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A chiare lettere contro l’illetteratismo

L’Associazione Leggere e Scrivere s’impegna per combattere il cosiddetto ‘analfabetismo di ritorno’, che interessa 40mila persone in Ticino. Ecco come

(Leggere e Scrivere)
27 marzo 2023
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Se state leggendo queste righe, è alquanto probabile che non soffriate del problema di cui si parla qui. Eppure l’illetteratismo – noto anche, non senza un certo stigma, come analfabetismo di ritorno – investe all’incirca 800mila persone in Svizzera, delle quali 40-50mila solo in Ticino. Persone che sono andate sì a scuola, ma che «nel corso della loro vita adulta, per una serie di fattori legati al proprio destino personale, hanno perso la dimestichezza con la lettura e la scrittura in lingua italiana». Ce lo spiega Mauro Tettamanti, presidente dell’Associazione Leggere e Scrivere della Svizzera italiana, che dal 1994 si impegna a lottare contro l’illetteratismo attraverso la sensibilizzazione e corsi speciali di italiano offerti sul territorio: «Può bastare una formazione interrotta, il fatto di spostarsi per anni dove si parla una lingua diversa, o ancora il mancato esercizio di certe competenze – magari, ma non necessariamente, accanto a problemi pregressi come la dislessia – per ritrovarsi illetterati, ovvero non disporre più delle capacità di lettura e scrittura necessarie per muoversi agevolmente nei contesti quotidiani. Non pensiamo solo al lavoro, ma anche alla lettura del bugiardino di un medicinale o di un orario ferroviario, per non parlare delle comunicazioni amministrative e dell’esercizio del diritto di voto».

Superare la vergogna

Quando ci si trova in una situazione del genere, le grane non mancano. Gli illetterati, continua Tettamanti, «finiscono spesso per vivere un senso di vergogna, e a forza di evitare le situazioni che potrebbero metterli in difficoltà si espongono a un forte rischio di isolamento sociale». Agli intralci di questo tipo si possono aggiungere quelli riguardanti la matematica e l’informatica, altre lacune che l’impegno dell’associazione cerca di colmare.

Ma come? Non è facile aiutare chi non sa né leggere né scrivere, indirizzarlo in modo adeguato a riconoscere e risolvere il problema, anche per un motivo molto semplice: il mezzo principale col quale normalmente si veicolano i messaggi – la scrittura, appunto – è loro precluso. «Per questo la nostra ultima campagna di comunicazione, ‘Semplicemente meglio’, si basa solo su messaggi molto semplici e punta molto sulla comunicazione radiotelevisiva, con contenuti veicolati poi anche tramite web e social», aggiunge il presidente.

Leggere e Scrivere – antenna svizzera italiana d’una serie di associazioni presenti in tutta la Confederazione e sostenute dalla Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione – sa però che per ‘intercettare’ l’illetteratismo occorre anzitutto instaurare relazioni personali, facendo leva su una rete di ‘sentinelle’ capaci di riconoscere e segnalare i vari casi: «Per questo facciamo molta formazione e sensibilizzazione presso figure mediatrici quali i consulenti degli uffici di collocamento, gli orientatori, gli impiegati agli sportelli comunali, gli assistenti sociali», nota Cecilia Bianchi, coordinatrice e ‘braccio operativo’ di Leggere e Scrivere: «Queste figure professionali, conoscendo bene le singole persone, se adeguatamente formate possono identificare meglio chi indirizzare a noi, godendo peraltro della fiducia necessaria affinché la persona si senta disposta a fare il primo passo».

Ci vuole un po’ di tempo

Da quel primo passo inizia spesso tutto un cammino, una sorta di riabilitazione linguistica che passa anzitutto attraverso gli speciali corsi di lingua offerti a Chiasso, Lugano, Locarno e Bellinzona: «Quello di base consente di sviluppare le competenze elementari per muoversi con una certa sicurezza in società e poi frequentare eventualmente un normale corso di italiano. In media richiede due o tre anni di frequenza», prosegue Bianchi. Ci vuole invece mediamente un anno per il corso ‘avanzato’, quello che permette di leggere e scrivere con disinvoltura e «mira a problemi individuali specifici, ad esempio la scrittura di un testo argomentativo per coloro che dopo anni nel mondo del lavoro volessero tornare a scuola o all’università. I nostri corsi comprendono anche elementi di informatica di base e sono inclusi nel catalogo dei corsi cantonali per adulti».

Un problema ‘trasversale’

Va notato che il problema dell’illetteratismo non è necessariamente legato a situazioni di svantaggio socioeconomico: l’idea che l’analfabeta di ritorno sia una persona di scarsa istruzione, afflitta da solitudine ed emarginazione, una Cenerentola relegata in chissà quale sottoscala del mondo professionale, è sbagliata oltre che snob. «Nei nostri corsi abbiamo anche quadri e dirigenti – c’è chi lavora in ufficio o in banca – che riscontrano problemi di comprensione e si rivolgono a noi in cerca di una soluzione», osserva Tettamanti, il quale invita anche a non incolpare la scuola: «Il tasso di illetteratismo è simile nei Paesi confinanti, con sistemi scolastici differenti. Semmai, la scuola può aiutare a individuare prima le difficoltà, garantendo una sorta di primo intervento per diminuire la probabilità di trascinarsele dietro una volta adulti» (è proprio agli adulti italofoni, ormai fuori dalle mura scolastiche, che si rivolge l’associazione). Bianchi chiosa che comunque «il dialogo con il mondo dell’educazione è importante. Da una serie di esami standardizzati – i cosiddetti test Pisa – vediamo ad esempio che il 17% dei ragazzi che escono dalle medie non soddisfa le competenze linguistiche minime ritenute indispensabili a quell’età a livello internazionale. Per questo abbiamo chiesto alla Supsi di studiare meglio il profilo di questi alunni, così da poter comprendere con maggiore chiarezza il problema nel momento in cui inizia a manifestarsi».

Farsi avanti

Mettetevi però nei panni di un adulto, una persona sui 40 o 50 anni – l’età media di chi partecipa ai corsi – che deve ammettere di avere seri problemi con la sua lingua madre. Non è facile superare l’imbarazzo e farsi aiutare. Bianchi invita a non demoralizzarsi: «All’inizio c’è spesso l’impressione d’essere i soli ad avere questo problema, si prova vergogna a uscire allo scoperto. Poi però, trovandosi in classe, si capisce presto che non si è davvero gli unici e le lezioni diventano spesso, oltre che uno strumento di apprendimento molto efficace, anche un modo per socializzare e confrontarsi con altre persone alle prese con gli stessi ostacoli, le stesse difficoltà».

Leggere e Scrivere – che ogni anno accoglie circa un centinaio di partecipanti ai suoi corsi – sta ora sviluppando nuove strategie per raggiungere sempre più persone: «Stiamo formando degli ‘ambasciatori’ che abbiano vissuto l’esperienza dell’illetteratismo e dei corsi da noi offerti, che siano disposti a raccontare ad altri la loro esperienza. Offriamo loro una formazione specifica per imparare a parlare in pubblico, e speriamo così che possano incoraggiare chi si trova in una situazione simile alla loro», racconta Tettamanti. «E poi vogliamo iniziare a offrire corsi anche lontano dai grandi centri, ad esempio nelle valli e in località più discoste, per venire incontro alle esigenze pratiche di chi fosse interessato. Lo scopo, come sempre, è quello di aiutare più persone possibili». Un impegno a chiare lettere.

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