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La tensione verso l’infinito del testardo Anton Bruckner

A colloquio col Maestro Francesco Angelico, che dirigerà l’Ottava sinfonia del compositore austriaco con l’Orchestra sinfonica del Conservatorio di Lugano

Lunedì sera al Lac la composizione dedicata a Francesco Giuseppe
4 febbraio 2023
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Due partiture in mano, bacchetta d’ordinanza e un sorriso stanco ma felice accompagnato da un passo comunque spedito dopo un’intera mattinata di prove. Arriva così, nel camerino dove lo aspettiamo, Francesco Angelico, 46enne Generalmusikdirektor dello Hessisches Staatstheater di Kassel, che lunedì 6 febbraio alle 20.30 sarà sul podio del Lac di Lugano a dirigere l’Ottava sinfonia di Anton Bruckner (dedicata all’imperatore Francesco Giuseppe) eseguita dall’Orchestra sinfonica del Conservatorio della Svizzera italiana nell’ambito del Festival del Csi (biglietti acquistabili direttamente alle casse del Lac o su www.luganolac.ch).

Maestro, com’è lavorare assieme a giovani che si mettono alla prova con un monumento come l’Ottava di Bruckner?

Davvero interessante. Vengo da una tournée piuttosto lunga con la Bundesjugendorchester, composta da ragazzi di un’età dai 14 ai 19 anni, con la quale abbiamo fatto Dallapiccola e l’Undicesima sinfonia di Šostakovič. Musica che sembrerebbe non appartenere a quella generazione, e invece ho trovato una comprensione veramente toccante, dovuta probabilmente all’istinto ancora intatto dei ragazzi. Con l’Orchestra del Conservatorio qui a Lugano ho la stessa sensazione, ma i ragazzi sono più grandi, già dentro un sistema di formazione, faticoso e competitivo. Si percepisce. È bello suonare Bruckner con loro, hanno un suono puro, cristallino. Si tratta di una musica molto difficile da eseguire, e dal punto di vista formativo è importante riuscire a suonare ogni nota così come l’ha scritta Bruckner ma senza perdere il tempo armonico della sinfonia. Il primo giorno è stato un po’ di… impatto, diciamo (sorride, ndr.) oggi invece hanno provato già con molta consapevolezza in più. Devono capire quanto mettersi in gioco, quanto proporre. Spesso non li aiuto tecnicamente, di proposito, per farli emergere: è bello quando l’orchestra è attiva, e contribuisce senza comunque fraintendere il gesto del direttore.

È formativo per gli studenti ma anche per lei, quindi.

Certamente. Imparo tantissimo da loro, anche da un punto di vista personale: è come fare le analisi del sangue dal dottore, è un controllo su quanto io sono ancora legato alla musica, sul mio approccio, sul quanto siano ancora vive la curiosità e l’onestà con cui mi dedico alla musica. A volte i ragazzi hanno bisogno di un altro atteggiamento rispetto a quello di un’orchestra professionale, e mi mette in gioco, mi stimola e mi diverte. La componente umana è sempre importante, ma coi ragazzi lo è ancora di più e può costruirsi insieme, dialogando. Spero che per loro sia altrettanto interessante e fruttuoso per il loro futuro.

Come mai avete scelto di eseguire proprio l’Ottava? Bruckner ha un repertorio ricchissmo.

Quando abbiamo cominciato a rifletterci, il Maestro Francesco Bossaglia mi ha detto che il repertorio dell’Ottocento tedesco e austriaco non viene eseguito spesso qui, e poteva essere interessante approcciare una sinfonia del genere. E non dobbiamo mai dimenticare che, certo, c’è un concerto in un teatro come il Lac, ma è un percorso innanzitutto di formazione, deve avere uno scopo didattico. Pensavamo, all’inizio, di fare la Quarta di Bruckner ma non riuscivamo a trovare qualcosa che potesse funzionare insieme, dal momento che non riempie da sola un programma. La scelta è caduta sull’Ottava, che copre circa ottanta minuti e coinvolge più studenti possibili per via dell’organico allargato che richiede. Ci sono le tube wagneriane, le arpe… è interessante anche per i ragazzi approcciarsi a questa forma, a questa ampiezza.

Lei che rapporto ha con Bruckner?

Ho sempre amato molto Bruckner e l’incredibile testardaggine che aveva quest’uomo, quasi disperata. Nonostante Vienna fosse un inferno per lui, avesse tutti contro, le sue sinfonie venissero fischiate, non venisse accettato come professore al Conservatorio lui ha continuato a scrivere sempre, sempre. È commovente questa fiducia nella musica, nell’atto creativo, questo credere non tanto nel prodotto finale, ma nell’atto della creazione. La Quinta sinfonia non l’ha mai sentita, ed è uno dei suoi capolavori. Gli avevano massacrato la Terza e già stava scrivendo la Quarta. Riusciva sempre a trovare e coltivare quella fiamma che non si spegne mai.

E dal punto di vista musicale? Celebre era il suo ‘duello’ con Brahms.

La radicalità di Bruckner nella gestione del tempo mi sembra di grandissima attualità, nella sua inattualità. In un mondo in cui si corre all’inverosimile, dove tutto deve essere veloce e pronto subito, lui ci mette un secolo per finire una modulazione da Do maggiore a Sol maggiore. Ciò che storicizza e rende un compositore un genio è questo: Bruckner usa metodi assolutamente arcaici, procedimenti barocchi se non anche fiamminghi, un’orchestrazione asciutta senza complessità straussiane o wagneriane, funzionale alla sua armonia. Usa la sinfonia, ma ci mette un terzo tema, inverte lo Scherzo e l’Adagio, amplia le forme, le riprese non sono mai col primo tema ma con la sua coda. Ha creato molte novità. Brahms, ad esempio, non è andato molto al di là dell’orchestra della Quinta di Beethoven. Eppure, sempre Brahms, con gli stessi mezzi, ha dato un impulso alla forma della sinfonia che rimane. È interessante vedere come questi contemporanei abbiano usato le forme classiche in modi così diversi, procedendo per strade a volte incompatibili, ma che avevano appunto la necessità della ricerca, del trovare il nuovo.

Tornando all’Ottava sinfonia che dirigerà lunedì, che significato ha per lei al di là della stretta analisi musicale?

Con l’Ottava ho un rapporto particolare. Ho diretto diverse sinfonie di Bruckner, e questa è la prima volta che riesco a dirigerla. È stata sempre la sua sinfonia a me più cara, a cui mi sento più legato. È anche casualmente capitata in momenti importanti della mia vita, ad esempio anche recentemente il giorno in cui ho saputo della morte del Maestro Carlo Ciceri stavo ascoltando e studiando l’Ottava. È presente in momenti significativi e anche dolorosi della mia vita. Sono veramente emozionato nel dirigerla.

Anche perché nell’Ottava, come in molte composizioni di Bruckner, ci si immerge nella pura spiritualità.

Sì, parlando di Bruckner non si può prescindere dalla sua spiritualità. Nella sua musica mi ha sempre colpito tanto la tensione verso l’infinito, lo spazio fortissimo dell’aldilà: mi commuove e mi coinvolge molto, in un tempo dove la spiritualità non è molto presente. Ho sempre considerato che lui e Gustav Mahler fossero due poli opposti, spesso si mettono in parallelo ma per me è un errore. Bruckner e Mahler avevano come obiettivo l’uomo, nella sua presenza e vita rispetto a Dio e al destino. Mahler a questa ascesi ci arriva con mezzi ‘sporchi’, terrestri, grotteschi, a volte triviali. Bruckner è come se ci arrivasse da sopra, da ancora più in alto.

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