Sogno o son Festival

Cosa ne penso di Sanremo? È sicuro di volerlo sapere?

Rispondono un regista-autore, un fotografo-scrittore, una giornalista, una arpista, un direttore di teatro e un medico negazionista. Ticinesi

Una rara immagine del dottor Betto Covidelli, figura controversa del mondo medico ma anche del mondo delle figure (© laRegione)
1 febbraio 2022
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Quelli che non t’aspetti e quelli che Sanremo proprio non lo aspettano. Nomi noti del Ticino legato alla musica – con digressione finale sulla medicina alternativa – si confessano. Ma nemmeno troppo.

Flavio Stroppini (autore, scrittore, regista) – Mi immagino tutti i bacchettoni che scorreranno scocciati queste righe, tra una rilettura di Proust e un Nocturne di Chopin… Eh già, dicono che il manuale del vero intellettuale vieti di guardare tutto ciò che fa 10% in più di share… Dunque Sanremo non esiste. Pop e commerciabilità sono l’antitesi di autorialità e valore artistico. Io invece, ogni tanto, mi metterò in poltrona, e diventerò un po’ critico e un po’ tifoso. Sbadiglierò dalla noia e commenterò con sarcasmo. Tanto sono solo canzonette.


Flavio Stroppini (Ti-Press)

Elisa Netzer (arpista) – Nel mio ambiente (quello classico) si prova un po’ di vergogna ad ammetterlo, ma confesso di seguire Sanremo, anche con un certo diletto. Anzi mi spingo oltre: provo un certo fastidio nel leggere gli inevitabili post sui social media di chi dall’alto della propria cultura insulta cantanti, canzoni e spettatori. Se Sanremo davvero fosse una gara in cui decretare quale cantante e quale canzone incarni il nuovo faro della musica occidentale allora potremmo ridiscuterne e dire che la cometa approdò a Eisenach nel 1685 quando nacque Bach, dopo di lui difficile brillare altrettanto. Ma Sanremo, per me, è invece un racconto sonoro di una fetta di mondo in cui vivo, un festival del costume e l’espressione di un tempo. Come tale, lo guarderò con piacere.


Elisa Netzer (Ti-Press)

Alessio Pizzicannella (fotografo, scrittore, regista) – Se non lo prendi sul serio è molto divertente. Incontri gli artisti, uffici stampa e discografici con i quali lavori durante l’anno. Ceni a orari assurdi a tavolate assortite con i personaggi più improbabili. È voyeurismo spinto. Poi ci sono anche quelli che invece lo prendono maledettamente sul serio. A essere onesti sono proprio loro a farti fare gran risate.


Alessio Pizzicannella (© Giuseppe Toja)

Natascia Bandecchi (giornalista) – Che ci crediate o no adoro il Festival di Sanremo, praticamente da sempre. Avevo 5 anni, era il 1981 e quell’anno Loretta Goggi con la sua ‘Maledetta primavera’ mi rapì. Da allora ne sono passate di edizioni: dalla macchina da spostare di Francesco Salvi alle roteanti chiappe di Elettra Lamborghini passando per il ‘Vento senza nome’ di Irene Grandi (la mia preferita forever) e, come non citare Diodato con la meravigliosa, no, non quella che fa rumore, ma ‘Adesso’? Quest’anno per chi voto? A scatola chiusa: La Rappresentante di Lista. P.s. Il mio sogno nel cassetto è andarci da inviata… così potrò incontrare uno dei miei idoli: “Dirige l’orchestra… il maestro Beppe Vessicchio”.


Natascia Bandecchi (Facebook official)

Gianfranco Helbling (direttore del Teatro Sociale) – Naturalmente del festival di Sanremo penso e soprattutto dico tutto il male possibile: è nazionalpopolare, quindi banale, piatto, un condensato di luoghi comuni. Salvo poi canticchiarne quasi tutto il repertorio degli anni della mia adolescenza (“ma che orrore!”, pensavo allora), oltre a molti brani degli anni precedenti e molti meno degli anni seguenti. Oggi ancora giuro e spergiuro che Sanremo non lo guardo, se non magari per vedere qualche abito di scena. Ma certamente non per le canzoni. Salvo consumare il tasto replay per andare a sentire questo o quel brano che parrebbe imperdibile. Sono certo però che le canzoni sanremesi della mia adolescenza erano di tutt’altro livello, ad eccezione ovviamente di ‘Zitti e buoni’ dei Maneskin. Me lo confermano i miei figli adolescenti. Che infatti, giurano, il festival della canzone italiana, “papi ma che orrore!”, proprio non gli interessa. Salvo accorgersi che i Maneskin sono a Sanremo. E scoprire così, oh onta!, di condividere un inconfessabile segreto con il papà. Oltre a un piccolo repertorio di canzoni da canticchiare assieme quando nessuno ci vede.


Gianfranco Helbling (Ti-Press)

Dott. Betto Covidelli (figura controversa del mondo medico ma anche del mondo delle figure) – Da quando un complotto internazionale sabotò la mia candidatura – la canzone era ‘Grazie dei fiori di Bach’, vi ricorderete – boicotto il Festival: mi ripugnano le big star, il red carpet, gli special guest, il mainstream, i green pass, le big pharma, il lip sync, l’autotune… Guardi, in questa settimana preferisco chiudermi in ambulatorio, al buio, e mugolare motivi d’amore, un po’ Tenco un po’ Povia. Quest’anno però sono combattuto. Da una parte non voglio darla vinta ai grandi registi del terrore pandemico, ai burattinai del controllo globale, ai direttori d’orchestra dell’oppressione! Dall’altra… – ‘spetta, cosa stavo dicendo? Ah sì, la grappa! – No, cioè, dicevo: dall’altra parte quest’anno c’è Donatella Rettore, e questo ovviamente cambia tutto. Abbiamo speso un sacco di soldi dell’Associazione che presiedo, Stagnola 22, per riuscire a portare sul palco qualcuno che finalmente possa dire la verità: che il vaccino non è un vaccino, il cobra non è un serpente e Covidelli non è un demente. Ma ora basta, i poteri forti ci ascoltano! P.S. Comunque quest’anno bruciano la Zanicchi al primo scrutinio poi vince Mattarella, me l’ha detto mio nipote che fa la scuola dei corazzieri.


Il dottor Betto Covidelli (© laRegione)

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