Estero

Il Papa cancella la pena di morte dal Catechismo della chiesa

Il pontefice ha disposto la revisione stabilendo che la condanna capitale "è inammissibile perché attenta all'inviolabilità e dignità della persona”

2 agosto 2018
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Papa Francesco, con un "rescritto" a firma del cardinale Luis Ladaria, prefetto per la Dottrina della fede, ha disposto la revisione del paragrafo 2267 del Catechismo della Chiesa cattolica, stabilendo che "la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che ’la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona’, e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo". Una lettera dell’ex Sant’Uffizio è stata inviata ai vescovi con la nuova formulazione.

Il rescritto, pubblicato oggi dopo l’udienza al card. Ladaria dell’11 maggio, stabilisce che il nuovo n. 2267 del Catechismo reciti come segue: "Per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte della legittima autorità, dopo un processo regolare, fu ritenuta una risposta adeguata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo accettabile, anche se estremo, per la tutela del bene comune. Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. Inoltre, si è diffusa una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine, sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi. Pertanto la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che ’la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona’, e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo".

Il testo recepisce, tra virgolette, un passo del discorso del Papa dell’11 ottobre scorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Nuova evangelizzazione, a 25 anni dalla Costituzione Apostolica ’Fidei depositum’ (11 ottobre 1992) con cui papa Wojtyla promulgava il Catechismo. In quell’occasione Bergoglio aveva chiesto che fosse riformulato l’insegnamento sulla pena di morte, in modo da raccogliere meglio lo sviluppo della dottrina su tale punto. "In continuità con il magistero precedente, in particolare con le affermazioni di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, il Papa ha voluto porre l’accento sulla dignità della persona, che in nessun modo può essere umiliata né ostracizzata: ’Si deve affermare con forza che la condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perseguita, la dignità personale. È in se stessa contraria al Vangelo’", ricorda sull’ Osservatore Romano mons. Rino Fisichella, capo del dicastero.

La precedente versione del n. 2267, risalente al Catechismo approvato da Wojtyla, non escludeva ’in toto’ la pena capitale: "L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo ’sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti’". (Ats)

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