Arte

La scultura italiana del '900 nei cent'anni del Golf Club Lugano

Un connubio tra arte e sport realizzato in collaborazione con il Musec (fino al 29 ottobre)

Francesco Messina, ‘Irina’, 1982-1993
(FCM Collezione Loi)
8 giugno 2023
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Su un terreno pianeggiante, tra boschi di betulle, faggi e rododendri si snoda lungo il fiume Magliasina il percorso artistico che il Golf Club Lugano ospiterà fino al 29 ottobre. Realizzato come gesto d’amore, il Golf Club fu inaugurato nel 1923: un regalo per la moglie Josefa von Riedermann, appassionata giocatrice di golf, da parte del marito Erwin von Riedermann, un uomo d’affari tedesco. Il campo originario contava nove buche tra Magliaso e Caslano. Oggi, invece, il percorso di nove buche è quello più breve all’interno di un campo ben più esteso.

La mostra ‘Capolavori en plein air, scultura italiana del Novecento opere della collezione Loi’, realizzata in collaborazione con il Musec (Museo delle Culture) di Lugano, s’inserisce all’interno del programma di eventi e iniziative promosse per i festeggiamenti del centenario: «Abbiamo voluto creare un connubio tra arte e sport», ha dichiarato Giuseppe Rossi, presidente del Golf Club Lugano. Ogni opera è stata selezionata «sulla base dell’intensità e della qualità artistica, senza ovviamente dimenticare l’armonia che si sarebbe dovuta instaurare tra opere e paesaggio», spiega la curatrice Nora Segreto. Un esempio è ‘Elogio delle mani’ di Paolo delle Monache, che pur prediligendo dettagli anatomici nella sua ricerca artistica (in questo caso le mani), riesce a interagire in armonia e finitezza con le forme della natura.


FCM Collezione Loi
Paolo Delle Monache, ‘Elogio delle mani’, 2006

«C’è qualcosa di rituale e di meditativo che lega il gioco del golf al lavoro dello scultore, generando così un incontro particolarmente interessante» continua la curatrice. Il tema delle mani lo ritroviamo anche nell’opera di Maïmouna Guerresi, un’artista italo-senegalese che fonde la sua vita personale a quella artistica, in particolare: esposto troviamo ‘Light signs’, un bronzo verniciato dove due mani nere raccolgono la luminosità della pittura bianca che scorre lungo i palmi congiunti in un gesto quasi di preghiera, per raccontare «il disagio e la bellezza della diversità, il multiculturalismo e la spiritualità femminile». E il testo di Italo Calvino che accompagna la descrizione recita: “L’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo”.

Tutte le nove sculture sono accompagnate da alcuni brevi passaggi poetici che Nora Segreto ha letto durante la visita guidata: «L’idea di abbinare la poesia nasce in fase di progettazione dell’esposizione, quando il direttore del Musec, Francesco Paolo Campione, ha avuto l’idea di abbinare un richiamo poetico a ciascuna scultura. Durante i mesi di studio ho cercato di trovare delle poesie che restituissero l’atmosfera che, a mio parere, viene emanata dalle opere. Abbinare un brano poetico ti spinge a guardare l’opera sotto più punti di vista: devi cercare di immaginare che cosa può significare, poiché tanti artisti contemporanei lasciano un’apertura nell’interpretazione; quindi, cercare di tradurre in parola una scultura permette di scoprire cose che prima non si vedevano. Ciò rende appassionante questo mestiere».


FCM Collezione Loi
Luciano Minguzzi, ‘Uomo di Hiroshima’, 1974

Figure

Con il paesaggio prealpino sullo sfondo, addentrandosi nella cornice del campo da golf, ci si immerge nel verde di una vegetazione bucolica e nel profumo di erba sempre appena tagliata ed è lì, nelle vicinanze delle buche, che si scoprono le opere; alcune ricordano i rami di un albero (come ‘Il gatto dorme rotondo’ di Giuseppe Maraniello), oppure dei nidi, altre sono figure più riconoscibili: un ‘Guerriero’ (di Giuseppe Spagnulo), due fanciulle (‘Double face’ di Giacomo Manzù); ognuna con la sua storia e il suo tempo.

La prima scultura che incontriamo nel percorso è ‘Irina’ di Francesco Messina, realizzata in prezioso granito nero e raffigurante una danzatrice, tema ricorrente nell’opera di Messina per cui la danza è la sola capace di esaltare la bellezza e l’armonia delle forme; i dettagli sono molto raffinati, come i lacci che le cingono le caviglie o il voile del suo tutù, un tessuto sottile, scolpito abilmente nel materiale duro. Troviamo anche le opere di Piergiorgio Colombara presente con una scultura che ricorda un totem, Exbronzo, che appare leggera, quasi fragile nel suo equilibro che la tende verso il cielo; è presente anche il bronzo ‘Uomo di Hiroshima’ di Luciano Minguzzi, celebre per aver realizzato la V porta del Duomo di Milano nel 1958, come anche Augusto Perez con la sua ‘Grande Meridiana’, la scultura che congeda i giocatori o i visitatori al termine del percorso.


FCM Collezione Loi
Piergiorgio Colombara, ‘Exbronzo’, 2006

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