Estero

Coronavirus, per l'Oms va fatta nuova indagine sui primi casi

La raccomandazione giunge dopo che è stato reso noto il caso francese di un uomo di 43 anni risultato positivo un mese prima dei primi casi segnalati

L'Oms ha incoraggiato diversi Paesi a controllare i casi di polmonite di origine non specificata alla fine del 2019 (Keystone)
5 maggio 2020
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L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) esorta i Paesi ad indagare su possibili casi iniziali di Covid-19 prima che scoppiasse l'epidemia diventata poi pandemia dopo la notizia diffusa domenica in Francia del possibile "paziente zero" registrato nel Paese già il 27 dicembre, un mese prima che il virus si diffondesse in Europa: si tratta di un uomo di 43 anni, in quegli ultimi giorni del 2019 ricoverato per polmonite all'ospedale Jean Verdier di Bondy, nella banlieue di Parigi.

Questo caso "non è sorprendente", ha spiegato il portavoce dell'Oms Christian Lindmeier in un briefing a Ginevra, aggiungendo che "offre un quadro completamente nuovo su tutto". I risultati francesi "aiutano a comprendere meglio la potenziale circolazione del virus", ha aggiunto, affermando che altri possibili casi precedenti potrebbero emergere dopo nuovi test.

I ricercatori francesi guidati da Yves Cohen, primario di rianimazione di quell'ospedale francese, hanno nuovamente testato campioni di 24 pazienti trattati a dicembre e gennaio che erano risultati negativi all'influenza prima che il Covid-19 si trasformasse in una pandemia. E l'uomo di 43 anni è risultato positivo "un mese prima dei primi casi segnalati in Francia".

I ricercatori francesi hanno affermato che l'assenza di un legame tra il loro possibile "paziente zero" e la Cina e l'assenza di viaggi recenti "suggeriscono che la malattia si stesse già diffondendo tra la popolazione francese alla fine di dicembre 2019". Mentre invece i primi casi confermati risalgono al 24 gennaio.

Per questo motivo il portavoce dell'Oms ha incoraggiato altri Paesi a controllare i casi di polmonite di origine non specificata alla fine del 2019, perché fornirebbero al mondo un "nuovo e più chiaro quadro" dell'epidemia

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