Dalla Resistenza agli anni Settanta: la storica, scrittrice e giornalista italiana domenica 23 marzo a Rancate per l’anteprima di ChiassoLetteraria 2025
“Quella mattina i killer hanno ucciso anche la mia innocenza”, scrive Benedetta Tobagi in ‘Come mi batte forte il tuo cuore – Storia di mio padre’ (Einaudi, 2009). Walter Tobagi, storico, giornalista, scrittore e sindacalista italiano, fu ucciso il 28 maggio del 1980, quando la figlia aveva poco più di tre anni. Benedetta ha seguito le orme del padre per una sorta di folgorazione derivante dallo studio di casa, descritto come il primo momento di conoscenza di un padre del quale ricorda molto chiaramente il giorno dell’uccisione. Dal libro: “Ho un ricordo nitido di me stessa nel cortile della scuola materna mentre cerco di chiarire agli altri bambini, curiosi, quello che è successo. Hanno ucciso papà. Ma queste cose succedono solo nei film, non può essere vero. Non mi credono, sono smarrita, sconcertata. Allora insisto: «Hanno ammazzato papà, gli hanno sparato, bum! bum!, con la pistola”. “La mia mano, piccolissima, senza saperlo, ripete il famigerato segno della P38, l’arma-simbolo degli ‘anni di piombo’: il gesto rabbioso dei giovani dell’Autonomia Operaia, l’area dell’antagonismo più estremo, l’anno in cui sono nata”.
Dall’innocenza uccisa a ‘Cerco un Paese innocente’, tema di ChiassoLetteraria 2025, il passo è breve. Il titolo è ispirato all’ultimo verso della poesia ‘Girovago’ di Giuseppe Ungaretti ed è un invito a prendersi cura di quel che resta dell’innocenza, tra bombe che cadono, fame, emergenza climatica e quant’altro di precario stiamo vivendo. Benedetta Tobagi è la protagonista di ‘Narrare la Storia attraverso le storie e le immagini, dalla Resistenza agli anni Settanta’, incontro di avvicinamento a ChiassoLetteraria in programma domani, 23 marzo alle 17 nell’aula magna delle scuole elementari di Rancate, aperto al pubblico e a ingresso libero. In dialogo con lei sarà Mara Travella del comitato di ChiassoLetteraria e neo direttrice artistica della Casa della Letteratura.
Nel titolo dell’incontro è condensato il grosso del lavoro di Benedetta Tobagi, storica, scrittrice e giornalista, collaboratrice di Repubblica, già conduttrice radiofonica per la Rai e impegnata in progetti didattici e formazione docenti sulla storia degli anni Settanta e del terrorismo con la Rete degli archivi per non dimenticare. Di stragismo Tobagi ha scritto anche in ‘Una stella incoronata di buio. Storia di una strage’ (2013, vincitore del Premio Lo Straniero e del Premio Pozzale Luigi Russo), con al centro la strage del 1974 in Piazza della Loggia a Brescia, e ancora ‘Piazza Fontana. Il processo impossibile’ (2019). I titoli più recenti sono ‘La Resistenza delle donne’ (2022, vincitore del Premio Campiello), ‘Segreti e lacune. Le stragi tra servizi segreti, magistratura e governo’ (2023) e, con Paola Agosti, ‘Covando un mondo nuovo. Viaggio tra le donne degli anni Settanta’ (2024), l’ultimo suo libro.
Benedetta Tobagi, ‘Narrare la Storia attraverso le storie e le immagini, dalla Resistenza agli anni Settanta’ è un titolo che pare contenere tutti i punti fermi del suo lavoro. La scrittura è Resistenza?
Essendomi occupata per tanto tempo e avendo scritto di persone, in particolare di donne, che hanno fatto la Resistenza, io non ho l’ambizione di sostenere questo. La scrittura è uno strumento di conoscenza, è un canale per portare le storie al maggior numero di persone possibile, mi pare quindi una cosa diversa, che comunque non esclude il fatto che si debba avere un impegno concreto nel quotidiano. La scrittura restituisce il senso della complessità, aiuta ad abitare la complessità del tempo presente anche attraverso la conoscenza della storia del passato. In questo momento storico in particolar modo, credo che la scrittura sia assai feconda, perché attraversiamo un tempo di grandissime polarizzazioni che si basano spesso su di una grande superficialità, dunque l’immersione nella complessità della Storia attraverso le storie è vitale. Non so se si possa chiamare Resistenza, in ogni caso lo è per i lettori più che per chi scrive.
