Alle Giornate di Soletta la retrospettiva è dedicata non a un regista, ma al Giura, con tanto di mostra al Kunstmuseum
Cosa offre un territorio, quanto ispira un paesaggio, come raccontare il tempo e lo spazio di un luogo reale che però è entrato nell’immaginario di tutti come mitico?
Le Giornate di Soletta celebrano quest’anno il paesaggio giurassiano. Lo fanno declinando il tema su due vettori: una retrospettiva che in più di trenta titoli ripercorre undici decenni di storia del cinema girato nell’arco giurassiano e un’incredibile esposizione al Kunstmuseum che riporta anche ciò che risulta del rapporto, non sempre idilliaco, tra uomo e natura.
Il tutto viene racchiuso sotto l’evocativo titolo di ‘Imaginaires du Jura’, che ci porta romanticamente a quei ‘Voyages pittoresques’ di inizio Novecento, i libri illustrati che offrivano, a chi non se lo poteva permettere, occasione di evasione (non a caso ne troviamo un esemplare nell’esposizione). Romanticamente, sì, perché come per il movimento, l’immersione nella grandiosità del paesaggio è totale, la natura – nella sua accezione di sublime – avvolge i personaggi che cedono così il ruolo di protagonista a quel che di solito è lo sfondo. Questo lo si riscopre nei film della retrospettiva, ma anche in parte nelle tele e opere d’arte. Passato e presente, ma anche qualche traccia di futuro.
“Soletta giace ai piedi delle montagne del Giura, che si estendono dalla campagna di Basilea alla Francia, passando per le valli di Neuchâtel. Chiuse, foreste di abeti, laghi sotterranei e inverni siberiani, qual è l’essenza di un paesaggio simile?”. Questa la domanda che sta al centro della programmazione e alla quale hanno tentato di rispondere in maniera esaustiva attraverso le immagini e i filmati i molti ricercatori. Noi ne abbiamo parlato con il curatore della retrospettiva David Wegmüller, che insieme a Niccolò Castelli ha ideato questo progetto a seguito di una rivelazione quasi epifanica, nella natura.
«Due anni fa io e Niccolò stavamo facendo una passeggiata, proprio nel Jura. Dovevamo decidere cosa fare per la retrospettiva della sessantesima edizione delle Giornate di Soletta e improvvisamente abbiamo capito che il paesaggio in cui stavamo camminando aveva un carattere talmente forte che avrebbe potuto essere il centro di una riflessione. Normalmente si sceglie la figura di un regista o un’attrice, per noi il focus sarebbe stato il territorio. Si è trattato di una bella sfida, perché capirai che visionare undici decenni di storia del cinema su due Paesi è diverso dal guardare una filmografia di trenta titoli legati a un singolo artista».
Il gruppo di ricercatori composto da numerosi professionisti però ce l’ha fatta, anche se «non esiste un libro dove trovi i titoli di tutti i film girati qui». Lo ha fatto anche avvalendosi del materiale di diversi archivi e in costante collaborazione con l’équipe di ricerca e curatela del museo.
E non si trattava solo di capire in quali opere si parlasse della regione ma anche come: «Il paesaggio doveva essere il protagonista, non lo sfondo. Ci sono diversi film in cui il Giura appare in scene emblematiche, ma solo per una decina di minuti. Noi cercavamo i suoi ruoli principali. Certo poi le pellicole hanno una narrazione propria, il contenuto è fondamentale, ma quello che ci interessava era che raccontassero davvero l’essenza del luogo». Lo fa benissimo con ‘Quand nous étions petits enfants’ Henry Brandt nella sua docufiction del 1960 (vista giovedì sera), in cui in bianco e nero immaginiamo tutti i colori di una scuola nei pressi della Brévine, dove gli allievi provengono dalle fattorie sparse, il maestro è visionario nella sua modernità, e la terra insegna il lavoro e il sapere. «Questo abbiamo cercato: un ricordo emotivo del territorio!».
All’interno della programmazione, si è cercato di mettere in evidenza il filo del tempo. Si va infatti dal 1910 all’anno scorso. Non una retrospettiva quindi, come tiene a sottolineare Wegmüller, ma un racconto lineare che porta anche uno sguardo dal futuro con i più sperimentali cortometraggi.
Un altro aspetto fondamentale, è stata la geografia. «Come fare un viaggio attraverso il Giura. Siamo partiti da Basilea fino in Francia, cercando film per ogni regione. Come ‘Il gêle en enfer’, di Mocky del 1990, regista folle francese, una commedia volgare, che è stata girata nel sud della regione. Poi via via coi film puoi vedere come cambia, pensiamo che il paesaggio sia sempre uguale, ma ci sono laghi, terreni aperti, monumenti di pietra. Quindi sì, è un viaggio nel tempo ma anche nello spazio».
Ma anche frontiera, bracconaggio, e l’industria che avanza, porta introiti, riempie le tasche e svuota la natura. E quando fallisce lascia dietro di sé una scia di devastazione. Emblematico in questo senso ‘Tout un hiver sans feu’ di Greg Zglinski del 2004, già applaudito a Venezia e vincitore tra i Premi del cinema svizzero nel 2005.
Chiediamo infine al curatore cosa vedere tra le produzioni contemporanee. ‘Vingt Dieux’, di Louise Courvoisier, una giovane regista ginevrina che vive nel Giura francese, dove è ambientato il film. Passato a Cannes, è la storia di un teenager che perde il padre e deve occuparsi della sorella piccola, quindi partecipa a un concorso di formaggi per avere più soldi. Particolare perché girato con attori e attrici non professionisti, vere comparse. ‘Un ours dans le Jura’ di Franck Dubosc, personaggio molto conosciuto in Francia, una commedia nera nella neve che fa molto ‘Fargo’, con personaggi esilaranti.
Ma il coup de coeur di Wegmüller è ‘Le roman de Jim’, che tanto ricorda ‘Boyhood’, nel raccontare la vita di un bambino fino ai suoi 25 anni. Un Bildungsroman dei fratelli Larrieu.
E tra un film e l’altro, o anche a Giornate concluse, il nostro consiglio è quello di immergersi anche nei bei locali del Kunstmuseum e fare questo viaggio tra meraviglia e immaginazione.