BELLINZONA

Plinio Martini e quel niente che può fare contento un uomo

Alla Biblioteca cantonale un incontro sull'attualità di Plinio Martini, che suscita domande, partecipazione, contestazioni

La sala piena
(@laRegione)
26 ottobre 2023
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Ristampe, edizioni commentate, traduzioni persino in catalano, ricerche sulle partecipazioni televisive e soprattutto sale piene a ogni conferenza su Plinio Martini: segno che il sacco non è stato ancora svuotato, forse perché è un sacco senza fondo, di cui non riusciamo a stabilire con precisione le dimensioni, la capienza, il colore. Martini, conservatore che diventa socialista, marxista per sentirsi più cristiano, riformista con venature reazionarie, spaventato dal progresso, come Pasolini, e persino, visto che la patente di profeta non si nega a nessuno, un ecologista ante litteram: l'impressione è che tutte queste definizioni non bastino, e probabilmente nemmeno servano, a incasellarlo entro le rigide coordinate che appassionano gli accademici e annoiano tutti gli altri. Però è utile interrogarsi sulla sua attualità, dal momento che, come ogni classico, Martini esonda dagli angusti confini della sua valle e continua a stimolare domande. Ne sono sorte alcune durante l'incontro di oggi (26 ottobre) alla Biblioteca cantonale di Bellinzona. I giovani sono in grado di comprenderlo? Quanto ostacolano la sua comprensione le parole di un dialetto che per tutti era la lingua madre e per molti anche l'unica, e i riferimenti alle abitudini, agli attrezzi, ai mestieri, ai vestiti, agli animali di una dimensione rurale che non c`è più, con i suoi alpigiani e i suoi caprai e le case che sembravano nate spontaneamente dal suolo e gli utensili di rame e di legno e i vecchi armadi finiti nelle botteghe degli antiquari o nelle sale dei ricchi?

Il progresso come la fine di un mondo

Questioni che Martini già prefigurava, per via di quel progresso in cui non vedeva un miglioramento, un'evoluzione, uno sviluppo, ma la morte di tradizioni che nelle foto dei turisti si scolorivano in folklore, cartoline del passato, usanze pittoresche, la fine di una maniera di stare al mondo e di intendere la vita, di un sentire condiviso, di un senso di comunità che già l'urbanistica suggeriva, con le case che si guardavano l'una con l'altra per dare modo alla gente di stare insieme, di confrontarsi, di aiutarsi. Il tuo problema sarà anche il mio finché non lo avremo risolto: era la strategia di sopravvivenza con cui nei piccoli centri del Ticino rurale si fronteggiavano la povertà, la mancanza di servizi, gli spopolamenti e le solitudini provocate dall'emigrazione, che costringeva le donne, in assenza degli uomini partiti per lavorare, a sobbarcarsi i compiti più duri. C‘è tutto questo nelle pagine di Plinio Martini e nei commoventi filmati in bianco e nero, che ne testimoniano, per esempio, il disagio di fronte all'invasione dei borghesi dalle città, per installarsi nel fine settimana nelle vecchie abitazioni ristrutturate e ammodernate. Una visione nostalgica ma anche critica, che alcuni relatori vorrebbero contrapporre a quella, che si presume idilliaca, spirituale e in fondo inautentica, di Giuseppe Zoppi. Antitesi che il pubblico civilmente rifiuta, negando che Zoppi abbia ridotto drammi, miserie e amarezze in cartoline. E non c’è probabilmente migliore dimostrazione dell'attualità di Martini, di questa voglia degli spettatori di opporre all'autorevolezza degli studiosi la sincerità delle loro impressioni e la verità della loro vita.

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