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Presenza, oltre il Don Chisciotte e il Kalevala

Il Festival di Pentecoste dell'Osi con Sol Gabetta e Patricia Kopatchinskaja ha regalato un nuovo scossone alla pigrizia mentale del pubblico

Poschner, Kopatchinskaja, Gabetta
(OSI / Marco Borggreve)
20 maggio 2024
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Due musiciste venute da lontano, ma saldamente stabilite nella Svizzera del Bürgenstock, la violinista Patricia Kopatchinskaja e la violoncellista Sol Gabetta, chiamate all’accademia di Markus Poschner e dell’Orchestra della Svizzera italiana. Scrivo accademia, pensando a un trattenimento solenne con sfoggio di bravura, ma senza competizione, dove le due soliste, l’orchestra e il suo direttore sono stati complici in un’offerta culturale che ha lasciato un po’ di poltrone vuote nella sala del Lac, forse perché le quasi tre ore di musica hanno dovuto essere ripartite su due concerti, il venerdì e il sabato sera.

La prima assoluta di “A play” per violino, violoncello e orchestra, un quarto d’ora di musica, commissione dell’Osi a Kopatchinskaja, è così stata eseguita due volte e forse comparirà ancora nei concerti della nostra Orchestra. Mi ha sorpreso la facilità dell’ascolto di una partitura ancora fresca d’inchiostro, non so quanto aleatoria, forse in efficace contrapposizione con le partiture che l’hanno accompagnata, tutte composte nella prima metà del Novecento, senza velleità di musica d’avanguardia.

Il programma era infatti completato dalle Sinfonie n. 1 e n. 7 di Jean Sibelius (1865-1957), da Sette canzoni popolari spagnole per violoncello e orchestra di Manuel De Falla (1876-1946), dal Concerto n. 2 per violino e orchestra di Sergej Prokof’ev (1891-1953), da Cinque Preludi dell’op. 34, trascritti per violino e orchestra, e dal Concerto per violino e orchestra n. 1 di Dmitrij Sostakovic (1906-1975).

M’ha lasciato d’incanto l’affiatamento delle due soliste nell’affrontare un programma eterogeneo, che sembra ispirato dai racconti picareschi di Cervantes come dalla natura del Kalevala finnico, dove i fiumi nascono dalle lacrime. Ho ripensato l’angoscia di Sostakovic, che in tutta Mosca non trova un fiore da portare al funerale di Prokof’ev, morto il 5 marzo 1953, lo stesso giorno di Stalin.

La nostra orchestra sinfonica ci ha regalato un nuovo scossone alla pigrizia mentale calandoci con le seduzioni della musica nel tempo in cui la teoria della relatività e la meccanica quantistica hanno ammonito che la realtà non è come ci appare e mostrato il fascino di quanto ci resta da scoprire.

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