Resistenza è anche ‘La Resistenza delle donne’, che nel suo libro lei dice essere doppia: quella contro il fascismo, naturalmente, ma anche solo quella del partecipare attivamente alle bande partigiane, atto di Resistenza contro il patriarcato...
Più che di Resistenza, di Liberazione e liberazione, con la maiuscola e senza. In maniera del tutto volontaria e mettendo a repentaglio, prima ancora della vita e della sicurezza, la loro reputazione, all’epoca così preziosa per il loro esistere nella società, le donne partigiane mostrano non solo una incredibile generosità nello scegliere di non voltarsi dall’altra parte, ma a loro modo aprono un percorso di rottura. Non solo sfidano apertamente il nazifascismo, ma aprono il cammino dell’emancipazione che proseguirà nell’Italia del dopoguerra, a partire dal programma politico che le donne della Resistenza si danno sin dal novembre del 1943.
È interessante che dal punto di vista politico le donne del tempo siano impegnate nelle battaglie per l’emancipazione, nel tentativo di portare la donna su un piano di parità con l’uomo sotto ogni punto di vista, giuridico, economico e sociale. Però io ho cercato di valorizzare tutti quegli elementi anticipatori delle istanze di liberazione che saranno caratteristiche del femminismo nella seconda ondata, quella degli anni Settanta, e cioè l’affermazione di una soggettività femminile, una diversità raggiunta anche e soprattutto attraverso il fatto che le donne diventano soggetti protagonisti e acquistano una propria voce, pubblica. Questo emerge dai racconti che le ex partigiane fanno alle generazioni di studiose che nel dopoguerra hanno raccolto, per ricostruirle, le loro storie. E questo è bellissimo. È come una filigrana che si rivela con chiarezza oggi e della quale, al tempo, loro stesse non erano pienamente consapevoli.
Definisce quella delle ex partigiane ‘arte antica, puro teatro’, una guerra combattuta spesso senza armi da fuoco ma, per esempio, a colpi di stereotipi femminili che si rivoltano contro chi li ha creati. Cito dalle prime pagine: ‘Sei bruttina, nessuno ti guarda: sarà la tua salvezza’. ‘Sei bellissima, sono stupidi: li fregherai scoprendoti appena, come una stirpe di sirene prima di te’. ‘Ti sottovalutano. Bene, li prenderai alla sprovvista’. ‘Sorridi, annuisci, disfa la tela sottobanco’…
Mi pare sia qualcosa che possa tornare utile anche alle donne di oggi, così almeno mi hanno detto molte delle lettrici del libro. In realtà, per le donne c’è sempre questa fatica di liberarsi da ciò che dovrebbero forzatamente essere, i ruoli presunti ‘naturali’, interiorizzati. Il fatto di riuscire a indossare questi stereotipi come maschere che non ingabbiano, ma che agiscono per una finalità più alta e collettiva – in poche parole, per fare fessi i nazifascisti – era qualcosa di una modernità clamorosa ed è una costante che nei racconti viene riportata con fierezza e divertimento infiniti. È il momento in cui le donne si sentono di poter mostrare una loro specifica e diversa forza, una forza che è caratteristica loro in quanto donne.
‘La strage impunita’, cantano in ‘La terra dei cachi’ Elio e le Storie Tese, da lei citati in ‘Le stragi sono tutte un mistero’ (Laterza). E ‘la strage impunita’ è quasi un luogo comune del suo Paese, come la pizza e la pummarola. Il suo libro si propone di fare fact checking sullo stragismo, tema sul quale si è spesso concentrato il suo lavoro. Il titolo del libro è esso stesso una fake news.
