laR+ Sogno o son Festival

Colapesce Dimartino, di ‘Splash’ e d’‘Azzurro’

In duetto con madame Sarkozy, presto al cinema, e in gara con altra musica, mai troppo ‘leggerissima’

Colapesce Dimartino
(Keystone)
11 febbraio 2023
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"Nell’estate arrivata in un battibaleno, lei è partita per il mare, lui è rimasto in città, tra i rumori degli aeroplani. Noia, caldo, ricordi d’infanzia lo assalgono: lui vorrebbe prendere un treno per raggiungere lei. ‘Azzurro’, di Pallavicini, Conte: dirige il maestro Nando de Luca, canta Adriano Celentano". Parte l’applauso del pubblico, si abbassano le luci: Pippo Baudo, a braccetto con Luisa Rivelli, si defila, portandosi via la co-conduttrice e lasciando il palco del Salone delle feste del Casinò di Sanremo al Molleggiato.

È tutto falso. ‘Azzurro’ non è mai stata in gara al Festival di Sanremo. Nel 1968, Adriano Celentano portò insieme a Milva ‘Canzone’ di Detto Mariano e Aldo Caponi (in arte Don Backy), produzione propria, quella del suo Clan. Per gioco, solo per gioco, si può prendere una canzone e pensare come sarebbe andata se fosse stata in gara al Festival. Forse ‘Azzurro’ avrebbe battuto ‘Canzone per te’ di Sergio Endrigo e Roberto Carlos, e la storia del Festival, rapito da quella cosa indefinibile che pare una marcetta, potente come spesso sono le cose indefinibili, sarebbe cambiata. Oggi, il testo di ‘Azzurro’ giace nella bara della mamma del suo autore. È tutto in ‘Paolo Conte, via con me’, il biopic di Giorgio Verdelli, e nelle parole dell’ex avvocato consegnatosi al jazz, raccolte dal Corriere della Sera: "Mia madre sosteneva che questa canzone fosse un insieme di antico e moderno. Antica soprattutto nella musica, e in questo sentimento stava la sua modernità: una canzone trasgressiva nell’epoca beat in cui è nata. Capimmo subito che si trattava di una canzone vincente. Resta importante, non l’ho mai dimenticata".

Io quasi quasi prendo l’aereo

"Ciao Lorenzo, io sono all’aeroporto, se volete chiamarmi posso assolutamente parlarvi per ancora, penso, dieci minuti. Poi prendo l’aereo, e comunque sono felice di arrivare, di cantare con voi". Di mattina, dall’aereo, madame Sarkozy aveva mandato un vocale, o meglio un sussurro, suo marchio di fabbrica applicato a quella chanson française suadentemente femminile che vanta molti episodi sussurrati (ma mai quanto i suoi).

«Abbiamo deciso che per la serata delle cover avremmo voluto portare a Sanremo ‘Azzurro’ – dice Dimartino anche a nome di Colapesce – notando tra l’altro come Paolo Conte sia un artista poco suonato sul palco dell’Ariston». Carla (con l’accento sulla ‘a’) è stata contattata via case discografiche: «Ci ha detto che ascolta le nostre canzoni, si è rivelata persona altamente ironica e autoironica, non ci è voluto tanto per convincerla. Ed era contenta di cantare ‘Azzurro’». Colapesce, a conferma dei sussurri: «Questa versione ha una prima parte eterea, e Carla è perfetta come scelta». Spiegato in termini assai rispettosi – negando che Bruni (con l’accento sulla ‘i’) sia una soluzione di ripiego – i due avevano un’idea alternativa, ma complessa: «Volevamo portare il coro del carcere di San Vittore, ma era troppo difficile dal punto di vista logistico, serviva un’autorizzazione quattro mesi prima». Più tardi, sul palco dell’Ariston, la ‘Azzurro’ di Colapesce Dimartino feat. Carla Bruni sarà una festa di piazza, generosa di sentimenti e coi sussurri nei punti giusti.


Keystone
Con Carla Bruni in ‘Azzurro’

‘Splash’

Eugenio Finardi direbbe che "diesel è il ritmo della vita". Concetto delle canzoni, applicabile anche alle canzoni. Diesel è il ritmo di ‘Splash’, titolo da singolo estivo e contenuti esistenzial-autunnali, passato dal "mah…" dei pre-ascolti milanesi e romani ai molti "…ah però!" dell’Ariston. I siciliani Colapesce Dimartino sono Lorenzo Urciullo (il primo) e Antonio Di Martino (il secondo): «"Ma io lavoro per non stare con te" è una frase molto forte nella quale tanta gente s’identifica, tanta gente lavora per non tornare a casa», spiega il secondo. «E "il peso delle aspettative" è un argomento che torna soprattutto in questo momento storico in cui si ritiene che le aspettative siano il centro di tutto e che la vita reale non abbia senso».

Colapesce: «Non ci aspettavamo questo riscontro, perché il pezzo è più complesso, non scontato». Il raffronto è con ‘Musica leggerissima’, che ha fatto ballare l’Italia e altre zone del continente europeo. Era l’anno dell’Ariston con la mascherina alla porta d’entrata, vuoto come le piazze d’Italia, e quel racconto sulla depressione, per il dizionario dei sinonimi e dei contrari, ci mise improvvisamente tutti di buon umore.

‘La primavera della mia vita’

‘Splash’ è un tuffo e la canzone si tuffa a sua volta dentro ‘La primavera della mia vita’, film di e con Colapesce Dimartino, dal 20 febbraio nei cinema. «Prima de ‘I mortali’ (anno 2020, primo album della coppia, ndr), volevamo già provarci, ma per fare i film servono un produttore, le risorse, e abbiamo accantonato l’idea». Sarà che poi è arrivato il successo popolare (mera supposizione, ma nemmeno tanto mera), «abbiamo trovato il modo per farlo, scrivendo sceneggiatura e musiche». ‘La primavera della mia vita’ è «una dramedy, così la chiamiamo noi. Dentro c’è una Sicilia inedita. Si ride e si piange». E ci sono un sacco di ospiti: «Madame, Brunori Sas nella parte di Jim Morrison, Roberto Vecchioni che fa Roberto Vecchioni, ma complottista».

Tornando a Sanremo. Colapesce: «Abbiamo scelto di portare ‘Splash’ perché è qualcosa di leggero che trasmette messaggi più profondi, un po’ quello che abbiamo fatto con ‘Musica leggerissima’. Dimartino: «È una gara. Obiettivamente, non ci sentiamo in competizione, ci basta l’aver proposto una canzone che ci rappresenta in pieno. La prima sera siamo rimasti contentissimi del risultato, e il fatto che ci si trovi nel mezzo di una gara è cosa che proprio non si può nascondere, ma non abbiamo tantissime aspettative. Ci sono tante belle canzoni in questo Festival». Sanremo, ne non fossero a Sanremo, l’avrebbero guardato lo stesso. Lorenzo: «Non guardo molta tv, ma il Festival lo seguo»; Antonio: «L’ho sempre visto. Io la televisione la guardo. Anche ‘L’eredità’, guardo. Sempre meglio che scrollare il telefonino…».

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