Arte

Geografia di un'artista

Intervista Raissa Avilés, cantante e attrice o 'cantattrice'. Voce e immedesimazione per la passione del racconto.

Raissa Avilés nelle strade di Barceloneta ©Marco Castro
13 luglio 2019
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Non ricordo il film; nemmeno la battuta puntuale. Ricordo però la sostanza dell’immagine: ogni persona è come un paesaggio, attraverso cui scoprirne la geografia esistenziale. Questo mestiere, incalzando la similitudine, è di esplorazione di territori di vita: mi preparo così ad ascoltare la “cantattrice” – definita per concrezione di due passioni – Raissa Avilés, che è la mia interlocutrice e il paesaggio che tenterò di riportare su carta; senza alcuna presunzione e ben cosciente dei rischi (inevitabili) dell’approssimazione.

Siamo però sul terreno della metafora, perciò i luoghi reali – e sono molti quelli vissuti dalla bellinzonese: da Bologna a Barcellona, fino a Verscio, tanto per fissare le coordinate più vicine – saranno solo un appiglio alla realizzazione di una mappa delle sue inclinazioni artistiche, di come le ha scoperte e coltivate e cosa la muove nella ricerca. La geografia reale s’intreccia quindi con quella metaforica, punteggiata di passione ed emozione per teatro, voce e canto; ma anche di dedizione che approda all’insegnamento e ai progetti artistici cui lavora.


Raissa

Partiamo con un preambolo: quando ci risponde al telefono, Raissa è a Savognin in tournée con lo spettacolo “Cucagna” diretto da Fabrizio Pestilli, un progetto teatrale che parla di populismo, beffandosene. Lo spettacolo di strada nasce nell’ambito dell’Origen Festival Cultural di Riom, nei Grigioni, una sorta di versione moderna della Commedia dell’arte. «È la prima volta che recito in una commedia e tutta l’estate sarò impegnata in questo progetto. Con un palco smontabile e mobile ci spostiamo di paese in paese, di piazza in piazza» e lunedì 15 luglio, lo spettacolo sarà al Teatro Dimitri di Verscio (alle 19), per una delle 46 repliche.

‘Tratteggio’ biografico

Iniziamo con la geografia familiare. Raissa nasce a Bellinzona nel 1984, la mamma è di Monte Carasso e il papà è di origini messicane, nato e cresciuto a Città del Messico. «Sono la più piccola di quattro figli e ho tre fratelli», racconta. Il suo sogno di bambina «era diventare attrice e raccontare storie»; crescendo però quel sogno è stato accantonato «per fare spazio ad altri: quello di psicologa, avvocato…». Ma si sa, se si è nati per fare qualcosa, questo qualcosa tornerà a bussare alla nostra porta e «dopo il liceo, mi sono resa conto che lo spettacolo di teatro era il motivo che mi faceva essere la prima in sala il mattino e l’ultima ad andarmene la sera».

‘Orografia’ teatrale

Bologna è il primo momento nel percorso teatrale di Raissa, là studia teatro e lettere seguendo il percorso accademico sulle Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo (il cosiddetto Dams): «Ho imparato molto sulla storia del teatro, ampliandone la mia idea», spiega. Anni in cui Raissa ha avuto la possibilità di seguire laboratori e lavorare in teatro: «Esperienze che mi hanno fatto appassionare soprattutto al teatro di movimento e mi hanno fatto maturare la decisione di intraprendere il cammino dell’attrice», facendone così la sua professione. Il teatro fisico, chiarisce, è la sua piattaforma di partenza verso altre espressioni artistiche, come musica, scrittura e interpretazione e, dal 2003, s’impegna in diverse tecniche e discipline, fino all’improvvisazione.

La determinazione a diventare attrice la spinge fino a Barcellona, luogo chiave nella sua formazione: «Ho frequentato la Scuola internazionale di mimo corporeo drammatico “Moveo Teatro” (diplomandomi nel 2008), seguendo i corsi sulla tecnica francese di Étienne Decroux; la mia prima formazione veramente forte». Nel capoluogo catalano, oltre a continuare il percorso studiando interpretazione con la tecnica Meisner, lavora anche come attrice. Tratteggiando sommariamente il percorso, torniamo in Svizzera, a Verscio, dove s’iscrive al Master of Arts in Physical Theater all’Accademia Teatro Dimitri, conseguendo il diploma nel 2015.

