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La sensibilità frenetica di Emanuel Carnevali

Fiorentino di origine, scrisse sempre in inglese. Esce per Ares ‘Finché Dio ci vede’, antologia delle sue poesie

Amico di Ezra Pound
23 novembre 2023
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La vicenda di Emanuel Carnevali è unica e sempre coinvolgente, così come molto particolare è la sua opera poetica, che ora ci viene riproposta in una nuova scelta e traduzione, con aggiunta di inediti (col titolo ‘FInché Dio ci vede’, edizioni Ares), a cura di Daniele Gigli, studioso e traduttore di T.S.Eliot. Vissuto tra il 1897 e il 1942, Carnevali era nato a Firenze (all’anagrafe Manuel Federico Carlo) e ancora giovanissimo, a soli sedici anni, partì con il fratello da Genova, nel marzo del 1914, per arrivare a New York ai primi di aprile. Non aveva nessuna conoscenza della lingua inglese, che sarà sempre la lingua della sua opera, anche di narratore, e si arrangiò come meglio poteva, cominciando poi a scrivere e a mandare i suoi testi alle riviste, ottenendone inizialmente rifiuti, prima di essere poi preso seriamente in considerazione entrando nel mondo letterario e facendosi amico anche di autori molto importanti, come Ezra Pound, William Carlos Williams e Sherwood Anderson (e quest’ultimo si ispirerà a lui nel racconto ‘Italian poet in America’), diventando condirettore di ‘Poetry’ e ponendosi come figura di risalto dell’avanguardia imagista. Intanto, da New York si era spostato a Chicago. Ma la sua storia personale è tanto ricca di episodi speciali e di figure importanti, che sarebbe troppo complicato darne qui pienamente conto. In ogni caso l’avventura di Carnevali venne ben presto a tramutarsi in dramma, perché, vittima di una malattia nervosa, l’encefalite letargica, ritornò in Italia, visse in prevalenza tra ospedali e cliniche, continuando a scrivere in inglese e morì l’11 gennaio del 1942, a soli 44 anni, soffocato da un pezzo di pane. In vita aveva pubblicato un libro di racconti, usciti in Italia, da Fazi, solo nel 2005 con il titolo di ‘Racconti di un uomo che ha fretta’. In precedenza era uscito, postumo, il romanzo ‘Il primo dio’, apparso da Adelphi nel 1978 in un ampio volume antologico, con un saggio di Luigi Ballerini.

Si ispirava a Rimbaud

Ma veniamo alla sua poesia, ricordando, come spiega Gigli nel suo saggio introduttivo a questo importante volume delle poesie, che Carnevali si era sempre immedesimato “in Rimbaud nel suo intreccio di ribellismo esistenziale e creazione poetica”, e che le ultime poesie da lui scritte risalgono al 1931. Nei versi del nostro, nella considerevole varietà delle sue libere scelte stilistiche e formali, si manifesta sempre, nell’accavallarsi delle diverse situazioni, un inquieto e incessante rapporto diretto con reale, che vediamo fin dalle origini. Penso a un testo chiave come ‘Uno splendido luogo comune’, nella vicinanza e nel distacco rispetto alla bassa quotidianità normale; per esempio (uno tra i molti), in ‘Sua maestà il portalettere’: “Sette e mezza del mattino / e il sole mi strizza l’occhio, / mezzo nascosto dall’ultima casa della via. / Le sue lunghe dita / mettono in fuga questi omini trottanti / che corrono al lavoro a destra e a manca. / Ridendo, il sole li insegue…”. Troviamo molta città anche nel notevole fascicolo di inediti proposti da Gigli: “O strade di New York, / non siamo più dei lieti commedianti, / greci dei tempi antichi che coltivano le arti - come fiori - per le strade bianche - come giardini”. E si riaffacciano i suoi miti letterari, come Rimbaud e Laforgue. Segue poi il capitolo delle ‘Poesie italiane’ (1922/1931), è anche qui incontriamo coloriti personaggi, ed eccoci allora a un’ubriacona: “Menta, che fantasmi verdi vedi in fondo al tuo bicchiere di vino? / Non ti hanno ancora messo in fuga, vecchia Menta? / Che affanni ti restano, vecchia, / per cui il mondo dev’essere un mucchio di ceneri?” Carnevali giostra tra componimento di ampia misura, magari internamente franta, e soluzioni brevissime, in un affascinante gioco in cui l’osservazione del mondo esterno si muove a partire da una fitta carica di umori, tra scorci narrativi e sprazzi di semplice, ma personalissima, meditazione sul senso dell’esserci. Un panorama, dunque, davvero vario e affascinante, dove le insolite vicende biografiche dell’autore trovano molteplici spunti di rispecchiamento nel comporsi delle situazioni colte dalla sua sensibilità frenetica e dal suo sguardo.

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