laR+ L’intervista

Mi chiamo Bussenghi e sono arrabbiato

Essere campione d’incassi non basta, Berna snobba il sequel di ‘Frontaliers Disaster’, perché ‘troppo ticinese’: tutta l’amarezza di Flavio Sala

Flavio Sala
31 ottobre 2023
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Se qualche anno fa la Svizzera avesse annesso la Lombardia, come ipotizzavano oltre Gottardo, il problema oggi nemmeno si porrebbe. E invece le difficoltà di accettazione del frontaliere Roberto Bussenghi (al secolo Flavio Sala), che ogni mattina lascia l’ipotetico paesino di Usmate Carate a bordo del suo pandino per andare a lavorare in Ticino, e le rigidità della guardia di confine Loris J. Bernasconi (al secolo Paolo Guglielmoni) rimangono attuali. “Vuoi vedere che adesso gli svizzeri ci hanno superato anche nel cinepanettone?”, scrivevano in Italia nel dicembre del 2017, quando si sparse la voce che ‘Frontaliers Disaster’, il primo lungometraggio dei Nostri, nelle sale della Svizzera italiana aveva messo in fila Star Wars e ‘Quo vado?’ di Checco Zalone. A quanto pare, quelle 30mila entrate in sala non bastano perché l’Ufficio federale della cultura apra il portafoglio e consenta di dare un degno seguito all’opera prima.

L’ultimo no (il secondo) alla sceneggiatura di Barbara Buracchio e del regista Alberto Meroni, supervisionata dai due protagonisti della storia, ha mandato il Bussenghi su tutte le furie. “Visto il successo del primo film – ci dice Flavio Sala – ci sembrava più che lecito ricevere finalmente la giusta sovvenzione, quella che danno ai film ‘veri’, anche ticinesi, per i quali vengono stanziati molti soldi, fino a un milione di franchi. Ci avrebbero fatto comodo per non girare risicati, come finora abbiamo fatto». E invece…

Perché non fate un film come ‘Pane e tulipani’?

Quelli dell’Ufficio federale della cultura pare sovvenzionino solamente sceneggiature con trame che abbiano una valenza internazionale e contestano agli autori del sequel di ‘Frontaliers Disaster’ il tema “esclusivamente ticinese”. «Appositamente per questo è stata concepita una sceneggiatura – continua Sala – che includesse oltre al Ticino e all’Italia anche la Svizzera tedesca, francese e romanda, per avvicinarci a quel “progetto globale” che sarebbe nelle loro intenzioni. Senza spoilerare troppo, ci siamo inventati una trama che comprende, come nelle barzellette, uno svizzero italiano, uno svizzero tedesco, uno francese e uno romancio». Se in occasione della presentazione della sinossi tutti non vedevano l’ora, «dopo il primo ‘no’ Alberto Meroni è andato a Berna a difendere il progetto. Ci hanno consigliato di fare un film tipo ‘Pane e tulipani’». Da cui la riflessione: «Abbiamo battuto tutti i record d’incasso di una produzione ticinese, perché la trama dei Frontaliers e il loro mondo devono essere continuamente messi in discussione? Sembra sempre che noi si stia elemosinando». Il secondo appello, nonostante la difesa in loco di Meroni, viene ancora bocciato per mancanza di internazionalità, ma per Sala la misura è colma: «Cominciamo a diventare vecchi. Per me non sarebbe un problema, per fare il Bussenghi già mi devo invecchiare, basta non disegnare più le rughe. Per il Bernasconi, invece, c’è da stare attenti: siamo già passati alla tinta sul pizzetto… ».

Serie A e serie B

In tutto questo, i fan dei Frontaliers possono dormire sonni tranquilli. «Per fortuna la Rsi non ci ha voltato le spalle, il sequel comunque si farà, perché ci teniamo, perché vogliamo bene a questo prodotto, perché Alberto ci mette l’anima, Barbara anche, io e Guglielmoni altrettanto. Ma si farà fatica: si dovranno tagliare delle scene, rinunciare a quelle nel Sud Italia, in pratica rischiamo di fare le cose risicate come sempre. È dai tempi della ‘Palmira’ che Alberto mi parla di ‘snobismo’».

