Letteratura

Addio allo scrittore francese Christian Bobin

Le sue opere, tradotte in numerose lingue, annullano i confini tra prosa e poesia, narrazione e contemplazione

1951-2022
(Vermeer&Velazquez/Wikipedia)
25 novembre 2022
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Christian Bobin, scrittore e poeta francese, è morto all’età di 71 anni. Lo ha annunciato la casa editrice Gallimard sui suoi social network. Nato a Le Creusot nel 1951, e lì vissuto indifferente alla fama che pure ha rincorso, Bobin è uno degli scrittori più importanti e conosciuti della letteratura francese contemporanea. Vincitore del premio Prix des Deux Magots nel 1993 e del premio Prix de l’Académie Française nel 2016, le sue opere, tradotte in numerose lingue, annullano i confini tra prosa e poesia, narrazione e contemplazione. In Italia, AnimaMundi sta raccogliendo e traducendo la sua opera da diversi anni. Ha pubblicato finora: ‘Autoritratto al radiatore’ (2012), ‘Folli i miei passi’ (in coedizione con Socrates 2012), ‘Sovranità del vuoto’ (2014), ‘Consumazione - un temporale’ (in coedizione con Servitium, 2014), ‘Mozart e la pioggia’ (2015), ‘L’uomo del disastro’ (2015), ‘La vita e nient’altro’ (2015), ‘Resuscitare’ (2015), ‘Più viva che mai’ (2017), ‘La vita grande’ (2017), ‘L’insperata’ (2018), ‘La presenza pura’ (2019), ‘Abitare poeticamente il mondo’ (2019), ‘Lettere d’oro’ (2021), ‘Illumina ciò che ami senza toccarne l’ombra’ (2022).

Proprio dal 28 novembre, AnimaMundi Edizioni ripropone un testo importante di Christian Bobin: ‘Mille candele danzanti’. Il libro, pubblicato in Italia per la prima volta nel 2008, viene ora ripreso con l‘introduzione di Eugenio Borgna. ‘’Immagini folgoranti e inattese scorrono lungo le pagine del libro nelle quali sogno e realtà si confondono l’uno nell’altra. La fatica delle nostre giornate, il dolore dell’anima e del corpo, si interrompono e si cancellano, rinascono e germogliano, in sequenze febbrili e vertiginose, sulla scia di una vita riscoperta nei suoi enigmi e nel suo insondabile mistero’’, dall’introduzione di Eugenio Borgna. Scriveva Bobin: "È difficile passare dall’inutile, la lettura, all’utile, la menzogna. All’uscita da un grande libro conoscete sempre quel sottile malessere, quel periodo di fastidio. Come se si potesse leggervi dentro. Come se il libro amato vi desse un viso trasparente, indecente: non si va per la strada con un viso così nudo, con quel viso denudato di felicità. Bisogna aspettare un po’. Bisogna aspettare che la polvere delle parole si sparpagli nel giorno. […] A cosa serve leggere. A niente o quasi. È come amare, come suonare. È come pregare. I libri sono dei rosari d’inchiostro nero, ciascun grano dei quali ti scorre tra le dita, parola dopo parola".

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