Spettacoli

Perché forse Fiorella siamo tutti quanti

Lugano s'innamora di Mannoia e Mannoia ricambia. Più che un live, una terapia di gruppo che fa bene alla mente e al cuore (e che fa pensare, che a volte non guasta)

Fiorella Mannoia ieri al Palacongressi (foto Ti-Press)
27 ottobre 2019
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Che lo si guardi iniziando dalla fine, o finendo con l’inizio, il concerto di Fiorella Mannoia è palindromo. Al Palacongressi, ieri sera, l’euforia dell’entrata ­– ‘Il peso del coraggio’, che «mai come in questo momento è così importante» – pareva l’euforia dell’uscita, ‘Il cielo d’Irlanda’ che per una notte è stato quello di Svizzera, con l’artista a piedi nudi a spasso dal palco alla galleria a stringer mani e via di selfie con tutti, cantando.

A Lugano per volere di GC Events, il ‘Personale Tour’ è un bagno di folla in cui ‘Il senso’ e ‘I treni a vapore’, verso l’inizio, hanno l’applauso lungo e riconoscente di ‘Che sia benedetta’ e di ‘Quello che le donne non dicono’, verso la fine, per un concerto che non è la ‘Platinum Collection’ dal vivo di chi ha fatto la storia, ma il tour di un album suonato per metà e che ha tempo anche per il Fossati di ‘Lunaspina’, da ‘Di terra e di vento’ (1989) e per il Fossati di vent’anni dopo, che ha scritto per lei ‘Penelope’ (c’è tempo, c’è sempre tempo, perché «il rapporto non si è mai interrotto, come l’amicizia, che è la cosa che m’interessa di più»).
 
Canta ‘Come si cambia’, Fiorella, che pare Mina se avesse continuato ad esibirsi; canta ‘In viaggio’ che pare Jackson Browne quando si siede in pizza al palco a parlar di cose serie, del sud del mondo «saccheggiato, depredato e abbandonato a se stesso» (e il Palacongressi si alza in piedi). In ‘Povera patria’ di Battiato, dove i “corpi in terra” diventano “corpi in mare”, il grido dell’artista è anche il grido del popolo curdo e di quello yemenita, «povere patrie del mondo governate da pazzi». Nelle acque mosse di una disumana umanità e di donne da aiutare e da amare – quelle di ‘Carillon’, invitate «a non scambiare per amore quel che amore non è», o quelle “dolcemente complicate” che ti diranno “ancora un altro sì” («Forse, perché potrebbe anche essere un no») – galleggia la speranza di ‘Anna siamo tutti quanti’, suo nuovo classico; Anna «con gli occhi pieni di sogni ad aspettare che il mondo ci ascolti», Anna simbolo dei giovani e di un cortocircuito: «Dicono che non s’interessano di politica, ma è la politica che non s’interessa di loro».
 
Fiorella che danza sulla coda rumba di ‘Eri piccola’ di Buscaglione e su quella più tunz-tunz di ‘Siamo ancora qui’; Fiorella che alza pollice, indice e mignolo alla fine di ‘Caffè nero bollente’ suonata alla maniera degli ZZ Top dal sestetto Corradini-Storniolo-Visigalli-Di Francesco-Rosati-De Crescenzo; Fiorella che offre il microfono alle prime file su ‘Sally’, Fiorella che scalda le coscienze in ‘Combattente’ e i cuori in ‘Sempre e per sempre’ di De Gregori. Fiorella che la parola della sera è “coerenza”, umana e artistica. Quella coerenza che, ad esserne sempre capaci, forse Fiorella siamo tutti quanti. Forse "ma, forse ma sì".