Quindi, Sala, è sempre una questione di film di serie A e di serie B? «Se presenti soggetti introspettivi, psicologici, comunque parti avvantaggiato. Io non dico che non ci debba essere il cinema di denuncia, o quello che cerca di analizzare l’animo umano, ci mancherebbe altro, ma c’è una evidente disparità sul piatto della bilancia. I film sovvenzionati sono sempre quelli di una certa élite e i nomi sono sempre gli stessi» E ancora: «So che forse mi farò dei nemici dicendo così ma tanto non cambia nulla, per queste persone Io sono totalmente inesistente e non mi hanno fatto mai recitare come comparsa neanche in fondo a un’inquadratura nascosto dietro un cespuglio. L’ultima cavolata che mi sono sentito dire è stata “Ma tu sei troppo famoso non vai bene per quel ruolo”. Il film comico ha un valore diverso, l’attore comico viene immediatamente derubricato a maschera. Io per fortuna non odio la mia di maschera, anzi, il Bussenghi recita quasi meglio di me. Personalmente non gliela darò mai vinta a quelli di Berna, insisterò nel fare quel che voglio io e come voglio io, anche se a volte lo sconforto ti porta quasi a desiderare il posto in banca, che di notte magari dormi meglio».

Guardie e ladri

Frontaliers è stato finora l’unico prodotto ticinese a varcare i confini, non solo quelli lombardi. Ci sono fan club a Roma, c’è quello di Rimini. «Ci sono comici italiani che ci seguono, Aldo Giovanni e Giacomo ci conoscono, Iacchetti è un nostro fan e non vede l’ora di collaborare con noi, Amanda Sandrelli anche, il potenziale è grande. Perché dovremmo lasciare andare qualcosa che si dice vecchio solo perché non è stato minimamente sfruttato? La paura è che abbiamo stancato, ma non certo perché si è fatto tanto, piuttosto perché sono passati anni senza fare nulla».

Quanto al fatto che non si possano capire i Frontaliers se non si vive sul confine, «niente di più sbagliato, i Frontaliers sono gioco di guardie e ladri, sono la storia del piccolo vessato dal potere, nulla di più universale». Il problema principale, semmai, quello per il quale Sala sente di doversi esporre, è che la commissione che sceglie chi finanziare è composta «da persone che la cultura ticinese e la Svizzera italiana in genere nemmeno sanno cosa sia». Guardando alla composizione della commissione, in effetti, di ticinesi pare non esservi traccia. L’unico nome che produca assonanze con questo cantone è quello di Giulia De Coppi, che per Linkedin sta a “Roma, Lazio, Italia”; poco più in là di “assistente alla regia”, sulla di lei pagina si legge “Kantonschule, Wettingen, Switzerland”. «Lei era l’unica favorevole», ricorda Sala citando Meroni.

Un po’ too much?

‘Pane e tulipani’ a parte: forse l’unico modo perché Berna apra le casse sarebbe fare dei Frontaliers un drammone, con finale tragico? È domanda che a Flavio non faremo, per non infierire ma anche perché lui e Guglielmoni si sono già dati la risposta la scorsa estate, in uno sketch social che parodiava il Locarno Film Festival: (esterno giorno, il Bussenghi morente, ai piedi di un albero, e il Bernasconi che gli tiene la mano) “Non parlare, è tardi”, dice il frontaliere, “volevo dirti che anca se ta set un svisserot a to semper vorü ben e son felice di essere qui con te, Loris J. Bernasconi, adesso che è la fine di tutto”; il Bussenghi esala l’ultimo respiro, il Bernasconi grida disperato “Azzurooo, nooo” e il regista dice “Stop!”. Il Bussenghi: “Bravo Berna, stavo quasi per mettermi a piangere”. “Un po’ too much?”, chiede la guardia di confine; “No”, risponde il Frontalier, “se non facevamo così, col piffero che lo prendevano al Festival del film”.

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