L’andamento delle vendite in riva al Lario durante la settimana che ci siamo lasciati alle spalle è stato deludente
Se il carrello della spesa è salvo, non altrettanto si può dire per abbigliamento, calzature, pelletteria e quant’altro. Gli effetti della nuova franchigia svizzera che, dallo scorso 1° gennaio, obbliga a pagare l’Iva svizzera per gli acquisti superiori a 150 franchi (mentre prima era 300 franchi per persona) si fanno sentire. E questo accade a Como, ma non solo, in quanto segnali analoghi arrivano anche da Milano, che da sempre è città dello shopping per i ticinesi.
Il riscontro giunge dalle vendite registrate nella prima settimana di saldi invernali che, nel corso degli anni scorsi, a Como era caratterizzata dall’affluenza della clientela ticinese. Dopo il primo weekend di grande afflusso, l’andamento delle vendite in riva al Lario durante la settimana che ci siamo lasciati alle spalle è stato deludente. A Como c’è chi parte da un saldo del 30%, e chi propone sconti dal 50% e in alcuni casi del 70%, che per molti è sinonimo di scarse vendite durante la stagione. Una stagione che per i commercianti di Como non è stata brillante. A sostenerlo gli stessi commercianti che riponevano nei saldi grandi speranze. Se il buon giorno, come si usa dire, si vede dal mattino, la prima settimana non lascia quindi sperare in nulla di buono, anche perché sin qui la clientela ticinese è diventata latitante.
Lo afferma Claudia Rossini, commerciante e consigliera Gruppo Moda di Confcommercio Como: “È in sensibile calo l’afflusso degli acquirenti svizzeri che per noi sono una voce importante non solo nei periodi di saldi, ma anche durante tutto l’anno, in quanto favoriti dalla Tax free che consente loro di non pagare la nostra Iva. Iva che ricordo arriva al 22%. Questo lo si deve al fatto che il governo svizzero ha dimezzato la franchigia per gli acquisti in Italia”. Con 150 franchi (160 euro), fanno notare alla Confcommercio lariana, nelle boutique di Como (e ovviamente anche di Milano e Varese), difficilmente si riesce ad acquistare un capo di abbigliamento, un paio di scarpe o una cintura.
E la fattura non può che essere una sola. A differenza della spesa del carrello, quella che nonostante la nuova franchigia svizzera, stando alle notizie che arrivano dai supermercati della fascia di confine, può essere suddivisa in diverse fratture. Questo spiega il motivo per cui il consumatore ticinese nei supermercati comaschi e varesotti non arriva da solo, ma accompagnato dai familiari. C’è chi sostiene che questo stratagemma non sarebbe necessario, in quanto con il Tax free a 70 euro per consumatore ticinese – nell’ottica di beneficiare dello sconto dell’Iva italiana e della franchigia svizzera dimezzata – il margine per riempire il carrello della spesa senza spendere tanto è molto ampio. Ciò che potrebbe cambiare e che i negozianti di Como temono, sono gli acquisti dei ticinesi di capi di abbigliamento, calzature e pelletteria. Settori molto importanti per i commerci di confine, con la bussola rivolta verso Como. Ora la musica sulla base delle vendite delle prima settimana di saldi (termometro da sempre considerato molto attendibile) sembra essere destinata a cambiare.