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Giovani nei partiti, tra ‘buone alleanze’ e ‘spine nel fianco’

Parola ai responsabili dei movimenti politici giovanili: i temi, i rapporti con gli schieramenti di riferimento, come intercettano le nuove generazioni

(Ti-Press)
6 ottobre 2022
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Privi di qualsiasi interesse, spettatori disillusi o desiderosi in prima persona di imprimere una direzione alla società con gli strumenti democratici previsti dallo Stato? Rispetto al passato i giovani sembrano marcar meno presenza nella politica istituzionale attiva e da più parti si critica una mancanza di rinnovo tra le fila di legislativi ed esecutivi. Secondo i responsabili di alcuni movimenti giovanili dei principali partiti ticinesi – quelli che fanno gruppo in Gran Consiglio – si è in effetti ampliata una certa lontananza tra i giovani e la politica parlamentare e governativa, secondo altri invece si tratta di una percezione non aderente alla realtà. Abbiamo chiesto loro come valutano il coinvolgimento attuale delle nuove generazioni, in che modo provano a intercettarle, di quali temi si fanno portavoce e che spazio riescono a ritagliarsi nei loro partiti di riferimento.

‘Inconcepibile la discriminazione di genere’

Secondo Yannick Demaria, membro di direzione della Gioventù Socialista (Giso) Svizzera, in generale la politica istituzionale è effettivamente lontana dalla realtà giovanile, «sia per le politiche che promuove, sia per l’età degli eletti. Sarebbe sicuramente meglio avere un maggior numero di ragazze e ragazzi nei legislativi, e perché no anche negli esecutivi». In tale ottica «i partiti giocano un ruolo importante nel garantire sufficiente posto ai giovani. Concretamente l’impiego del Ps in tal senso si è confermato in occasione dell’ultima Conferenza cantonale». Il riferimento è al fatto che la maggioranza desidera riservare un posto alla Giso nella lista per il Consiglio di Stato da presentare alle prossime elezioni, e il nome scelto è proprio quello di Demaria. Per raggiungere le nuove generazioni «dal canto nostro proviamo a fare una politica dai giovani per i giovani. Un esempio concreto è la petizione che abbiamo promosso per chiedere al governo di mettere a disposizione gratuitamente nelle scuole i prodotti igienici per il ciclo. Sono poi stati gli stessi comitati studenteschi a prendere in mano la raccolta firme che ha portato al successo dell’iniziativa». Per quanto riguarda i temi che più stanno a cuore ai giovani, secondo il membro Giso c’è innanzitutto quello delle discriminazioni di genere: «Al giorno d’oggi è inconcepibile che una donna a parità di lavoro e qualifiche guadagni meno di un uomo». Altri argomenti definiti essenziali sono «il clima (la situazione è drammatica), la ridistribuzione della ricchezza, nonché la salute mentale dei giovani messa in pericolo da un sistema che spesso produce grande stress in quanto mira essenzialmente a creare professionisti spendibili subito nel mercato economico». Rispetto alla capacità di fare aggregazione, Demaria sostiene che la Giso riesce a proporre efficacemente dei momenti che la favoriscono «partecipando alle manifestazioni, all’organizzazione di eventi e di formazioni aperte al pubblico». E i risultati si vedono: «Dalla pandemia ad ora abbiamo molto aumentato i nostri membri sia a livello svizzero che ticinese».

‘È aumentata l’urgenza ambientale’

Noemi Buzzi, co-coordinatrice de Le Giovani Verdi, tiene innanzitutto a premettere che «spesso, anche sui media, si parla della sfera giovanile interpellando persone attive in politica o esperti, ma senza coinvolgere i diretti interessati. È vero che tutti sono stati giovani, ma le esperienze e i problemi del passato non sono più per forza quelli che le nuove generazioni affrontano ora». Secondo Buzzi manca insomma un approccio partecipativo anche a causa del quale i giovani non si implicano molto nei partiti. «D’altra parte forse temono di non avere sufficiente preparazione, ma pure di dover rinunciare a tutti i propri interessi», dice la giovane dei Verdi secondo cui invece ognuno dovrebbe avere la possibilità di contribuire «quanto e come desidera, senza la necessità di essere sempre raggiungibile, anche perché è fondamentale prendersi cura della propria salute mentale ed evitare il burnout da attivismo». Fondamentale in politica è anche «fare gruppo e coltivare dei legami umani – sostiene Buzzi –. Noi ad esempio organizziamo escursioni in montagna legate a temi come la morte dei ghiacciai, dopo le raccolte firme pranziamo insieme, ma proponiamo pure degli incontri per il semplice piacere di trovarci». A livello di temi «ovviamente quello che più ci tocca è la crisi climatica, un problema che la società non affronta ancora con la dovuta serietà ma verso cui l’interesse dei giovani rimane alto. Certo, non si vedono più le grandi mobilitazioni del 2019, perché c’è stata una pandemia di mezzo che ci ha costretti a ricalibrare le forze e a cambiare alcune modalità di esprimerci. Ma è per tutti evidente che l’urgenza ambientale è aumentata». Quanto ai rapporti col partito, Buzzi li paragona a quelli in una famiglia: «In alcuni ambiti collaboriamo, ma in quanto giovani vorremmo avere un po’ più di autonomia e responsabilità per portare avanti i nostri progetti. Ci viene sempre detto che siamo il futuro ma ogni tanto sarebbe bello avere più spazio per crescere».

