laR+ L’intervista

Poestate: Mia Lecomte e il debutto di Linguafranca

A colloquio con la fondatrice del blog di traduzione poetica, ospite venerdì 31 maggio del festival luganese (da giovedì 30 maggio al primo giugno)

Dalle 19, Patio Palazzo Civico, in dialogo con Moira Bubola
(Wikipedia)

Pensate mai a come la poesia straniera arrivi magicamente sugli scaffali delle nostre librerie? Forse no, e non siete da biasimare. Dopotutto, chi si sofferma sui laboriosi elfi di Babbo Natale quando i regali sono già lì, pronti sotto l’albero? Nel mondo letterario, questi instancabili lavoratori sono i traduttori, veri maestri dell’ombra che costruiscono ponti tra culture, rendendo universale il linguaggio dell’anima umana. E uno degli esempi più recenti di questa magia sarà presentato il 31 maggio al festival Poestate, con il debutto del blog di traduzione poetica ‘Linguafranca’.

“Sono cresciuta con la poesia”, inizia Mia Lecomte, fondatrice di Linguafranca insieme a una schiera di scrittori e studiosi di letteratura, immersa fin da piccola nell’aura idilliaca di un padre poeta. Da lui ha ereditato non solo una passione per i versi, ma anche una visione del mondo filtrata attraverso la bellezza delle parole. “La poesia è per me un modo di guardare che mi appartiene semplicemente perché mi hanno messo quegli occhiali sul naso, e non ha a che fare con la scrittura, la mia in particolare”. Questo amore precoce l’ha spinta verso una carriera nella traduzione poetica, culminata con la creazione dell’Agence littéraire transnationale Linguafranca a Parigi nel 2017.

Nata dalla visione di tessere un dialogo letterario senza frontiere, Linguafranca si è evoluta nel 2024 in un blog omonimo, trasformandosi in un salotto digitale per voci poetiche da ogni angolo del globo, sotto l’entusiasta patrocinio de Il Fatto Quotidiano. Il blog funge da laboratorio di alchimia linguistica. È un crogiolo dove il plurilinguismo si fonde con la traduzione per celebrare la diversità culturale. “Abbiamo voluto creare uno spazio letterario transnazionale”, spiega la scrittrice. “Linguafranca si propone di contribuire alla creazione di una coscienza politica democratica e inclusiva, che sia punto di partenza per una diversità culturale mondializzata”.

Tradurre l’intraducibile

La sfida di tradurre poesia è un po’ come cercare di raccontare un sogno appena svegli: le parole sfuggono, i significati si dissolvono. “Il passaggio da una lingua a un’altra comporta sempre riscrittura, e tutti i tradimenti necessari all’approssimazione a quel nucleo di ‘intraducibilità’ che passa da un codice musicale all’altro”. Non è un esercizio di copia-incolla; è più simile a una chirurgia artistica, dove ogni parola, ogni rima deve essere calibrata con precisione. “La sostanza del testo originale sta tutta, credo, in questa noce di silenzio, che va trapiantata nella nuova lingua, rinterrata come una mina in tutta la sua potenzialità deflagratoria”. È una palestra linguistica dove affilare le abilità con le parole, con poeti a cavallo fra più culture e lingue, come Luis Mizon e James Noël. “Toccare con mano la stratificazione, l’ibridazione identitaria, la distorsione prospettica dell’immaginario plurilingue, e cercare di salvarla e restituirla nella trasposizione, è una sfida straordinaria. Ancora più interessante, se gli autori sono viventi, e si può lavorare insieme”, racconta da dietro le quinte.

Una Sinfonia di Traduttori

‘Collaborare’ e ‘lavorare insieme’ potrebbero non suonare come termini di casa nel glossario di un traduttore, tradizionalmente visto come un lupo solitario. Ma per Mia Lecomte, la solitudine non è una condanna, bensì un trofeo conquistato sul campo. “Un’alternativa al frastuono della ‘socialità’ che ci vuole sempre connessi, tutti a strusciare il nostro ego ipertrofico fra noi, come pietre focaie che non sono più in grado di accendere alcuna scintilla”, sostiene. “Noi necessitiamo di solitudine, proprio per trovare la misura per farci tramiti, veicoli”.

I collaboratori del blog funzionano come un’orchestra, ognuno con il suo spartito e timbro per una sinfonia poetica che attraversa confini e culture. Ogni traduttore porta il suo stile unico: “Le loro proposte sono sempre una scoperta. Ci tengo a nominarli tutti qui, in ordine alfabetico: Prisca Agustoni, Annalisa Alleva, Anna Aresi, Vishal Arora, Fabrizio Bajec, Livia Bazu, Alessandra Bertuccelli, Martha Canfield, Annalisa Carlevaro, Chiara Catapano, Emilio Coco, Francesca Corrao, Massimiliano Damaggio, Arben Dedja, Antonio Devicienti, Paolo Galvagni, Stefanie Golisch, Mia Lecomte, Michele Obit, Federico Pietrobelli, Begonya Pozo, Anna Ruchat, Stella Sacchini, Andrea Sirotti, Stevka Smitran, Eva Taylor, Jean-Charles Vegliante, Nicola Verderame”.

Per la prima volta

Della squadra, ci saranno Anna Ruchat, Annalisa Carlevaro e Mia Lecomte a presentare per la prima volta il blog al festival Poestate, in dialogo con Moira Bubola. “Il 31 maggio si parlerà di poesia, traduzione/auto-traduzione e degli spazi che ancora restano alla parola poetica per risuonare”. Consapevole delle sfide di restare a galla in un mondo che vorrebbe trasformare ogni scintilla di creatività in merce, Lecomte mantiene un cauto ottimismo sul futuro di Linguafranca. "È un po’ difficile definire ‘culturale’ il contesto in cui ci si trova a iscrivere oggi la poesia ed è per questo, d’altra parte, che è tanto necessaria. Viviamo in un’epoca che sfianca sul nascere ogni ambizione e progetto e riuscire a sopravvivere quando le risorse economiche, già scarse, vengono veicolate sempre dalle stesse logiche, diventa un’impresa eroica. Per adesso ci accontentiamo di esistere un pochino”.

E mentre il patio del Palazzo Civico si prepara ad accogliere Linguafranca, la saggezza della poetessa e scrittrice apre gli occhi su come ogni parola tradotta sia un regalo lasciato sotto l’albero della letteratura, attento a non svegliare chi ancora dorme, ignaro della magia operata nella notte.

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