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Partecipare a pieno alla vita sociale: ‘Non a tutti è permesso’

Il progetto ‘Rete cultura inclusiva Ticino’ ha cercato delle soluzioni affinché l’offerta culturale consideri anche i bisogni delle persone con disabilità

Danzatori con disabilità della Compagnia Teatro Danzabile e studenti dell’Alta scuola delle arti di Zurigo (ZHdK), lavorano insieme a un pezzo poi presentato in tutta la Svizzera nel quadro di IntegrART 2019.
(Paola Pitton)
8 novembre 2021
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«È la prima volta che ne vedo una dal vivo». Sono le parole pronunciate il mese scorso da Michel Houellebecq al Salone internazionale del libro di Torino dopo aver osservato con aria affascinata per diversi secondi l’interprete che sul palco stava traducendo la sua intervista in Lingua italiana dei segni. La reazione dello scrittore francese la dice lunga su come trovare delle offerte culturali che tengano conto anche dei bisogni di persone con diversi tipi di disabilità costituisca un’eccezione. Una problematica presente anche alle nostre latitudini, sulla quale l’organizzazione svizzera attiva nel campo della disabilità Pro Infirmis e il Centro competenze bisogni educativi, scuola e società (Bess) della Scuola universitaria della Svizzera italiana (Supsi) hanno deciso di chinarsi dando vita al progetto pilota “Rete della cultura inclusiva in Ticino” che si è svolto tra settembre 2020 e agosto 2021 e di cui sono stati recentemente pubblicati i risultati. Scopo dell’iniziativa: rispondere alla domanda “come favorire la partecipazione delle persone con disabilità alla vita sociale e culturale del cantone?”.

Punti critici, azioni, risorse, priorità

«Il Servizio cultura inclusiva della nostra organizzazione ha istituito un marchio che viene attribuito agli enti culturali che si impegnano attivamente a favore dell’inclusione delle persone con disabilità rispondendo a determinati criteri – spiega il direttore di Pro Infirmis Ticino Danilo Forini –. Attualmente nel cantone sono in cinque ad averlo ottenuto (Orme Festival, Teatro DanzAbile, Museo Vincenzo Vela, Masi, Accademia Teatro Dimitri). Ci siamo però subito resi conto che, al di là di questo label, andava creata una rete per mettere in comunicazione tra di loro le varie realtà presenti sul territorio. Così con il Bess abbiamo costituito un gruppo di lavoro trasversale formato da una trentina di persone con e senza disabilità, operatori culturali ed esponenti del mondo sociale, che si è trovato 15 volte nell’arco di un anno per conoscersi, discutere e individuare obiettivi comuni». Gli incontri, a causa della pandemia, si sono tenuti online e si sono sviluppati sotto forma di tre workshop che hanno permesso di rilevare i punti positivi e quelli critici rispetto alla situazione della cultura inclusiva in Ticino, oltre che di discutere di possibili azioni, di risorse necessarie e di priorità.

Offerte ad hoc? ‘Discriminanti’

«Ad emergere in primo luogo, e non era affatto scontato – dice Forini –, è stata la presa di coscienza degli enti culturali rispetto alla necessità non di creare delle proposte ad hoc o delle corsie preferenziali per le persone con disabilità – soluzioni, queste, che comportano elementi discriminanti –, ma di rendere il più possibile accessibile a tutti qualsiasi tipo di offerta culturale, sia come visitatori e spettatori, che come produttori di cultura, e anche nell’ambito professionale». Nonostante sia risultato chiaro che essere sempre accessibili e inclusivi con tutti sia un’operazione molto complessa se non addirittura utopica, secondo il gruppo bisognerebbe cercare di tendere tutte le volte verso tale orizzonte, fin dal momento iniziale di ideazione e progettazione di spazi e fruizione di contenuti.

