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Lugano Dance Project, dove la danza incontra l’architettura

Al via l’11 giugno il 2° festival biennale di danza contemporanea, progetto sempre meno utopico che allarga le sue produzioni e i suoi confini

Fino al 16 giugno. Nella foto, Cindy Van Acker, ‘Quiet Light’, il 13 giugno nella Sala Teatro del Lac
(S. Piretti)
9 aprile 2024
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“Indagare il binomio corpo e architettura”, detto come da comunicazione ufficiale; “Uscire dal Lac per raggiungere luoghi significativi dell’architettura ticinese”, detto con le parole di Michel Gagnon, direttore del Lac, per quel Lugano Dance Project giunto alla seconda edizione che è un po’ ‘suo’. Suo e di Carmelo Rifici, direttore artistico del centro culturale, e subito dietro Lorenzo Conti, colui che cura la stagione di danza del Lac e completa una sinergia che si allarga ad altri singoli/entità. “Un gruppo di lavoro”, lo definisce Rifici, a lanciare ieri, nella conferenza stampa di presentazione, le parole di Gagnon, per l’occasione in versione videoregistrata.

Il festival biennale di danza contemporanea aprirà le sue porte l’11 giugno per chiuderle il 16, uscendo dai confini prettamente ‘Lac’ del primo esperimento per toccare altri territori – Villa Heleneum e Asilo Ciani a Lugano, Teatro San Materno ad Ascona, Chiesa di Santa Maria degli Angeli sul Monte Tamaro – e ‘ingolosire’ ancor più la zona milanese e di frontiera. È “la Cultura con cui si riesce a fare turismo culturale” che tanto piace al presidente Badaracco, presente in sala, è “l’utopia” di cui parla Rifici, quel “sogno di rendere Lugano un centro internazionale di danza che possa competere con le stagioni di danza europee, creando diversificazione con Milano”, che alla Scala propone un repertorio quasi interamente classico, mentre qui si guarda invece alla contemporanea e alle performance, e l’utopia è un po’ meno utopia.

Patrimonio genetico

Anche al centro di questo Lugano Dance Project – come da assunto, o da corredo genetico del Lac – sta la produzione o la coproduzione di spettacoli. Non tre ma cinque i coreografi scelti e sostenuti quest’anno, appunto, produttivamente o coproduttivamente. A partire da Cindy Van Acker, svizzera d’adozione, belga di nascita, fresca vincitrice del Gran Premio delle Arti Sceniche/Anello Hans Reinhart 2023 consegnatole a Lugano durante il 32esimo Fit Festival, artista “libera, quasi anarchica nel suo modo di fare danza, cavallo indomabile (…) tra le protagoniste dell’uscita del formalismo che è una delle grandi innovazioni della danza svizzera” (Rifici): il 13 giugno la Sala Teatro del Lac ospita il debutto dell’essenziale ‘Quite Light’, due performer in uno spazio vuoto.

Gli altri nomi, partendo dal titolo: ‘Landless’, al Teatro Foce il 14 giugno, è la nuova creazione di Christos Papadopulos e Georgios Kostifakis (anche interprete), un assolo ispirato dall’architettura moderna e postmoderna per interrogarsi sulla possibilità di percepire il corpo come spazio e trattarlo come tale. ‘Cosmorama’, il 15 giugno nella chiesa progettata da Mario Botta sul Tamaro, il rapporto tra danza e paesaggio nel progetto site specific (creato appositamente per il luogo in cui si svolge) del coreografo Nicola Galli, autore e interprete insieme a Giulio Petricco. Lo stesso giorno, ma nella Sala Teatro del Lac, la prima europea della Symphonie de coeurs di Rhodnie Désir, coreografa-documentarista canadese fortemente voluta da Gagnon. L’esecuzione di questa sinfonia dei cuori che già riscuote ampio successo è affidata, per l’episodio luganese, alla ‘Sinfonica’ di casa, l’Orchestra della Svizzera italiana, diretta da Naomi Woo e affiancata dal beatmaker e sound designer Engone Endong e dal percussionista e flautista Lasso Sanou. L’opera è il frutto di un periodo di studio svolto dall’artista in due luoghi che del cuore si prendono cura, l’Istituto Cardiocentro del Ticino e il Montreal Heart Institute.

