Ticino

Si alza il tono dello scontro tra impresari costruttori e Unia

Il sindacato respinge le accuse mosse dalla Ssic Ticino di essere un ‘cattivo perdente’: ‘Il diritto di ricorso è sancito dalla Costituzione’

(Archivio Ti-Press)
23 febbraio 2022
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Continua la querelle via comunicati stampa tra il sindacato Unia e la sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori. Dopo la presa di posizione di ieri della Ssic-Ti, è arrivata oggi la replica di Unia che – citiamo – "non accetta lezioni di ‘stile’ dalla Società svizzera degli impresari costruttori (Ssic) e respinge al mittente l’accusa di essere un "cattivo perdente", contenuta in un comunicato stampa diffuso ieri, a pochi giorni dall’avvio delle trattative per il rinnovo del Contratto nazionale mantello (Cnm) dell’edilizia". Un comunicato – si sottolinea – che, "col pretesto di una sentenza del Tribunale federale che boccia un ricorso di Unia, cerca di gettare fango sul sindacato".

"È davvero stupefacente che la Ssic censuri l’esercizio del diritto di ricorso garantito dalla Costituzione e dalle leggi di questo paese solo perché a farne uso è il sindacato. Evidentemente gli impresari costruttori hanno mal digerito il protagonismo del sindacato durante i difficili primi mesi di pandemia e la sua ferma opposizione ai reiterati tentativi di far ricadere sui lavoratori i costi del blocco forzato dei cantieri nella primavera 2020. In particolare attraverso decine di ore supplementari di lavoro per recuperare il tempo perso, contro cui Unia si è battuta, anche per via ricorsuale". Ricorso, lo ricordiamo, bocciato prima dal Collegio arbitrale della Commissione paritetica e poi anche da una sentenza del Tribunale federale.

"Una battaglia portata avanti d’intesa e in nome dei lavoratori edili, i quali, contrariamente a quanto afferma la Ssic, non hanno mai accettato e non accetteranno mai un aumento del tempo di lavoro: le giornate sui cantieri sono già sufficientemente lunghe e pesanti. I problemi per i ritardi e i costi dovuti alle chiusure forzate dei cantieri andavano discussi e risolti tra impresari e committenti e non certo mettendo ancora di più sotto pressione i lavoratori. Unia stigmatizza in particolare il tentativo di bagatellizzare il lockdown equiparandolo a una ‘vacanza’: è un segno di mancanza di rispetto per le sofferenze patite dai lavoratori e dalle loro famiglie", si commenta nella nota di Unia.

L’oggetto del contendere: le ore perse durante il primo lockdown

La questione prende le mosse dalle quattro settimane di blocco totale dei cantieri decretate durante il primo lockdown a partire dal 23 marzo 2020, a cui erano seguite altre due settimane con un numero limitato di lavoratori presenti per singolo cantiere. Decisione "drastica" che la Ssic-Ti dichiara di aver "responsabilmente condivisa e sostenuta" con consapevolezza della necessità di evitare il collasso del nostro sistema sanitario.

Contemporaneamente, la Ssic-Ti, nell’ottica di sostenere le imprese al momento della riapertura dei cantieri, aveva subito chiesto ai sindacati di intavolare una trattativa per cercare di introdurre alcuni accorgimenti per recuperare parte delle ore perse. Proposte che, lamenta l’Associazione, sono state tutte respinte dai sindacati.

La Ssic-Ti, come ultima opzione, aveva proposto di ricorrere alla norma nel Contratto nazionale mantello (Cnm) che concede alle imprese di rivedere il proprio calendario di lavoro annuale. Calendario che, spiega l’Associazione dei costruttori, una volta inoltrato entro la fine di gennaio alla Commissione paritetica cantonale (Cpc), diventa poi vincolante per il resto dell’anno.

Con tale proposta la Ssic-Ti si proponeva di recuperare parte del tempo perso nei cantieri durante il lockdown e di dare la possibilità anche ai lavoratori di riavere il 20% di salario non coperto dalla disoccupazione parziale. Tempo perso quantificato in una quarantina di ore supplementari da distribuire su tutto il resto dell’anno 2020 – dopo che i dipendenti erano rimasti a casa fino a sei settimane – e che, a dire della Ssic-Ti, avrebbero permesso ai lavoratori di recuperare i circa 1’500 franchi che invece sono mancati loro a fine anno.

Anche questa richiesta è stata però respinta dai sindacati, "a causa di una divergenza interpretativa del contratto cantonale che, diversamente da quello nazionale di cui è un’estensione, non cita espressamente la possibilità di modificare il calendario durante l’anno’. A quel punto, "per favorire una decisione in tempi utili", la Ssic-Ti aveva sottoposto la questione al Collegio arbitrale della Cpc (nominato e riconosciuto da tutti i partner sociali, incluso Unia, proprio per dirimere questo genere di divergenze) il quale, in data 15 maggio 2020, aveva dato ragione alla controparte padronale. Decisione confermata anche dal Tribunale federale.

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