Estero

Quei migranti bloccati al largo di Lampedusa

Sono 43, sono fermi in mezzo al mare da quasi una settimana, e Salvini non vuole saperne di accoglierli. Ma in Libia non possono tornare.

(Sea Watch via Facebook)
18 giugno 2019
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È dal 12 giugno che i migranti a bordo della Sea Watch 3 si trovano bloccati in mezzo al mare, al largo di Lampedusa. Donne, bambini e malati gravi sono sbarcati, ma 43 persone restano in attesa.

E possono aspettare  “fino a Capodanno”, ha detto il ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini. Lo permetterebbe il decreto Sicurezza bis, controversa misura con la quale il governo italiano ha reclamato poteri decisionali potenzialmente in conflitto con le convenzioni internazionali sul soccorso e l’accoglienza (molti hanno messo in guardia circa la potenziale incostituzionalità del decreto, e anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al momento della firma, ha dovuto ricordare "gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato").

Secondo Salvini i passeggeri della Sea Watch 3 dovrebbero tornare in Libia, paese la cui ‘Guardia costiera’ – in realtà una rabberciata flotta comandata arbitrariamente dalle milizie locali – riceve da mesi il denaro di Roma. Tuttavia non è possibile ‘rispedire’ esseri umani laddove gli sono già stati inflitti torture, violenze, abusi: ovvero quello che capita giornalmente nei campi di detenzione libici. Tanto che perfino una portavoce della Commissione europea ieri lo ha ribadito: no, la Libia non è un porto sicuro.

Intanto la nave deve rispettare il divieto d’ingresso anche se – fa sapere l’equipaggio – le condizioni psicofisiche dei passeggeri peggiorano a vista d’occhio. La ong ha dichiarato di essere in contatto con alcune municipalità tedesche per organizzare l’accoglienza, mentre in passato una soluzione era stata trovata col soccorso del Vaticano.

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