Il 16 giugno, le linee Bauhaus del Teatro San Materno di Ascona faranno da cornice a ‘Released’ di Ioannis Mandafounis, altro episodio site specific che chiederà al pubblico di essere spettatore, in quanto tale, ma da prospettive inusuali.

Tutto il resto

Andando in ordine cronologico, si dovrebbe partire però da ‘Tanzfaktor’, il progetto biennale di Rso – Rete Danza Svizzera pensato per sostenere i giovani talenti svizzeri. L’11 giugno, il Palazzo dei Congressi di Lugano ospiterà, selezionati da una giuria di esperti, cinque brevi pezzi coreografici: quelli di Oriana Zeoli in arte Glory (‘Not Where, but Who’), di Lena Schattenberg e Simea Cavelti (‘Aléa’), di Tamara Mancini e Branca Scheidegger (‘Idiospect’), di Maxime Jennerat (ΑΕΝΑΟΣ) e del collettivo friburghese di danza urbana Cie Nous et Moi (Contraste’). Di altre performance site specific si renderanno protagonisti (il 12 e 13 giugno all’ex orologeria Diantus Watch di Castel San Pietro) Michele Di Stefano in ‘Mobile Homes – Album degli abitanti del Nuovo Mondo’; la Compagnia Tiziana Arnaboldi, il 13 giugno, per l’omaggio al Bauhaus intitolato Äutou du corps’, con il San Materno che si sposta virtualmente a Lugano, Asilo Ciani, protagoniste Marta Ciappina ed Eleonora Chiocchini; Maria Hassabi, che il 15 giugno, nella Hall del Lac, porta in scena ‘White Out’, assolo nato in occasione di ‘I’ll Be Your Mirror’, personale dedicatale nel 2023 a Hong Kong. Più tardi, nella Sala 1, ma in cuffia, ‘Atmosferologia – Veduta > Lugano’ del gruppo mk.

Conti rifiuta la definizione di “collaterali” parlando dei progetti aggiuntivi. “Sono eventi unici e collegati tra loro attraverso una drammaturgia precisa”, dice. E così i workshop, i dialoghi e le tavole rotonde, l’incontro di studiosi ed esperti sul ruolo della danza e della cultura tutta. Dal workshop di Marc Brew, pioniere nel campo delle mixed abilities, costretto su una sedia a rotelle da un incidente (il 12 giugno, ispirato al tema di danza, architettura e accessibilità) a quello di Hassabi alla Fondazione Bally (14 giugno); dai sette dialoghi costruiti sui temi degli spettacoli – con Emanuel Rosenberg, Pol Esteve Castelló, Riccardo Blumer, Maddalena Giovannelli, Francesca Serrazanetti e Tiziana Conte, moderati da Katja Vaghi e Ariadne Mikou – alla tavola rotonda curata da Lorenzo Conti e Simona Travaglianti e intitolata ‘Stories we perform/ own/ steal/ space’ (13 giugno), fino alla conferenza di Pol Esteve Castelló sull’emergere della discoteca come genere architettonico nella Spagna franchista (14 giugno).

Detto delle proiezioni – il 12 giugno al Cinema Iride, ‘Amelia’ (2003) ed ‘Éco’, entrambi del canadese Édouard Lock, storico fondatore della La La La Human Steps; prima ancora, il 29 aprile al Lac, ‘Dancing Free’, il lungometraggio di Elettra Fiumi presentato all’ultimo Locarno Film Festival – si rimanda a www.luganodanceproject.ch per la prevendita, gli aggiornamenti e tutto quanto, per brevità di spazio, è qui omesso.

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