L’INTERVISTA

La ‘Vivavoce’ del Ticino solidale

L’impresa sociale ‘Sostare’, diretta da Pelin Kandemir Bordoli, si racconta in una nuova rivista

La copertina della rivista
12 dicembre 2023
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“Sono uno di voi, che sta cercando il suo posto in questo mondo, come voi. Sono uno di voi, che sta seguendo il suo sogno, che sta trovando ogni giorno difficoltà, come voi. Sono uno di voi, che sta combattendo per sé stesso, che ha lasciato tante cose indietro, come voi. Sono uno di voi, che sta credendo al suo cuore, che sta scappando dalle sue debolezze, come voi”: si chiama Radwan e lavora come professionista in una struttura sanitaria. “Dal mio Paese ho portato l’educazione che ho ricevuto, per esempio rispettare sempre gli anziani e aiutarli”: lei è Kisanet e viene dall’Eritrea. Questa invece è Fatemeh, venuta in Svizzera dall’Afghanistan: “Qua abbiamo tante possibilità, io ho tante possibilità, mio figlio ha moltissime possibilità per imparare. Io nel mio Paese non ho mai avuto nessuna possibilità. Le femmine non possono studiare, non hanno il permesso di andare a scuola. Io amo studiare. Vorrei che finisse tutto questo. Tutto questo dolore”.

Nascere nella parte fortunata del pianeta, trovare chi sia disposto a credere in te, aiutandoti a diventare te stesso, ottenere un lavoro che faccia per te e che ti renda indipendente e libero: non a tutti è andata così bene. La vita non è stata gentile con chi è nato nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi: Pelin Kandemir Bordoli, una di quelle persone su cui un Paese civile può contare, ha scelto di dedicare la sua vita a rimediare a certe ingiustizie. “Sostare”, la sua impresa sociale, aiuta chi ha bisogno a trovare la propria strada. Storie di riscatto, che da oggi Sostare racconta nella rivista ‘Vivavoce’, redatta da Laura Calebasso, Joel Rodriguez e Giulia Schira.

Signora Bordoli, qual è il vostro obiettivo?

“Intendiamo coniugare un’attività nel campo della ristorazione, ossia la gestione del ristorante ‘Casa del popolo’ a Bellinzona, con la formazione per persone in situazioni di difficoltà: una serie di percorsi e programmi per fornire strumenti utili a entrare nel mondo del lavoro”.

Chi sono le persone che aiutate?

“Sono soprattutto giovani, sia stranieri rifugiati sia residenti svizzeri che per varie ragioni hanno interrotto il loro percorso di studi o non sono riusciti ad accedere a una formazione professionale. A loro offriamo la possibilità di prepararsi all’apprendistato, anche con un recupero delle competenze scolastiche, e poi il supporto nella ricerca della propria strada attraverso l’orientamento professionale. Molti di loro decidono di rimanere nella ristorazione, ma supportiamo anche quelli che scelgono campi diversi”.

Come li reclutate? Da chi vi vengono segnalati?

“Fin dall’inizio abbiamo deciso di accogliere persone con difficoltà a inserirsi. Secondo le statistiche, il gruppo più fragile è quello delle persone in assistenza: e così lavoriamo sia con i servizi cantonali dell’Ufficio del sostegno sociale all’inserimento sia con quelli della formazione professionale, che ci segnalano chi aiutare, per capire insieme quali siano i percorsi più adatti. Siccome tutte le ricerche sottolineano che un fattore di integrazione e di prevenzione della povertà è la possibilità di ricevere una formazione solida, ci siamo impegnati a proporre programmi rispondenti a questa esigenza”.

Il senso di tutto questo è dare modo di trovare un posto nel mondo a chi non ha avuto i mezzi, come dice Radwan?

“Per noi è centrale accogliere persone che in questo momento della loro vita hanno bisogno di far parte di una comunità e di sentirsi cittadini che possano coltivare le proprie speranze e i propri sogni. Il nostro compito è fornire loro strumenti concreti perché questo si realizzi. Spesso sono persone sole, giovani non accompagnati dalla famiglia con un lungo e difficile percorso di migrazione alle spalle, oppure anche residenti senza punti di riferimento. Questo importa poco: noi proviamo ad aiutare tutti”.

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