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Il Convivio cannibale delle Fattucchiere

‘Cuore Mangiato, Guscio di Fiore’, la prima personale del duo ticinese Giada Olivotto/Marta Margnetti, fino al 26 gennaio al Kulturfolger di Zurigo

Fino al 26 gennaio
(© Sebastiano Piattini e Fattucchiere, 2023)
14 gennaio 2024
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Quando l’arte si immerge nell’intricato connubio tra convivio e cannibalismo, nasce ‘Cuore Mangiato, Guscio di Fiore’, la prima esposizione personale del dinamico duo ticinese Fattucchiere, al Kulturfolger di Zurigo fino al 26 gennaio. L’incontro tra Giada Olivotto, curatrice indipendente, co-direttrice dello spazio d’arte Sonnenstube Lugano e co-fondatrice del canale web radio ‘Canale Milva’, e Marta Margnetti, artista visiva dedita a esplorare geografie domestiche e luoghi immaginari, collettivi e liminali, ha avuto origine nel 2017 durante una convivenza a Milano. Proprio venerdì scorso, le due hanno inaugurato a Lugano il nuovo spazio culturale condiviso, di cui fanno parte assieme a Giulia Fasola e Victoria Pham, Spazio Fervida.

La collaborazione fianco a fianco e il legame tra le due artiste ticinesi è il cuore pulsante di Fattucchiere, un nome che ricorda e rivendica l’appellativo di streghe che le donne hanno portato per secoli. Il loro ultimo progetto, l’esposizione ‘Cuore Mangiato, Guscio di Fiore’, emerge dopo un anno di silenzio creativo, seguendo il tema del convivio scelto dallo spazio espositivo Kulturfolger a Zurigo.

‘Cuore Mangiato, Guscio di Fiore’ va oltre l’esplorazione del concetto di convivio, abbracciando il tema del cannibalismo con un taglio intellettuale. L’ispirazione per questa mordente esibizione nasce dal romanzo ‘À rebours’ (1884) di Huysmans, un’opera manifesto del decadentismo parigino del periodo, e diventa l’occasione per un’analisi sulle odierne dinamiche di potere. Il romanzo, noto in italiano con il titolo ‘Concorrente’, segue un uomo della borghesia, isolato in campagna, la cui magione surreale riflette i suoi sogni più assurdi. Il seme della nevrosi e psicosi germoglia in un’esperienza allucinante, con le piante che coltiva che prendono vita sotto forma di donne mostruose. Ed è proprio la rappresentazione delle donne di fine Ottocento come creature raccapriccianti che trova eco nell’esposizione di Giada Olivotto e Marta Margnetti, offrendo una prospettiva critica sulla percezione storica del femminile con un’installazione onirica che rimanda al cannibalismo occidentale nella storia.

Sfida agli stereotipi di genere

I corpi delle due artiste di Fattucchiere diventano protagonisti di un’installazione sfaccettata. Calchi gessati, seni in bronzo con peperoncini al posto dei capezzoli e abiti maschili sfidano gli stereotipi di genere, provocando il pubblico a riflettere sulla percezione del corpo e sulla lotta contro le convenzioni sociali. Questi calchi, inizialmente concepiti come ciotole da cui cibarsi, diventano una dichiarazione audace sulla consumazione dei corpi femminili: agganciati ad anelli di ferro come charms, richiamando un’estetica femminile in un ambiente in cui il magico e il lugubre coesistono. Una rappresentazione in cui l’arte diventa attivismo, e la soggettività dei corpi la chiave di volta. Le due artiste rivendicano e reinterpretano le donne dipinte come creature mostruose dagli autori del Decadentismo, trasformandole in simboli di forza e resistenza.

Ceramica, bronzo, fiori secchi e ferro sono gli strumenti della cassetta degli attrezzi delle Fattucchiere. La loro abilità nel manipolare materiali eterogenei, dall’argilla agli elementi riciclati, dimostra una versatilità e freschezza all’approccio tradizionale della scultura. Le influenze spaziano dal realismo magico di Paola Masino, la sua erede Alice Ceresa e Le Nemesiache, collettivo femminista degli anni 70, e si traducono in un omaggio, una connessione che va oltre l’estetica, abbracciando l’eredità femminista. Il rapporto con il corpo è il punto di partenza, veicolo di presenza nel mondo.

‘Cuore Mangiato, Guscio di Fiore’ è un progetto che si articola in più momenti, svelando un corpo femminile allucinato, bestiale e autonomo. Olivotto e Margnetti sottolineano che l’arte può effettivamente essere un veicolo di cambiamento e uno spazio di dibattito. La loro critica è uno sguardo in profondità sulla “società cannibale”, dove tutti i corpi sono consumati dai sistemi gerarchici in cui si trovano. L’installazione coinvolge il pubblico in questo dialogo surreale, spingendo a riflettere su una realtà che spesso preferiamo ignorare.

Con il suo convivio cannibale e la riflessione sulla percezione del corpo, ‘Cuore Mangiato, Guscio di Fiore’ si presenta come un’opportunità: ripensare il rapporto che abbiamo con il nostro corpo e quello delle persone che incontriamo. Come affermano le due artiste, "l’arte è un esercizio in cui l’immaginazione diviene più elastica e ci indica in che direzione muoverci nella vita reale”.

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