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Shirin Ebadi: ‘E se dovessi rinascere, rifarei le stesse cose’

A colloquio con l’avvocata dissidente iraniana e Nobel per la pace, ospite della 17esima ChiassoLetteraria. ‘La scrittura per me significa essere vivi’.

Shirin Ebadi a Chiasso
(© Marta Panzeri)
12 maggio 2023
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«Non ho mai provato rimpianto per le decisioni prese. Mai. E se dovessi rinascere un’altra volta, rifarei esattamente le stesse cose che ho fatto in questa vita. Perché credo nello scopo che persegue tutto il mio percorso, che è comune a quello di tanti altri dissidenti. Inoltre, credere in Dio mi dà forza e fiducia». Nonostante la sua storia intensa, dolorosa e fatta di sradicamento, Shirin Ebadi crede fortemente nella sua scelta di vita.

L’occasione (e l’onore) di poter conversare con la Premio Nobel per la pace del 2003 è data dalla 17esima edizione – ‘L’ultimo spenga la luce’ – di ChiassoLetteraria (dedicata alla dissidenza) inaugurata questa sera con l’incontro che ha fatto il pienone ‘Mi hanno preso tutto, ma mi è rimasta la voce!’, di cui è stata protagonista Ebadi, accompagnata dalla interprete dal persiano Esmat Mousazadeh Mohammadi.

L’appuntamento con la stampa si è svolto invece nella tarda mattinata, sempre oggi, nello Spazio Officina di Chiasso, cui è seguita l’opportunità di una conversazione faccia a faccia con l’avvocata pacifista, nonché attivista per i diritti umani e scrittrice; sempre accompagnata dalla traduzione di Mohammadi.

Impegno e attivismo

Impossibile prescindere dalla parentesi biografica per presentare, seppur brevemente, la mia interlocutrice nata il 21 giugno 1947 a Hamadan (nel nordovest del Paese), ritenuta la città iraniana più antica. Shirin Ebadi non cresce là, ma a Teheran, dove la famiglia si trasferisce l’anno dopo la sua nascita. Facciamo un grande salto: negli anni Sessanta, studia giurisprudenza all’Università della capitale e, una volta laureatasi, affronta gli esami per diventare magistrata. Shirin diventa così la prima donna presidente del tribunale della città di Teheran, nel 1975. Tuttavia, dopo aver prestato servizio per alcuni anni, a causa della rivoluzione islamica del 1979 è costretta a dimettersi e subisce il divieto di praticare. Segue un periodo in cui la sua attività è soprattutto concentrata sulla scrittura di libri e articoli. Nel 1993, le è concesso di poter praticare di nuovo la sua professione: riaperto lo studio, Ebadi lavora difendendo gratuitamente le persone dissidenti, perseguitate e torturate dal regime, ma questo la condanna alla detenzione, subendo poi innumerevoli minacce dagli emissari del governo. Fuori dalle aule di tribunale, l’attivista fonda importanti associazioni umanitarie, fra cui l’Associazione per il sostegno ai diritti dei bambini (nel 1995) e il Centro di difesa dei diritti umani (nel 2001).

‘Un pezzo di sé’

Del 10 dicembre 2003 è il Premio Nobel per la pace ricevuto “per il suo impegno significativo e pionieristico per la democrazia e i diritti umani, in particolare per i diritti delle donne, dei bambini e dei rifugiati”. È stata la prima persona del suo Paese e donna a ricevere il Nobel. Sei anni più tardi, mentre Shirin Ebadi si trova a Londra in autoesilio perché pendente contro di lei un mandato d’arresto, la polizia di Teheran irrompe in casa sua, picchiando e torturando il marito e la sorella, nonché sequestrandole il premio svedese. Tuttora minacciata, l’avvocata vive sempre in esilio in una località sconosciuta e, nonostante i pericoli per la sua incolumità, continua a battersi per l’uguaglianza di genere e i diritti umani, che in molte parti del mondo vengono costantemente calpestati.

Lo si menzionava qualche riga più su, oltre all’avvocatura e all’attivismo, Ebadi è autrice di diverse pubblicazioni. Si segnalano qui quelle tradotte in italiano: ‘Il mio Iran. Una vita di rivoluzione e speranza’ (2006), ‘La gabbia d’oro. Tre fratelli nell’incubo della rivoluzione iraniana’ (2008) e ‘Finché non saremo liberi. Iran, la mia lotta per i diritti umani’ (2016). «La scrittura per me significa essere vivi. E poi, quando una persona scrive un libro, lascia un pezzo di sé in quelle pagine. È come far nascere un bambino ed è una traccia che rimane».