Facendo un paio di passi indietro in questa cronologia spiccia, dal 2007, Raissa lavora come attrice professionista prendendo parte a svariati progetti teatrali come, in ordine sparso, ‘Sacre du Gothard’ spettacolo inaugurale per l’apertura di AlpTransit (2016); ‘Akte Zwingli’ per la Città di Zurigo (2017); ‘Vanity. I hate this job” con Opera retablO (2015); ‘Domande’ con la Compagnia Dimitri (2016); e ancora ‘Ipotesi per un’utopia’ con Nando Snozzi (2018)…


Alcuni spettacoli teatrali

‘Isoipse’ della voce

Per analessi, siamo ancora a Barcellona, qui «un po’ per caso ho iniziato a cantare», in bar e taverne del Barrio Gótico. L’incontro quasi rivelatorio con la musica e il canto è avvenuto, racconta, durante una festa di compleanno sulla spiaggia, a cui era stata invitata da un’amica: «Non conoscevo nessuno. A un tratto un ragazzo inizia a suonare la chitarra e a cantare» e canta anche lei quelle canzoni che sentiva da bambina. E qui, Raissa fa un passo indietro ancora nel tempo, con la memoria torna alle estati trascorse in Mornera con la famiglia: quando suo padre, strimpellando la chitarra, e sua madre cantavano rancheras, un genere popolare messicano. «La musica è entrata nella mia vita senza chiederlo e ha iniziato ad arrivare con gli ingaggi su chiamata per feste e compleanni. Più avevo la possibilità di cantare, più scoprivo che mi piaceva».

Raissa sin dalla scoperta vive il canto e «la musica come momento di libertà e spensieratezza; quasi come in un incantesimo in cui posso sentirmi completamente me stessa. Cantando sento emergere qualcosa di molto profondo. Con la voce, che è del corpo, riesco a lasciar andare la mente ed entrare nella musica». Con gli anni, il canto prende sempre più spazio e importanza, tanto da spingerla a studiarlo all’Aula de Música de Barcelona e all’Art i Salut de la Veu di Monica Miralles.

Il repertorio ispanofono di Raissa – dalla musica spagnola a quella latinoamericana imparata in famiglia e durante il soggiorno nella città catalana – è alla base dei due progetti principali legati al canto. Iniziato a Barcellona nel 2010 e ripreso in Svizzera con il contrabbassista spagnolo Pedro Martínez, c’è il progetto ‘Verso Suelto’ (verso libero), cui si è aggiunto il pianista francese Alix Logiaco. Il trio propone un repertorio di canzoni tradizionali principalmente messicane e cubane in veste jazz: «Un lavoro che mi spinge sempre a trovare nuove dinamiche e sfumature, e non mi annoia mai». Nel 2016, Raissa con Verso Suelto pubblica il primo album eponimo, registrato a Dallas, in Texas, e presentato per la prima volta al Teatro Sociale di Bellinzona.


Verso Suelto ©Verso Suelto

Il secondo progetto, ‘Yamadas’, è una collaborazione nata nel 2014 con la cantante Laura Martí. «Siamo un duo che canta composizioni proprie alternate a brani tradizionali che seguono il fil-rouge del concerto. L’aspetto che mi affascina del canto a due voci è la loro compenetrazione; fino a che vibrino insieme», chiosa.


Yamadas, con Laura Martí

‘Rilievi’: insegnamento

Prima di appendere la cornetta, non posso non riportare il suo impegno nell’insegnamento. “Le mie grandi passioni – scrive sulla sua pagina web – sono il teatro fisico e la musica. Insegnare mi permette di esplorare a fondo il legame tra voce e corpo, tra movimento e musicalità”. Fra le sue esperienze nel campo, elenca lezioni private, corsi di presenza scenica ed espressività in scuole di musica e conservatori. E ancora, in qualità di docente prenderà parte al programma di Master in Physical Theater dell’Accademia Dimitri di Verscio.

Verità: indizi per una mappa

«Il divertimento del teatro per me è potersi mettere nella pelle di qualcun altro, completamente, e giocare come bambini. Lì, ci si mette con l’umano e il suo valore primario non è il bello, ma il vero. Nella musica – come in tutte le espressioni artistiche – si cerca anche la verità, ma il canto ha una necessità molto importante: una struttura con qualità estetica».

Termino il tratteggio di questa carta geografica umana con “La cigarra” (la cicala), composta da Raymundo Pérez y Soto a metà anni Cinquanta e interpretata con trasporto anche dalla mia interlocutrice: “Bajo la sombra de un arbol/ y al compás de mi guitarra/ canto alegre este huapango/ porque la vida se acaba/ yo quiero morir cantando/ como muere la cigarra”.

Per chi fosse curioso di leggere e ascoltare Raissa, visiti il sito www.raissaaviles.com.

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