Ticino

Riget (Ps): 'La destra non capisce la gravità della situazione'

Per la copresidente socialista per motivi ideologici la maggioranza non si preoccupa delle troppe persone in difficoltà. E chiede un vero piano di rilancio

Ti-Press
8 giugno 2021
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«Lo sappiamo che i tempi della politica sono molto lunghi, e che l’interesse della maggioranza sia del Consiglio di Stato sia del Gran Consiglio verso le persone più bisognose non è sicuramente prioritario. Ma che in questo periodo di grave pandemia che dura da oltre un anno non si sia fatto di più, e più rapidamente, è veramente una vergogna». Non usa mezzi termini la copresidente del Partito socialista Laura Riget nel biasimare, a colloquio con ‘laRegione’, «l’assenza di un vero piano di rilancio» e il fatto che «troppe persone sono in difficoltà, e una destra ideologica non lo capisce. Tenendo ferme molte nostre proposte».

Parla degli atti parlamentari del Ps fermi nella Commissione della gestione cui ha fatto riferimento la settimana scorsa in parlamento il vostro capogruppo Durisch?

Esatto. Oltre un anno fa abbiamo presentato un pacchetto di misure con il quale chiedevamo la prestazione ponte, una delle pochissime cose che il Ticino ha fatto, ma anche di introdurre aiuti per il personale domestico e per gli indipendenti, nonché di agire sulla parte che rimane scoperta dai sussidi di cassa malati. Per non parlare degli affitti commerciali per indipendenti e microimprese. In diversi di questi ambiti né il governo né la maggioranza della Gestione hanno voluto fare dei passi avanti.

Come mai secondo lei?

Penso che questa lentezza sia voluta, perché partiti come Plr e Lega hanno una visione molto contabile della crisi e dicono che bisogna evitare in ogni caso di indebitarsi. Anzi, di più: che ora abbiamo già speso troppo e che bisogna pensare a come risanare le finanze. E quindi sono contrari a tutte queste misure che ovviamente costano, ma la domanda che dobbiamo porci è un’altra. Cioè quanto ci costa se non agiamo, o quanto ci costerebbe un’ondata di licenziamenti e fallimenti una volta scaduti gli aiuti straordinari della Confederazione. I partiti del centrodestra sottovalutano il problema perché guardano soprattutto le statistiche ufficiali delle richieste di aiuto, che non sono esplose, è vero. Ma perché tante persone non hanno diritto agli aiuti normali e quindi a un primo sguardo sembrerebbe che il problema non ci sia: ma tante associazioni attive nel territorio denunciano chiaramente che la povertà sta aumentando.

In un contesto dove il parlamento ha bocciato la vostra richiesta di rendere retroattiva al 1° marzo la prestazione ponte Covid.

Guardi, sarebbe stato assolutamente un atto dovuto ma già questo sarebbe stato insufficiente. Noi questa proposta l’abbiamo presentata nell’aprile dell’anno scorso, ed è un intero anno che c’è gente che sta aspettando questo aiuto composto da importi con un tetto massimo e limitato nel tempo, pensato apposta per chi ha difficoltà a coprire le spese basilari, di prima necessità. Quella della destra è una visione ideologica che dimostra come non sappiano davvero come sta il paese. I loro rappresentanti hanno la fortuna di essere privilegiati dal punto di vista economico, di avere una buona situazione finanziaria personale e non si rendono conto che anche nella ricca Svizzera ci sono persone che non hanno più soldi per andare a fare la spesa, coprire le fatture mediche, ed è veramente sconfortante che pure in un momento grave come questo non comprendano la situazione.

Obiettivo della prestazione ponte è anche mappare chi sfugge alle maglie della rete sociale, quanto è importante questa azione al di là della crisi dovuta alla pandemia?

Questo è uno dei temi fondamentali sul quale dovremmo imparare molto da questa pandemia. Noi abbiamo un sistema di sicurezza sociale orientato al fatto che una persona abbia un lavoro, un salario fisso, una percentuale molto alta… ma oggi il mercato del lavoro sta cambiando, ci sono sempre più lavoretti part-time, lavoro su chiamata, falsi indipendenti che lavorano nei servizi di consegne del cibo a domicilio, e tutte queste persone non sono abbastanza tutelate. Sarà fondamentale fare una mappatura per osservare quanto sono diffusi questi problemi, e la politica dovrà adeguare sia a livello cantonale sia a livello federale il proprio sistema sociale a queste nuove forme di lavoro.

Riguardo al futuro arrivano proposte puntuali, ma si ha l’impressione che manchi qualcosa di concreto a livello di visione d’insieme. Concorda? E quale può essere il contributo del Ps al dibattito e poi, concretamente, alla costruzione del Ticino dei prossimi anni?

È vero, quello che attualmente manca nella discussione pubblica in Ticino è un piano di rilancio. La pandemia l’abbiamo sempre più sotto controllo, ma sembra che basti riaprire ristoranti e musei per pensare che tutto tornerà come prima. Non è così, ed è un problema perché siamo in una fase transitoria dove ci sono ancora gli aiuti per i casi di rigore, il lavoro ridotto e le Ipg Corona. Questi aiuti non ci permettono ancora di vedere l’effettivo impatto della crisi sul numero di licenziamenti. L’economia del Canton Ticino era già debole prima della pandemia, ora serve un piano di rilancio, coraggioso che cerchi di sfruttare determinati settori più sostenibili. Questo si collega anche a quelle che per noi sono le due principali sfide della nostra epoca: il cambiamento climatico e, soprattutto in Ticino, l’evoluzione demografica con i giovani che se ne vanno sempre più spesso dal nostro Cantone. Sarebbe opportuno che questo coraggioso piano di rilancio puntasse a rafforzare l’economia in settori strategici, cito ad esempio la ricerca biomedica, con posti di lavoro altamente qualificati, smettendo una volta per tutte di puntare sull’economia dei capannoni che non lasciano assolutamente nulla sul territorio, se non povertà, traffico e inquinamento.

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