Keystone
Nel 2003, quando ha ricevuto il Nobel per la pace

Perdita delle libertà

L’Iran è un Paese antichissimo, di grande cultura e ricco di materie prime (come petrolio e gas) – ha contestualizzato nella prima parte dell’incontro Ebadi –, in cui le donne hanno sempre lottato per i propri diritti e le loro libertà; basti pensare che il diritto di voto e di essere elette risale a poco meno di una decina di anni prima del voto femminile in Svizzera. La società iraniana era aperta e democratica, ma è piombata repentinamente nel buio con la rivoluzione islamica del 1979 – per un’infarinatura “veloce” sul contesto di quegli anni ricordo con piacere e interesse il fumetto di Marjane Satrapi, ‘Persepolis’ – che di colpo ha cancellato i diritti in particolare delle donne, con il varo di leggi discriminanti. «La copertura del capo col velo, la difficoltà di divorziare… inoltre, a livello legale, la vita delle donne vale la metà di quella di un uomo (si pensi ai risarcimenti). Leggi per cui le donne hanno protestato fin dal primo giorno di regime».

Un fiammifero nella benzina

Facciamo un altro salto temporale, arrivando al presente. Il 16 settembre 2022, la giovane curda Mahsa Amini è uccisa per strada dalle guardie della polizia religiosa, perché “colpevole” di indossare inappropriatamente il velo. «Quell’evento è stato come gettare un fiammifero in un lago di benzina» tanto ha scosso la popolazione, che ha iniziato una «rivoluzione al grido di ‘donna, vita, libertà’». Slogan che, ha chiarito la mia interlocutrice, ha due importanti significati: da un lato il disconoscimento del regime religioso e, dall’altro, la volontà di instaurare un sistema democratico e secolare. Contestazioni (arrivate in vari Paesi del mondo) che hanno avuto, e tutt’ora hanno, ripercussioni drammatiche, come l’incarcerazione, la tortura e la morte. «In Iran, la protesta si è diversificata e ora scendono in piazza gli operai, i pensionati, i docenti che manifestano per migliori condizioni di vita».


Keystone
Proteste per la morte di Mahsa Amini, a settembre 2022

Soprattutto, ha evidenziato, a scendere per strada sono le ragazze, nonostante i pericoli, nonostante le avvelenino col gas e vengano schiacciate da una repressione brutale; il loro movimento ha nel rifiuto dell’hijab un simbolo molto forte: «Il velo che sono costrette a portare, ricorda loro che sono la parte debole della società. E questo alle donne non piace». A detta dell’avvocata, la dissidenza delle donne è centrale nella lotta per la democrazia, anche perché fra loro ci sono «madri, coloro che educano le generazioni future. Perciò fanno così paura al regime». Guardando ancora al movimento ‘Donna, vita, libertà’, Ebadi ha confessato che non può non ammirare le sue connazionali: «Sono orgogliosa quando vedo le iraniane combattere in questo modo. Il regime le arresta e le uccide; lo fa per spaventarle affinché smettano di protestare per strada. Ma loro non si spaventano».

Non si può non accennare, infine, alle conseguenze dell’attivismo che colpiscono anche intellettuali e persone della cultura che, come Shirin Ebadi, sono minacciati (Masih Alinejad, giornalista esiliata in Inghilterra) e incarcerati (il regista Jafar Panahi, scarcerato a febbraio di quest’anno, dopo l’ennesimo arresto; l’attrice Taraneh Alidoosti, liberata lo scorso gennaio).

«Nel mondo, ogni cosa ha il suo prezzo, anche la democrazia e la libertà. C’è chi ha deciso di pagare quel prezzo anche con la propria vita, perché è in gioco il futuro. E questo, al regime, fa pure paura», ha chiosato.

Di sabato

Il programma di domani, sabato 13 maggio, è nutrito. Rimandando al sito della manifestazione letteraria, segnaliamo una manciata di appuntamenti, a cominciare da ‘Le grandi dimissioni’, dialogo tra Francesca Coin e Christian Marazzi’ (Sala Diego Chiesa, alle 13.30), quindi ‘I cocci di Ceausescu o quando la letteratura svizzera sa farsi sferzante’ con Eugène e Isabelle Flükiger (Spazio Officina, 16.15) e infine ‘Alfabeto delle emozioni’ di e con Stefano Massini (Cinema Teatro alle 20.30).

È possibile seguire gli incontri in streaming (o andare a rivederli) sul canale YouTube dedicato, informazioni sul programma completo sono reperibili su www.chiassoletteraria.ch.


© Omar Cartulano
Con la consigliera di Stato Marina Carobbio Guscetti

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