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Strage di Erba, in aula tredici 'leoni da tastiera'

Sono stati citati a giudizio per aver diffamato e insultato sui social i famigliari delle vittime

Era il gennaio 2007. Tra le vittime anche il piccolo Youssef (Ti -Press)
10 gennaio 2021
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Tredici 'leoni da tastiera', tra cui otto donne, sono stati citati a giudizio dalla Procura di Como per aver diffamato l'onore e la memoria di Carlo Castagna e per avere insultato i figli Pietro e Beppe, famigliari di tre delle quattro vittime della strage di Erba dell'11 dicembre 2006, una delle pagine più tragiche dal dopoguerra nel nostro Paese. Carlo Castagna e i due figli nel corso degli anni sono finiti, infatti, nel frullatore degli 'odiatori' dei social (oltre che di alcuni servizi televisivi) e inopinatamente additati come persone convolte nella strage. Fatto per il quale stanno scontando l'ergastolo i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, vicina di casa di Raffaella Castagna.

Il procuratore capo Nicola Parente ha notificato all'amministratrice della pagina Facebook ''Olindo Romano e Rosa Bazzi innocenti'' e a dodici commentatori della stessa pagina, che nel frattempo è stata chiusa ed è scomparsa dalla rete, una citazione a giudizio davanti al giudice monocratico Valeria Costi del Tribunale di Como. Il procuratore ha ipotizzato definizioni del procedimento con accordi di pena da 1'400 euro di multa a 7 mesi per la responsabile del gruppo, che includeva persone tra i 50 e i 75 anni, residenti in località di tutta Italia.

L'inchiesta ha preso lo spunto da una denuncia presentata nel 2018 da Pietro e Beppe Castagna, a seguito dei continui attacchi ricevuti via web, frutto della campagna innocentista portata avanti anche da una trasmissione televisiva. Tutto inizia nel maggio 2018, con la morte di Carlo Castagna. Sulla pagina social ''Olindo Romano e Rosa Bazzi innocenti'', oltre alla notizia della morte dell'uomo che nella strage di Erba aveva perso moglie, figlia e nipotino (la quarta vittima era una vicina di casa), la 54enne amministratrice comasca, residente a Galbiate, commentava: ''Ha perdonato in tutta fretta per tappare lo bocca tutti. Certo che sapeva. Ma non credo fossero gli unici traffici''.

Un post rilanciato dagli altri 'leoni da tastiera'. Una 70enne lecchese arrivò a scrivere: ''Assieme a quell'altro falso di Frigerio (il marito della quarta vittima, ndr) adesso brucerà nelle fiamme dell'inferno''. ''Troppe chiacchere su questo bauscia: resta in putrefazione'' il commento di un torinese. Una 65enne bergamasca: ''Quale pace? Le cose fatte in terra devono pesare come macigni''. Un veronese: ''Si è portato la verità nella tomba, altrimenti doveva fare i nomi dei figli''. E via di questo passo nella collezione di orrori.

Ora ne risponderanno al processo.

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