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Züst e Archivio, nomine-lampo: Bertoli tace, Biscossa no

La scelta anticipata e repentina dei nuovi vertici per Archivio di Stato e Züst continua a sollevare dubbi senza risposta. Diplomatica Marina Carobbio

(Ti-Press)
17 marzo 2023
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Continuano i brontolii nel mondo culturale ticinese, dopo le nuove nomine alla guida dell’Archivio di Stato e della Pinacoteca cantonale Giovanni Züst. Non sono i nomi dei prescelti (Michele Merzaghi e Francesca Martinoli) a far discutere, quanto l’insolita rapidità della macchina governativa nel procedere alle assunzioni, visto che i due entreranno in carica rispettivamente il primo dicembre di quest’anno e il primo marzo del prossimo, dopo concorsi indetti a ben 16 e 14 mesi dai pensionamenti previsti per i predecessori. Molti osservatori hanno ritenuto sospetta tutta questa fretta, paventando operazioni di clientelismo preelettorale e riscontrando un eccessivo dirigismo al vertice del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport. Si nota inoltre che il direttore uscente Manuele Bertoli lascerà il successore – verosimilmente un’altra socialista, Marina Carobbio – alle prese con questo ‘fait accompli’ dell’ultimo secondo: un gesto politicamente inusitato. Addirittura inopportuno? Abbiamo provato a chiedere chiarimenti allo stesso Bertoli, che però ci ha rinviato alla risposta del governo a una recente interrogazione, presentata dalla granconsigliera Anna Biscossa per il gruppo Ps: "Non c’è nulla di sostanziale – ci viene spiegato in una breve nota – che il direttore Bertoli abbia da aggiungere rispetto a quanto già comunicato pubblicamente dal Consiglio di Stato, che ha preso le proprie decisioni nel pieno rispetto della legalità ed entro i suoi margini di competenza".

Ermetismo burocratico

Nella risposta a Biscossa, l’esecutivo cantonale "evidenzia dapprima che non sussiste alcun limite legale inerente alla pubblicazione di concorsi pubblici", ma non si sofferma sull’opportunità politica di questo sprint a due minuti dalla mezzanotte elettorale. Il Consiglio di Stato definisce le due funzioni a concorso "sui generis in termini di compiti e requisiti", ma non spiega perché lo siano, visto che a occhio si tratta di normali figure direttive in campo museale e archivistico, per trovare le quali il concorso è d’altronde rimasto aperto solo una ventina di giorni. Viene poi spiegato così l’anticipo senza precedenti: "Al momento della decisione risultava più che plausibile che, almeno per l’Archivio di Stato, delle candidature potessero provenire anche da fuori Cantone o addirittura dall’estero". Ma ancora una volta non si dice perché ci si aspettasse tutto questo interesse mondiale per un posto che richiede solide e specifiche competenze di storia cantonale; né si comprende perché si siano decise tempistiche offerte raramente perfino per la ricollocazione internazionale di certi top manager (la scelta per l’Archivio è poi caduta su un ticinese di ritorno da Berna, non da Shanghai). "Si osserva parimenti che la procedura di nomina può culminare dopo parecchi mesi dall’apertura del concorso", situazione ritenuta complicata da periodi di disdetta dei precedenti impieghi ed eventuali ricorsi. Eppure dalla pubblicazione dell’annuncio alla nomina sono passati appena tre mesi.

Lo stesso ermetismo burocratico si ritrova nelle risposte a un’altra domanda posta da Biscossa, stavolta in merito al ruolo aperto presso la Pinacoteca Züst: "Come si giustifica il declassamento della carica di direttore/direttrice a semplice curatore/curatrice della Pinacoteca?" Il Consiglio di Stato sottolinea che anche l’attuale direttrice, "assunta nel 1995 e proveniente dal mondo della scuola, è stata conservatrice per vent’anni (1995-2014) prima di assumere il ruolo formale di direttrice" e "con la nuova assunzione si prevede l’applicazione a chi sarà assunto della medesima logica, iniziando con una funzione di curatore/curatrice per poi arrivare a una promozione a direttore/trice nel corso dei prossimi anni". Nessuna informazione circa il motivo di questo ritorno alla casella di partenza, anche se nel frattempo la pinacoteca è cresciuta molto in termini di attività ed è in cantiere un ampliamento dei suoi spazi espositivi. Né si desume di più dalle risposte governative a un’altra interrogazione, presentata dai deputati del Movimento per il socialismo, che chiedevano rassicurazioni circa l’autonomia degli enti culturali dalla longa manus della Divisione della cultura. Ancora una volta si nega l’ipotesi che quello ai vertici della Züst sia un "declassamento", e si ribadisce che "gli istituti culturali pubblici hanno sempre avuto e avranno anche in futuro una loro autonomia gestionale e culturale", con la Divisione che si limiterebbe a "un ruolo di supporto".