‘Il lavoro e l’Avs preoccupano parecchio’

Per il presidente dei Giovani del Centro (ex Generazione Giovani) Marco Profeta la disaffezione non è tanto rispetto alla politica in generale quanto piuttosto verso i partiti. Il motivo? «Al nostro congresso di giugno – riferisce Profeta – il politologo Oscar Mazzoleni presentando un’analisi condotta internamente ha fatto una distinzione molto pertinente tra "politica dei valori" e "politica dei temi". Penso che i giovani d’oggi richiedano una certa flessibilità che valuti tema per tema e non più una rigida politica dei valori di riferimento». E proprio col cambio del nome secondo Profeta è stato fatto un passo verso la giusta direzione: «Soprattutto per dare un segnale di apertura a un tipo di elettorato che magari non ha mai votato il Ppd ma si riconosce in una visione di centro». Entrando nel merito dei temi, «sicuramente c’è la questione del lavoro che ci preoccupa parecchio, ma anche quella della riforma dell’Avs che sosteniamo. Da un recente sondaggio interno osserviamo anche una forte sensibilità dei giovani riguardo ai temi legati all’ambiente e alla transizione energetica». Quanto ai nuovi affiliati, illustra Profeta, «durante la pandemia si è un po’ bloccato tutto, ma ora con la ripresa delle assemblee, delle conferenze e di altri eventi conviviali in concomitanza con il periodo pre-elettorale contiamo di tornare a crescere. Al contempo, sulla scia del Covid stiamo cercando di mantenere una presenza più marcata sul web perché abbiamo notato che per i giovani un po’ titubanti è un buon modo di avvicinarsi». In merito al coinvolgimento nel partito, «da quando sono presidente della sezione giovanile – dice Profeta – sono in contatto diretto con la dirigenza del partito e il segretariato, e per bisogni e consigli loro sono sempre presenti. È però chiara la necessità di puntare maggiormente sulla formazione dei giovani politici altrimenti il turnover non è facile».

‘Va messo l’accento sulla formazione’

Stando a Daniel Mitric, presidente dei Giovani liberali radicali ticinesi, la disaffezione verso l’esercizio democratico della politica è di lunga data e non riguarda solo le nuove generazioni. «Il Plr – valuta – è un partito giovane e vicino ai giovani, con un’attenzione particolare verso chi verrà domani e non vuole stare alla finestra a guardare». Mitric sottolinea che «dentro al partito portiamo avanti un grande lavoro e questo produce dei risultati tangibili, come dimostra il cambio ai vertici cantonali del Plr due anni fa per cui la scelta del nuovo presidente è ricaduta su una persona che aveva fatto la gavetta nel nostro movimento giovanile». Oltre a essere «alleati», i Glrt del partito sono anche «una spina nel fianco – dice Mitric –. È successo ancora recentemente col referendum sulla Legge cinema; quando il Partito si fossilizza troppo sulle dinamiche parlamentari, è nostro dovere richiamarlo ai principi liberali radicali magari dicendo anche qualche "no"». Per illustrare alcune delle principali rivendicazioni – spiegando che «quello che facciamo è parlare di temi e proporre soluzioni» – Mitric fa una breve retrospettiva: «Sulla questione dei minorenni che delinquono, nel 2012 i Glrt hanno proposto un’iniziativa popolare per creare un Centro educativo chiuso che di recente ha avuto il nullaosta dal Gran Consiglio. Quanto al mondo del lavoro sempre più sotto pressione e competitivo, abbiamo avanzato l’idea di mettere l’accento sulla formazione e anticipare l’insegnamento del tedesco nelle scuole ticinesi. Anche la previdenza vecchiaia ci preoccupa parecchio e a livello nazionale abbiamo proposto un’iniziativa popolare che sarà oggetto di dibattito politico nei prossimi anni». Non mancano poi le proposte di eventi, tra gli ultimi Mitric cita il torneo interpartitico di Beachvolley, una visita a Palazzo federale e una conferenza sui giovani e la blockchain organizzata con altri movimenti giovanili del Luganese. «Si tratta di momenti che ci danno slancio ed energia, e al contempo ci permettono di fare gruppo, cosa importante perché siamo delle persone che si ritrovano per portare avanti una visione per il Paese ma anche degli amici che hanno il piacere di stare insieme e divertirsi».

