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Quel ‘Monster’ che è dentro di noi e da nessuna parte

Ultima fatica di Hirokazu Kore’eda, Prix du scénario a Cannes 2023 e straordinario omaggio a ‘Rashomon’

Una storia sull’incomunicabilità, questa sera alle 20
20 novembre 2023
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Già noto per l’ineccepibile Palma D’Oro vinta con ‘Un affare di famiglia’, il prolifico regista Hirokazu Kore’eda si riconferma, con il suo ultimo ‘Monster’ (Kaibutsu), tra i più grandi autori contemporanei, oltre che uno dei pochi ad aver vinto, o a essere stato candidato, praticamente con ogni suo film, a prestigiosi premi dei più importanti festival internazionali. In uno splendido omaggio a ‘Rashomon’, di cui ripropone la struttura riadattandola ai tempi e alle problematiche odierne, il regista indugia sul concetto di verità, raccontando la stessa storia, amplificata dalla distorsione delle informazioni come un telefono senza fili, sotto tre diversi punti di vista. Un cinema che osserva dall’alto, come lo sguardo di un adulto su un bambino, come un fantasma, o meglio un mostro, contrapposto allo stile peculiare di Ozu, caratterizzato dal punto macchina basso, vicino al suolo e alla cultura locale, che consacrò l’espansione del cinema nipponico. Dal fondo, ma della società, emergono questa storia e questi personaggi, ognuno a lottare per trovare il proprio posto e a cercare di non deludere le aspettative appioppategli dal resto del mondo. L’amore tra due bambini che crea una fitta rete di bugie, imbarazzo e pressione sociale, attraverso la quale non si riesce a vedere perché gli spazi vengono colmati da false dicerie e, di conseguenza, nessuno sembra essere davvero umano. Un monumento all’accettazione di sé, definita come cammino tortuoso e nebuloso, impresa difficile ma appagante se portata a termine, che costringe lo spettatore all’impotenza e allo stesso tempo coccola, ragionando sulla prima impressione e su quanto influenzi il nostro modo di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.

Saori Mugino è una madre vedova che cresce in maniera protettiva il figlio Minato, un giovane introverso e taciturno. Minato ha delle convinzioni distorte e teme che il suo cervello possa essere trapiantato con quello di un maiale, come affermerebbe il professor Hori, insegnante alla sua scuola. Una sera tarda, Saori esce preoccupata alla ricerca del figlio scomparso, lo trova vicino a un vagone ferroviario abbandonato e, al ritorno, il ragazzo si butta fuori dall’auto in corsa. Convinta che la colpa del suo comportamento sia attribuibile al professor Hori, che abuserebbe di Minato fisicamente e psicologicamente, Saori inizia una battaglia con l’istituto per ottenere le dimissioni dell’insegnante. Tuttavia, i fatti sono ambigui e non risolvono lo strano comportamento di Minato, fino all’arrivo di un evento imprevisto, che cancella ogni dubbio e incertezza.

Punti di vista

La struttura narrativa è simile al citato film di Kurosawa, con una contaminazione stilistica coreana che ricorda i capolavori ‘Memories of Murder’ e ‘Madre’ di Bong Joon-Ho; la storia è raccontata dapprima con il punto di vista di Saori, quindi del professor Hori, infine di Minato ed è solo con la visione di quest’ultimo che la trama si sviscera, ribaltando tutto quello che è avvenuto fino a quel momento. Kore’eda mappa lo spazio grazie a un incredibile uso della profondità di campo negli spazi interni, in cui i locali acquisiscono una dimensione individuale, come se fossero divisi da uno split screen, creando un mondo a tratti anche surreale perché basato sulla percezione distorta del personaggio che lo osserva.

Le accuse di Saori al professor Hori, seppur da lui confermate nella storia, si rivelano infondate, così come l’accusa del professore a Minato, il quale bullizzerebbe il minuto Yori, in realtà suo grande amico e anche qualcosa di più. La ricerca della propria identità di Minato è accompagnata da Yori, oggetto di bullismo a scuola, demonizzato e abusato dal padre, quindi emerge proprio grazie al loro tenero amore e alla conseguente presa di coscienza: i due accettano la loro omosessualità e apprendono la normalità dell’essere diversi, insegnando nuovamente agli adulti la genuinità, in questo tentativo di ricostruzione della realtà oggettiva.

‘Monster’ è una storia sull’incomunicabilità, sulla difficoltà di una persona che non riesce a scrollarsi il giudizio esterno nell’esprimersi, una pressione così paralizzante da indurla a chiedersi il motivo stesso della sua esistenza, come se fosse sbagliata, portando alla luce il mostro che è dentro ognuno di noi, e al tempo stesso da nessuna parte.

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