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Il gioco delle crisi di Paolo Giordano

Partendo dal romanzo ‘Tasmania’ appena pubblicato, lo scrittore discuterà venerdì sera alla Biblioteca cantonale di Lugano di intelligenza artificiale

Venerdì 18 novembre a Lugano
(Moebius)
17 novembre 2022
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L’appuntamento telefonico è faticosamente incastrato tra i vari appuntamenti di un premio Strega con un romanzo appena pubblicato. «Sono giorni intensi» ci spiega Paolo Giordano per giustificare i pochi minuti di ritardo sull’orario concordato, subito aggiungendo che comunque «è una bella notizia». Non c’è bisogno di aggiungere perché, di nominare quella pandemia che, tra le tante cose, ha sospeso il tempo di presentazioni e incontri. A quella pandemia Giordano ha dedicato un saggio, ‘Dentro il contagio’, ed è proprio questo saggio a innescare la sua duplice presenza a Lugano di questi giorni: di persona, domani alle 18 alla Biblioteca cantonale per discutere di intelligenza artificiale nell’ambito del Premio Möbius – con lui Andrea Rizzoli, direttore dell’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale USI-SUPSI –, e virtuale con il filmato dell’incontro con la direttrice del CERN Fabiola Gianotti disponibile, nell’ambito del ciclo La luce dell’ombra, sul sito del Lac (www.luganolac.ch) fino al prossimo 10 marzo.

La prima domanda riguarda però ‘Tasmania’, il romanzo uscito nelle scorse settimane per Einaudi. L’io narrante è P.G., un fisico diventato scrittore e giornalista, ma siamo nel campo di quella che viene chiamata ‘auto-fiction’ che mescola finzione e realtà. Al di là di poco sensate speculazioni su cosa è vero e cosa no dei particolari di vita narrati da Giordano, è interessante notare che il racconto si svolge tutto prima della pandemia. Tuttavia siamo chiamati a leggere quelle pagine partendo dalla pandemia; iniziamo quindi proprio da questa presenza-assenza. ‘Tasmania’ è un caso di "letteratura post-pandemica"? «Sicuramente è un tentativo di fare i conti letterariamente con la pandemia» risponde Giordano. Il libro, come accennato, si interrompe appena prima e ha una coda in un momento in cui la pandemia si era normalizzata, «un’assenza che denuncia quanto il peso sia tutto in quella specie di buco nero: il libro non esisterebbe in questa sua forma senza quei due anni e personalmente senza il lavoro saggistico e giornalistico che ho fatto in quei due anni».‘Tasmania’, aggiunge, «è un libro che racconta il sentimento della pandemia ma senza parlare della pandemia perché per quello è ancora presto; o almeno per me è ancora presto».

Non si parla (esplicitamente) di pandemia, ma in ‘Tasmania’ abbiamo altre crisi, prima fra tutte quella climatica ma anche il sessismo che permea tutta la società, inclusa la scienza. A mostrarlo è, oltre ad alcune disavventure del protagonista P.G., uno dei personaggi più interessanti del libro, il fisico Novelli. «È quasi un gioco che va preso sul serio ma fino a un certo punto» spiega Giordano: «Si scherza con questa idea delle crisi continue che si sommano l’una all’altra e si fa quasi un catalogo, di queste trasformazioni», incluso il movimento #MeToo con tutto quello che ha significato. Un catalogo, aggiunge, che è da pensare un po’ come «un’esclamazione divertita, per quanto si possa essere divertiti in tempi di minacce simili, ma non è un libro che cerca di mimare l’angoscia anzi,: cerca di andare oltre il sentimento inarticolato di angoscia».

In un saggio di qualche anno fa, ‘La grande cecità’, lo scrittore indiano Amitav Ghosh ha sostenuto che la letteratura occidentale sia incapace di raccontare la crisi climatica. «Da quando è stato pubblico c’è stata un’enorme produzione di narrativa legata ai cambiamenti climatici, tanto che la ‘climate fiction’ è adesso un vero e proprio filone». Tuttavia, prosegue Giordano, «per quanto riguarda un certo tipo di letteratura, quella di impianto più psicologico, borghese, naturalista, realista, le difficoltà che mostrava Ghosh restano: si può lavorare solo intorno alla crisi climatica, come faccio io in ‘Tasmania’. Però va ricordato che la letteratura non è particolarmente adatta a sensibilizzare: quello lo possono fare le campagne istituzionali o i ‘Fridays For Future’. La letteratura al massimo ci rende più sensibili ma in modo indiretto: quando si mette in testa di sensibilizzare direttamente di solito prende una strada non molto promettente e anzi, parto proprio dal presupposto che la crisi ambientale è una gran noia».

È il momento di parlare del titolo: ‘Tasmania’, l’isola australiana viene indicata da Novelli come possibile rifugio dagli effetti della crisi climatica: "È abbastanza a sud per sottrarsi alle temperature eccessive. Ha buone riserve di acqua dolce, si trova in uno stato democratico e non ospita predatori per l’uomo. Non è troppo piccola ma è comunque un’isola, quindi più facile da difendere. Perché ci sarà da difendersi, mi creda" afferma Novelli nel romanzo.

È una metafora, ma di quelle che è interessante anche interpretare letteralmente. «Ma quella letterale è una interpretazione problematica: quante persone si possono salvare in Tasmania?» ammonisce Giordano. «In modo simbolico, ognuno può eleggere una propria Tasmania interiore; in senso letterale suscita tutte le contraddizioni di un’ipotesi di salvezza per pochi privilegiati. E in realtà il percorso con cui sono arrivato alla Tasmania è stato proprio questo: per alcuni anni mi sono appassionato alle storie dei nuovi ricchi che comprano terre in zone sicure».

Questa «terra promessa per pochi» apre tutto il discorso della giustizia climatica «che sarebbe il discorso che si sta facendo in questi giorni in Egitto (alla conferenza Onu sul clima, ndr); che sarebbe il discorso che non dovremmo mai togliere dalle prime pagine dei giornali ma in questo affastellarsi di emergenze imminenti gli argomenti "lenti" rimangono sfocati».

Chiudiamo l’intervista con l’intelligenza artificiale: come si sente uno scrittore di fronte a computer in grado di scrivere? Giordano ci racconta di aver interagito, qualche mese fa, con una IA. «L’ho trovata molto lontana dalla capacità di scrivere non dico un romanzo, ma anche un racconto breve convincente. Poi non sono tra quelli che minimizzano l’importanza di tracciare dei perimetri alle applicazioni delle intelligenze artificiale, ma tra queste la scrittura di romanzi non è quella che mi preoccupa di più». E cosa la preoccupa? «La mentalità da intelligenza artificiale, da algoritmo che premia certe cose e non altre, come vediamo in molte piattaforme di intrattenimento. La mentalità un po’ robotica che di fatto è già applicata a certe forme di consumo di arte mi preoccupa di più del fatto che un’intelligenza artificiale possa scrivere un best seller».