati" e ne resterebbero circa un centinaio. Quasi 700 persone hanno presentato un esposto in cui sostengono di aver subito violenze da parte della polizia. E secondo Tut.by, circa 76 persone risulterebbero "disperse" da quando sono iniziate le proteste.

Per la prima volta, in 26 anni di potere praticamente indiscusso, Lukashenko sembra essere alle strette. Mai la protesta si era concentrata sulla sua figura con tale forza. "Vattene!", gli han urlato un gruppo di operai nel corso del suo bagno di folla alla Mzkt. Mentre Svetlana Tikhanovskaya, l'avversaria alle presidenziali, costretta a riparare in Lituania, ha rilasciato un nuovo video in cui si dice di essere "pronta" ad assumersi la responsabilità di leader a interim per portare la Bielorussia a nuove elezioni, "riconosciute della comunità internazionale". Ma non sarà facile. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha convocato per mercoledì un Vertice Ue straordinario sulla crisi, con Berlino che già ventila l'ipotesi di "estendere le sanzioni ad altre figure guida del Paese". Anche Donald Trump ha finalmente commentato definendo la situazione "terribile". Mentre resta l'incognita delle prossime mosse della Russia. Sui media è balenato per un giorno lo spettro delle truppe senza insegne - i famosi uomini verdi - in arrivo su camion militari. Poi l'allarme è rientrato, con le smentite di Minsk e dell'esercito russo (ma soprattutto le verifiche indipendenti della stampa bielorussa).

La tensione resta tuttavia alta. Mosca vede come fumo negli occhi una seconda Ucraina alle porte di casa, ma Vladimir Putin, pur facendo intendere di non avere remore nell'inviare "aiuti militari", non sosterrà l'uomo forte di Minsk senza esigere nulla in cambio. Se non proprio un atto di sottomissione, quantomeno una prova di "lealtà" tra nostalgici dell'Urss. I bielorussi, del resto, non stanno manifestando "contro" Mosca "per" l'Europa, e il Cremlino non e li vuole inimicare. Chi rischia di più è Lukashenko.

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