Amo Elio e le Storie Tese, li trovo fenomenali, sono figure centrali per la mia generazione. Sì, il titolo è evidentemente antifrastico. Siamo immersi in un flusso mediatico e in un dibattito pubblico che ho definito poco fa molto polarizzato. La disinformazione portata dalla rete e dai social ha reso ipertrofiche e sovrabbondanti le narrazioni falsificanti, su pagine anche molto importanti della nostra storia. Immersi in tutto questo, che cosa si può fare? La collana ‘Fact checking – La storia alla prova dei fatti’ è nata con la vocazione di offrire alle persone di buona volontà delle cassette per gli attrezzi, un prontuario che non solo si basa su ricerche e ricostruzioni il più possibile consolidate, ma partendo dalle fake news o dalle banalizzazioni o semplificazioni presenti nei discorsi pubblici, fuorvianti, cerca di spiegare come stanno le cose ma anche come certe polemiche strumentali nascono e a quali esigenze e interessi politici rispondono, così che vi siano sempre più portatori di anticorpi rispetto alle fake news e alle semplificazioni.
A proposito di stragi, lei distingue tra misteri e segreti...
I misteri sono quelli della fede, mentre i segreti sono cose che determinate persone sanno e intenzionalmente nascondono, e questo in politica è grave, è profondamente antidemocratico.
‘Cerco un Paese innocente’ è il tema dell’edizione 2025 di ChiassoLetteraria, la constatazione del diritto di una persona a vivere in un Paese innocente e al tempo stesso un invito a dedicarsi alla cura dell’innocenza che resta e che può essere rigenerata. Giro a lei la domanda che si pongono gli organizzatori: ‘Se non l’innocenza, cos’altro potrà salvare il mondo?’
Associo l’innocenza al fatto che in questo particolare momento storico vediamo terribilmente sotto attacco tutti i principi e gli organismi del diritto internazionale che vogliono creare il discrimine tra innocenti e colpevoli e la conseguente possibilità di giudicare, per cui credo che questo tema si declini oggi in un modo molto completo attraverso chi fa tutto il possibile affinché si possa ancora sancire la differenza tra innocenti e colpevoli, tra la violenza arbitraria e persone che la subiscono. A livello di diritto internazionale assistiamo alle destre radicali di tutto il mondo che come primo obiettivo hanno l’attacco all’autonomia del potere giudiziario, per minare, di nuovo, la possibilità di stabilire chi è innocente e chi colpevole e di conseguenza consentire all’arroganza del potere di spacciarsi come vittima.
Per chiudere, una constatazione non soltanto matematica. Lo scorso 18 marzo suo padre avrebbe compiuto 78 anni e nel 2025 cadono i 45 anni dalla sua morte. ‘Paradossale: non poter dimenticare neanche un momento un padre che non c’è e non potrai mai avere vicino. Un nome onnipresente e un vuoto abissale’, scrive nel libro dedicato a suo padre. Quel padre è ancora ‘ingombrante’?
Non lo è più da tempo, quella frase riguarda la mia infanzia. Era un momento in cui mi trovavo totalmente ed esclusivamente oggetto delle circostanze e anche del racconto mediatico, oltre che esposta alla violenza che ha portato via mio padre. Io nasco come scrittrice quindici anni fa con un libro, ‘Come mi batte forte il tuo cuore – Storia di mio padre’, nel quale ho voluto ricostruire non solo la sua figura privata, l’omicidio e il mio vissuto rispetto a questa storia, ma anche il periodo storico al quale mio padre è appartenuto. Ho cercato di far tornare mio padre una presenza non solo per me ma anche per gli altri, volevo che la sua voce e la sua figura potessero tornare a circolare, perché mi pareva la risposta più vitale all’eliminazione di un giornalista, storico e sindacalista del suo livello. Nei limiti degli strumenti in mio possesso, ho cercato di riportarlo al mondo perché persone come lui, in un senso profondo, non muoiono mai e tutti coloro che ancora oggi se lo ricordano stanno a dimostrarlo.
‘Papà era annidato un po’ dappertutto, ma in una stanza ce n’era molto più che altrove’. Ci descrive il suo studio?
Era una stanza molto grande, con le pareti completamente rivestite da libri. Nella mia casa mi sono costruita uno studio più piccolo, ma identico. Per me è sinonimo di casa.
L’edizione 2025 di ChiassoLetteraria si terrà dal 7 all’11 maggio, i primi giorni della settimana con appuntamenti di avvicinamento per poi entrare nel vivo con l’inaugurazione ufficiale venerdì 9 maggio alle 18. Il programma completo del festival sarà reso pubblico il 15 aprile e sarà consultabile sul sito ufficiale della manifestazione, www.chiassoletteraria.ch.