‘Salari troppo bassi per fare piani per il futuro’

Anche secondo Stefano Tonini, presidente del Movimento giovani leghisti, «è risaputo come il fascino esercitato dalla politica su tutta la comunità sia andato diminuendo nel corso degli anni. Non parlerei quindi di una problematica generazionale, quanto piuttosto "sociale". Il motivo può essere individuato nel fatto che spesso la classe dirigente non è in grado di rendersi portavoce dei cittadini, aumentando il divario percepito tra elettori ed eletti e causando così una sempre maggiore sfiducia nei confronti di chi fa politica». Per le nuove generazioni, poi, «è difficile pensare di cambiare le regole del gioco passando dalla via istituzionale quando devono occuparsi di difficoltà concrete come la carenza di lavoro, i salari bassi, l’impossibilità di fare piani stabili per il futuro in un Cantone che non è affatto per giovani». Quanto alle attività del Movimento, spiega Tonini, «spaziano in maniera da coinvolgere giovani che frequentano ambienti diversi. Organizziamo bancarelle, volantinaggi, raccolte firme e persino donazioni benefiche. Nell’era pre-Covid era chiaramente più semplice proporre eventi, ma è vero anche che la pandemia ha cambiato il modo di interagire creando nuove forme di aggregazione. Penso comunque che la politica rimanga un potente strumento per fare rete, incontrarsi con persone che condividono la stessa linea di pensiero e misurarsi con coetanei di altri partiti per ampliare gli orizzonti». Come presidente «sono soddisfatto del mio gruppo, nonostante ci siano sempre margini di miglioramento – valuta Tonini –. Grazie alla concretezza dimostrata dalle iniziative, molti giovani hanno manifestato interesse per le nostre attività. Inoltre, l’affiatamento che si respira all’interno del Movimento si traduce in una sinergia concreta con il nostro partito di riferimento. Lo si constata anche dalla presenza di giovani con cariche elettive sia in ambito locale che in Gran Consiglio, ciò che ci permette di affrontare i temi e le proposte con una maggiore forza propositiva».

‘Si sta portando all’eccesso il politically correct’

Dal proprio osservatorio di presidente dei Giovani Udc, Diego Baratti constata che c’è tutt’altro che del disinteresse per la politica: «Quando sono entrato a far parte del Movimento sette anni fa eravamo solo una manciata di membri, ora invece siamo dieci volte tanti con un partito giovanile molto più ampio e strutturato. Alle ultime Comunali abbiamo portato 30 candidati di cui la metà è stata eletta», illustra Baratti che con un altro membro dei Gudc ha assunto la carica di municipale. «Grazie al lavoro che stiamo facendo – valuta il presidente – portiamo sempre più ragazzi e ragazze a interessarsi della cosa pubblica. Da un lato ci vengono in aiuto i social media, mentre dall’altro c’è sicuramente la scelta dei temi». Stando a Baratti tra quelli che più hanno avvicinato nuovi giovani al partito c’è «la richiesta di un’immigrazione moderata formulata in un’iniziativa popolare federale. Si tratta di un argomento che tocca direttamente la situazione del lavoro molto critica in Ticino, dove occorre assicurare dei salari dignitosi e un futuro ai giovani anche per farli tornare dopo gli studi. Ultimamente parecchio sentito è anche il tema del woke, la cultura del politically correct portata all’eccesso che sta iniziando a diventare un po’ soffocante». Per quanto concerne la presenza sul territorio «stiamo puntando sugli eventi. A quelli istituzionali ne affianchiamo altri più goliardici, per il piacere di trovarci. E poi a livello pratico siamo anche il braccio destro dell’Udc: raccogliamo firme in piazza, prepariamo le sale prima dei ritrovi, ci occupiamo del servizio, puliamo. Lavoriamo dunque tanto anche dietro le quinte, con un impegno che ci viene riconosciuto». E infatti i rapporti con l’Udc sono considerati «fantastici» da parte di Baratti: «Sedendo nella direttiva cantonale sono in costante contatto con la direzione. Trovo ci venga dato molto spazio, sia all’interno del partito, sia per esprimerci pubblicamente».

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