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La nota del cuore

La poesia va riletta. Se alla rilettura le parole lievitano, vuol dire che la poesia è buona. Come in ‘Celestecielo’, di Piergiorgio Morgantini

Piergiorgio Morgantini
19 aprile 2023
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Se c'è qualcosa di buono in un libro di poesie, lo senti: un piccolo brivido ti corre nella mente. Come quando vedi un fiore selvatico in un prato e ti vien da sorridere. Del libro non è necessario che ti piaccia tutto quello che leggi. Certe pagine possono lasciarti perplesso. Poi, però, trovi un testo che ti tocca. Lo rileggi e le parole lievitano. La poesia va riletta. Se alla rilettura le parole lievitano, vuol dire che la poesia è buona.

Quando ho ricevuto il nuovo libro di Piergiorgio Morgantini, "Celestecielo", mi è subito piaciuto il biglietto accompagnatorio: l'amico mi donava un libro "con dentro il colore dei fiori della cicoria che tenace rispunta nell'orto". Dunque: poesia come organismo vegetale e come stretta di mano. E subito il pensiero è andato a un episodio recente che conservo nella memoria.

Ero andato a trovare Piergiorgio nella sua casa di Verscio, in quelle terre di Pedemonte che mi sono care perché le ho scoperte da studente alla Magistrale, negli anni dell'adolescenza quando si scopre il mondo. Nel corso di una breve passeggiata entriamo nella parrocchiale, dove un grande Cristo minaccioso ci tiene d'occhio sopra l'altare; quando d'improvviso, dai banchi davanti, si levano in volo due voci angeliche: due ragazze che cantano, le voci s'intrecciano come steli. Una cosa inattesa: una canzone d'amore, Les feuilles mortes, punto di riferimento per quelli della mia generazione, che si sono formati sulla canzone francese. Quelle voci delicatamente armonizzate ci facevano rimanere impalati, nel mezzo della navata di quella chiesa di paese, come davanti a un palcoscenico.

Qualcosa di simile accade quando leggiamo una bella poesia. La sorpresa. Ora, nel nuovo libro di Piergiorgio accade talvolta che il testo ci sorprenda: l'accostamento delle immagini, le accensioni, le allusioni. Come nel componimento "Amore come una fede", dove il "Quando" dell'incipit crea un'attesa che viene riproposta altre due volte, come un tema musicale. O in "Nel groviglio del buio", dove due ragazzi "si stringono nella notte/ come un unico stelo" (e il pensiero va alle due ragazze francesi che cantavano in chiesa, intrecciando le voci). O in "L'alba e la sera sono il nostro sorriso"(titolo eluardiano: Paul Éluard, amato anche da me in gioventù, ha il potere di ringiovanirmi), dove il poeta di Verscio mette in scena un ricordo d'amore.

Mi sembra che sia l'amore, la Musa che ispira più felicemente Piergiorgio; insieme al ricordo del figlio Mattia "volato via a 30 anni", tragicamente. "Ogni mese d'aprile lo ricordo con una poesia, come il poeta russo Josif Brodskij ha scritto ogni anno una poesia dedicata al Natale. Il mio è una specie di Natale all'incontrario", commenta in nota il nostro.

Piergiorgio ama specialmente la poesia, e la canzone, del Novecento. Piacciono, in questo libro, le immagini riferite al mondo vegetale e animale, il bestiario domestico (gallina, merlo, passero, topo...), la musica discreta, talvolta intensa, nella quale sono immerse le immagini. E a me piace in modo particolare l'affidarsi, fuori moda, alla "nota del cuore".

Sempre la poesia può lenire il dolore di un'assenza. Può assumere funzione terapeutica, riempire un vuoto, guarire da delusioni e ferite della vita. Sommersi dal mare dell'utilitarismo, il poeta ci dà una mano, ci salva dal naufragio, può trasformare il dolore in scoglio di resilienza.

Un tema che mi affratella Piergiorgio sono i ricordi dell'infanzia e adolescenza chiassesi, in testi come "Sull'impronta di conchiglia fossile", o "Dal bianco dell'inverno": qui è un'altra Musa a ispirarlo, Mnemosine.

Fra i numerosi poeti citati nel libro scelgo il grande polacco Czeslaw Milosz. Per l'occasione, sono andato a rileggere i suoi frammenti, aforismi, aneddoti, saggi brevi contenuti nel Cagnolino lungo la strada, e invito il lettore a riflettere su questo frammento, particolarmente significativo:

"La poetessa Jean Valentine ebbe a dire in un'intervista: "Certo che la poesia è preghiera. E a che altro potremmo rivolgerci?". Una parte di me vorrebbe assentire, ma non so se è così semplice. La poesia, in effetti, sembra possedere un'essenza extramondana: sia nelle tradizionali culture orali, sia nella nostra, gli uomini confidano nella poesia volendo trasmettere verità altrimenti inaccessibili sulle questioni della vita e della morte. In America oggigiorno la poesia offre a molti – poeti compresi – quel conforto che non trovano più nella religione tradizionale."

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