La granconsigliera Ps: ‘Non posso ritenermi soddisfatta’

Quando chiediamo ad Anna Biscossa se le bastino le risposte dell’esecutivo, la granconsigliera – che proprio mercoledì ha salutato per l’ultima volta l’assemblea – è netta: «No. Non posso ritenermi soddisfatta, perché questa risposta ricalca semplicemente un intervento proposto in un suo contributo pubblico dalla direttrice della Divisione cultura (Raffaella Castagnola Rossini su ‘laRegione’ dello scorso 21 dicembre, ndr) e non risponde concretamente alle domande, in particolare sull’anomalia delle tempistiche del concorso stesso. Senza aver nulla da dire sulla qualità delle persone assunte, non si tratta di nomi internazionali o di fama tale da giustificare un concorso così fuori dagli schemi ricorrenti e abitualmente praticati nell’amministrazione cantonale».

Per quanto riguarda il ‘declassamento’ al vertice della pinacoteca, Biscossa nota che «in questi anni ha conosciuto un’evoluzione e un accrescimento obiettivi tanto della qualità offerta, quanto del riconoscimento culturale pubblico. Non capisco dunque perché si debba ripartire dal via, né mi convince la spiegazione per cui ‘si è sempre fatto così’, che mi pare sminuire in modo ingiustificato il profilo dell’istituzione».

E poi, per istituzioni nelle quali la forma è anche sostanza, c’è il problema del galateo politico: «Non sapendo chi sarà a capo del Dipartimento dopo le elezioni del mese prossimo sarebbe stato opportuno lasciare al nuovo – o alla nuova – responsabile la facoltà di esprimersi su queste nomine. Se si fosse trattato di una scelta necessaria da svolgersi qualche mese fa, avrei potuto capire, ma qui si parla di una decisione presa con grande anticipo proprio a poche settimane dall’avvicendamento al Decs».

Commissioni poco convincenti

Biscossa solleva anche un possibile problema nella metodologia di selezione: «Proprio leggendo il concorso e le giustificazioni di questo modus operandi così inconsueto – con l’altisonante riferimento alla possibilità di candidature internazionali – sarebbe stato lecito attendersi gremi di tutt’altro profilo scientifico e di competenza. Ad esempio avrei ritenuto opportuno che per la direzione dell’Archivio di Stato fossero presenti esperti che ricoprono questa posizione in altri Cantoni, come è sempre stato in precedenza. Invece no, si è optato per una commissione più ‘interna’ alla Divisione. Peccato, perché con commissioni così composte non ci sembra garantita l’accuratezza delle valutazioni così come invece dovrebbe essere. Non ne capiamo le ragioni e la risposta all’interrogazione non aggiunge nulla nel merito».

Infine, un auspicio per il futuro: «La coperta finanziaria riservata alla cultura ticinese – troppo spesso trascurata – è estremamente piccola, mancando grandi finanziatori e fondazioni come se ne trovano invece oltre Gottardo. A maggior ragione, allora, sarebbe necessario che il Cantone costituisse col mondo culturale e con i Comuni un’alleanza forte, collaborativa e unitaria. Solo così si potranno raccogliere le risorse necessarie per la difesa non solo delle specificità linguistiche e, appunto, culturali della Svizzera italiana, ma anche per promuovere la cultura così come essa merita. Ricordando che questa è e resterà sempre una pietra angolare della democrazia nel nostro Paese».

Carobbio: ‘Raccolgo spunti e riflessioni’

Ma cosa pensa di queste assunzioni lampo chi potrebbe trovarsi, da aprile, a farci i conti? Marina Carobbio preferisce tenersi lontana dalla polemica, e ci consegna una dichiarazione ‘diplomatica’: «Credo fermamente che la cultura sia uno strumento fondante della democrazia e come tale meriti tutta la nostra cura, di cittadine e cittadini, di politiche e di politici. Sia in questi anni a Berna, che in questi mesi in Ticino mi sono interessata alla cultura e a chi ne fa la sua ragione professionale e di vita. Ho potuto incontrare numerose persone del settore e ultimamente ho promosso un incontro sul tema al quale hanno partecipato 120 persone; un momento di scambio che mi ha permesso di raccogliere spunti e riflessioni sulla cultura in Ticino, sulle sue necessità, compreso il funzionamento di eventuali nomine e commissioni culturali. Non sono ancora stata eletta in Governo, ma se fosse il caso e dovessi assumere la responsabilità del Decs, vorrei fare una profonda riflessione sul ruolo e le condizioni della cultura nel nostro Cantone, su cosa serva per garantirne il futuro, sia per quella più istituzionale sia per quella indipendente, perché la cultura è il luogo dove troviamo e rinsaldiamo le nostre molteplici identità, aprendo la mente».

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