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Beltrade, solo cinema

A nord di Piazzale Loreto, sede della sfida di Monica Naldi e Paola Corti, formatesi nell’alveo dell’arte e del cinema

All’entrata
7 gennaio 2023
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Parto da piazzale Abbiategrasso dopo avere salutato l’amico Renato, insieme andiamo in una pizzeria di via Pezzotti, parliamo, ricordiamo. Atteso a Cologno Centro, Cineteatro ‘Peppino Impastato’, la M2 passa da Cimiano dove le carrozze ritrovano il giorno. Durante gli anni universitari mi piaceva attraversare le periferie, un nugolo di palazzi alti e per contro case basse ancora abitate dagli operai. La metropolitana è un viavai di persone, ogni fermata ha la sua storia, le appartenenze, le solitudini. Incroci, bilanci di una vita. "Le linee del metrò, infatti, come quelle della mano si incrociano; non solo sulla mappa ove si spiega e si ordina l’intreccio dei loro percorsi multicolori, ma nella vita e nella testa di ciascuno". Così Marc Augé nei suoi itinerari sotterranei, a Parigi.

Cologno, Rho, Milano

Il Beltrade, via Oxilia, si trova nel quartiere chiamato NoLo, a nord di piazzale Loreto, una stradina laterale poco distante dalla fermata del metrò, linea rossa. La sala parrocchiale esiste da decenni, ma più recentemente è stata ripresa da Monica Naldi e Paola Corti, formatesi nell’alveo dell’arte e del cinema, capaci di sviluppare un progetto culturale unico nella città. Se questa del Beltrade è un’esperienza distintiva, detto che Paola già a diciott’anni faceva le arene estive spostandosi con un furgoncino, dobbiamo tornare un po’ indietro.

Trovo Monica alla cassa. Il mondo cinema, per voi? «Dopo il cinema all’aperto, Paola arriva a occuparsi di programmazione; era la sala cinematografica gestita da una cooperativa. In seguito, crea una piccola snc, ‘Barz and Hippo’, insieme ad altri soci che man mano lasciano. Nel 2011 sono entrata io e siamo rimaste noi due». Cologno? «Il Comune ha deciso di aprire una sala nella palestra della scuola media, poi costruiscono il Palazzetto dello Sport, diventato anche palestra della scuola trasformandola in cinema, questo intorno al ’97. ‘Barz and Hippo’ aveva già un rapporto di collaborazione con il Comune e ne ottiene la gestione. Il cinema è cresciuto nel tempo, poi hanno costruito le sale multiplex a Pioltello, Vimercate, Sesto, per cui c’è stato un momento di calo. Abbiamo fatto vincere al Comune dei bandi della ‘Fondazione Cariplo’ che hanno permesso di lavorare molto con scuole e associazioni locali. Ci siamo abbastanza ripresi, ma questo terreno porta a rimanere con i piedi per terra se pensiamo all’escalation del Beltrade a partire dal 2012». E Rho? «Nel 2003 è arrivato l’auditorium, uno spazio comunale, considera che là c’era una tradizione cinematografica di rilievo, un’identità culturale forte, anche sul piano urbanistico avendo un piccolo centro. Negli anni 70 e 80 c’erano sette sale».

Mentre parliamo, in proiezione ‘Le otto montagne’, tratto dal romanzo di Paolo Cognetti. Sulla strada il clima delle festività attutisce i rumori. «Paola, è brava nel fare programmazione partendo dalle dinamiche territoriali, il cambiamento del pubblico. Io, sognavo di fare la regista studiando al Dams, ma non ho potuto farlo. Mi sono diplomata alla Civica, ho fatto altre cose in ambito artistico fino a quando ci siamo conosciute. Presentavo i cineforum e gli amori giovanili erano l’Obraz, il De Amicis». Via Oxilia, l’escalation di cui parlavi. «Dopo un bando che ha avuto esito positivo, ci siamo occupate della gestione della sala, entrando un po’ per caso. Subito, ci è apparso chiaro che volevamo approfittare di questa realtà, duecento posti con un atrio, in un certo senso perfetta. Buon impianto audio, video, un tecnico che ha sempre curato la strumentazione; ed è rossa, per noi importante, il colore del cinema con il sipario che si apre e si chiude. L’abbiamo resa quello che già era, migliorandola, un cinema vecchio stile. Paola dice, come la gente che andava al cinema. Abbiamo introdotto le prevendite raccogliendo la proposta di un’amica, ma fino a poco tempo fa non potevi preacquistare il biglietto, pagare con la carta di credito. Si può prenotare via e-mail e rispondiamo a uno a uno. Un’atmosfera familiare, senza filtri».

Il cinema, rito collettivo. «Se vieni stai con noi, condividi con gli altri la tua passione; luci spente fino agli ultimi titoli di coda, niente segnalazioni troppo luminose e pubblicità. Solo cinema, questo». L’accoglienza? «Alla cassa le persone che accolgono devono essere appassionate, occupandosi un po’ di tutto. E saper dire qualcosa sui film, con partecipazione». Il luogo, ha contato molto. «Era la prima volta che avevamo una sala a Milano, era bella. Fuori, all’entrata, siamo intervenute solo per renderla più visibile. Una zona periferica che non si chiamava ancora NoLo e ci piaceva essere fuori dal centro, patria del cinema che si stava desertificando. Una sfida. All’inizio ci dicevano che non sarebbe venuto nessuno, ma noi ci credevamo puntando su una programmazione alternativa, di qualità».

Il progetto, le scelte

Paola e Monica creano una loro impronta, scelte chiare, mirate. «Abbiamo intensificato la programmazione, aperti tutti i giorni della settimana, aumentando gli orari. Cercando film che non passavano nelle altre sale; in quel momento l’avvento del digitale portava alla nascita di piccole case di distribuzione. Un po’ con pochi registi auto-distribuiti, tipo ‘La leggenda di Kaspar Hauser’, un po’ con piccole produzioni come ad esempio ‘Arrugas’, ecco i primi consensi. Film nuovi, l’idea di multiprogrammazione». Tenere il film più giorni. «Questi produttori erano d’accordo, perché no? Così arriviamo a sei, sette film al giorno, strategia che ha portato a un incremento del pubblico, quasi un piccolo festival». Il vostro, uno sguardo anche all’Europa. «Sì. Nello scardinare i modelli, aggirare le strettoie, le imposizioni delle case di produzione, andando su un’altra fetta di mercato; dall’inizio proiettiamo i film solo in versione originale, un forte richiamo per un pubblico piccolo, non piccolissimo. Solido. Un insieme di cose, l’originalità delle proposte, lo stile di accoglienza. Facciamo anche delle lunghe maratone, come a Capodanno, e curiamo delle retrospettive dedicate ad autori significativi».

Uscendo è ancora giorno. Penso al bel film di Marco Tullio Giordana, ‘I cento passi’, dedicato alla figura di Peppino Impastato, giornalista, militante di sinistra ucciso da Cosa Nostra. E, d’istinto, davanti agli occhi le ultime immagini del film. Il dolore della madre, le bandiere rosse, il corteo, i pugni alzati; ‘A Whiter Shade of Pale’, cantano adesso i Procol Harum. Questo, la mia generazione.

 

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