Confine

Como, perizia psichiatrica per l’omicida di don Roberto

Lo hanno stabilito i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano, dov’è in corso il processo di secondo grado dopo la condanna all’ergastolo

Il cordoglio
(Ti-Press)
9 giugno 2022
|

Perizia psichiatrica per Ridha Mahmoudi, il cinquantaduenne tunisino che il 15 settembre 2020 con una quindicina di coltellate, per lo più all’addome, in piazza San Rocco a Como, ha ucciso don Roberto Malgesini, il prete degli ultimi, nel momento in cui si apprestava a fare il giro della città per consegnare ai senzatetto la colazione. Lo hanno deciso i giudici della Prima sezione penale della Corte d’Assise d’Appello di Milano dove è in corso il processo di secondo grado nei confronti del tunisino che lo scorso anno a Como è stato condannato all’ergastolo. I giudici milanesi hanno accolto la richiesta della difesa – rappresentata dall’avvocato Sonia Bova del foro di Lecco – che senza successo in primo grado aveva più volte chiesto di sottoporre il suo assistito a una perizia psichiatrica.

Il quesito posto ai periti (i dottori Mara Bertini e Marco Lagazzi che inizieranno i lavori il 6 luglio presso il Servizio clinico forense di Milano alla presenza del consulente di Mario Pigazzi) è di valutare se Mahmoudi sia "affetto da patologia psichiatrica tale da compromettere – escludendola del tutto o diminuendo grandemente – la capacità di intendere e di volere al momento del fatto" e se, l’imputato sia "affetto da disturbo della personalità" e se sia "persona socialmente pericolosa". La difesa anche in sede di "appello" è tornata a sostenere che Mahmoudi – presente nell’aula dove si celebra il processo – "non deve stare in giudizio", in quanto non processabile. I periti e il consulente di parte incontreranno nel carcere di Monza dove è rinchiuso il cinquantaduenne tunisino. Le conclusioni della perizia psichiatrica destinata a definire il futuro dell’uomo (reo confesso) ha ucciso il sacerdote, un "martire della carità" (così papa Francesco) saranno depositate in occasione della prossima udienza, fissata per metà ottobre. I familiari del sacerdote valtellinese (i genitori e tre fratelli) nel processo d’appello non si sono costituiti Parte civile. "Quello che volevamo era il riconoscimento simbolico dell’euro di risarcimento e la condanna, ottenuti nel processo a Como" hanno fatto sapere.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