Un Polo di coordinamento

Per raggiungere una cultura dell’inclusione diffusa dove la diversità diventi la norma, l’obiettivo prioritario individuato dal gruppo di lavoro è la costituzione di un Polo di coordinamento per la cultura inclusiva che potrebbe avere una formazione simile proprio a quella della Rete. «La funzione del Polo sarebbe di dare un supporto agli operatori culturali, agli enti, alle singole persone che magari sono animati da ottime intenzioni di fare qualcosa nel senso dell’inclusività ma non sanno come muoversi. Quello che manca in questo momento è proprio un sostegno e un coordinamento sotto forma di rete che permetta di organizzare degli incontri, sviluppare delle relazioni, trovare soluzioni comuni, valorizzando il potenziale di tutti e unendo le singole voci. Il rischio altrimenti è che si accantonino buone idee o che sorgano delle iniziative che però rimangono isolate portando a una dispersione di energie».

Le basi: accoglienza e informazione

Gli altri obiettivi individuati a cui potrebbe contribuire il Polo sono sintetizzabili in tre grandi capitoli che comprendono undici azioni concrete. Si tratta di sviluppare una comunicazione tra attori culturali e sociali; favorire l’accesso e le facilitazioni a spazi e contenuti culturali; sensibilizzare e formare adeguatamente gli attori culturali e sociali. Quanto alle azioni, la lista comprende ad esempio l’integrazione di tutte le informazioni circa l’accessibilità (contenuti in Lingua dei segni, in Lingua facile, descrizioni audio, spazi per sedie a rotelle ecc.) nelle varie comunicazioni, anche sui media, avvalendosi di pittogrammi; la partecipazione gratuita per gli accompagnatori; lo sviluppo di un servizio di trasporto su chiamata accessibile anche in orario serale. «Vorrei sottolineare l’importanza soprattutto del connubio tra informazione e accoglienza, necessario anche per contrastare il sentimento di non aver diritto a partecipare a pieno titolo alla vita sociale che ancora molti ostacoli, anche comunicativi, inducono – commenta il direttore di Pro Infirmis Ticino –. È importante che si sviluppi l’attitudine all’accoglienza e la si dichiari, andando verso un esplicito “benvenuti a tutti”. Si sta cercando ad esempio di promuovere l’accessibilità ai Castelli di Bellinzona, patrimonio Unesco: nonostante i limiti strutturali di queste costruzioni protette, si stanno stimolando delle soluzioni e benché permangano delle restrizioni, l’atteggiamento deve diventare quello di dire “venite, vi spieghiamo”, ciò che si rivela molto positivo anche per la promozione turistica». Nel documento con i risultati del progetto pilota si evidenzia a tal proposito: “Lo sviluppo di una cultura dell’accoglienza, sensibile alle esigenze specifiche di ogni individuo e capace di empatia e flessibilità, risulta essere molto più importante per favorire l’accessibilità e l’inclusione rispetto agli adattamenti tecnici. Quando essi non sono presenti, un’accoglienza adeguata – sincera e attenta – può infatti compensare in parte le possibili carenze strutturali”.

Prossimi passi

Alla fine del documento viene spiegato come la prossima tappa preveda un approfondimento per meglio capire la fattibilità, la sostenibilità e le possibili modalità organizzative e di ancoraggio territoriale attraverso le quali il Polo potrebbe concretamente prendere vita in Ticino. «In questo momento siamo nella fase di transizione – spiega Forini –, l’idea è di chiedere alla Supsi un pre-progetto. Questo esperimento pilota era finanziato in parte importante dalla Confederazione, ora si tratta di capire in che modo le realtà cantonali e comunali potrebbero dare il loro appoggio. Come sempre la questione è sì di volontà politica, ma anche di risorse. E siamo ben coscienti che il mondo della cultura, soprattutto in questo periodo, è confrontato più di altri a restrizioni finanziarie». Nonostante ciò, conclude Forini, «abbiamo trovato grande attenzione e disponibilità da parte del settore. Chi ha partecipato lo ha fatto con sincera attenzione e non con interesse di facciata. Ci sono dunque una sensibilità importante da parte di coloro che si occupano di offerte culturali e una grande potenzialità, adesso si tratta di sostenerle e coordinarle a beneficio di un arricchimento dal punto di vista umano di tutta la società».

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