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‘Arp in affanno, solo 2 su 16 sono professionali’

Il giudice Lardelli sulle Autorità regionali di protezione: ‘Riforma urgente e improcrastinabile’. Così non sempre si proteggono le parti deboli della società

3 novembre 2020
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Le Autorità regionali di protezione (Arp) «sono in affanno, solo due Arp su 16 hanno un’organizzazione che funziona, ma anche queste sono al limite. Talvolta manca la professionalità voluta dal legislatore federale, indagini incomplete portano a conclusioni parziali». A sostenerlo è il giudice Franco Lardelli, presidente della Camera di protezione del Tribunale d’appello, l’autorità giudiziaria con sede a Lugano, istituita nel 2013 nel quadro degli adattamenti delle strutture e delle normative cantonali al riformato diritto tutorio federale, che ha il compito di deliberare su reclami e ricorsi contro le decisioni e i provvedimenti attuati dalle Arp e di vigilare sul loro operato per il tramite di ispettori.

«Una situazione di affanno – osserva il giudice Lardelli – che speriamo possa cessare presto con la riforma proposta dal Governo. Più che altro perché lavorando in queste condizioni le decisioni prese dalle Arp possono non essere quelle giuste, o addirittura non esserci del tutto. Il problema è che in questo modo si rischia di fallire l’obiettivo della legge. Che è quello di proteggere le parti deboli della società», bambini e anziani in primis.

Dalle Arp alla nuova Pretura di famiglia 

La riforma a cui fa riferimento il presidente della Camera di protezione è la riorganizzazione a livello cantonale del settore delle tutele e delle curatele, settore che riguarda le persone vulnerabili, sulla quale si attende una decisione da parte della politica. Le attuali sedici Arp, costantemente in affanno, saranno sostituite da una nuova autorità giudiziaria specializzata nel diritto di protezione, ha spiegato di recente sulla Regione Frida Andreotti. La direttrice della Divisione della giustizia ha anticipato il nuovo modello che prevede di suddividere le competenze in materia di diritto di famiglia su due autorità giudiziarie: le attuali Preture e una nuova autorità giudiziaria, le nuove Preture di protezione. Insieme creeranno una sorta di “sistema delle Preture di famiglia”. Le due autorità saranno indipendenti.
Si riorganizza l’autorità giudicante ipotizzando nuove autorità giudiziarie sul territorio, dirette da pretori di protezione e composte da un collegio giudicante a tre membri (un pretore, uno psicologo o pedagogista e un assistente sociale). In aggiunta, ci saranno dei servizi di supporto giuridico, amministrativo e contabile. Una novantina di persone in totale. Il messaggio è quasi pronto per la consultazione.

Una bella rivoluzione, a monte c’è stata una lunga analisi del settore per capirne dinamiche e problemi, che commentiamo con il giudice Lardelli. 

Le attuali Arp lamentano di essere sottodotate: il problema principale è il sovraccarico o l’assenza di competenze specifiche?

Manca la specializzazione sancita dal diritto federale e questo è un grosso problema perché il legislatore impone autorità professionali, il collegio giudicante dovrebbe essere formato da un giurista assistito da altri specialisti (psicologo, educatore, l’assistente sociale). Oggi di regola abbiamo un giurista, spesso a tempo parziale, accompagnato da un professionista poco presente e un delegato comunale solitamente senza formazione specifica. Solo l’Arp di Lugano dispone di un delegato a tempo pieno con la formazione di assistente sociale, negli altri comuni, raramente questo membro ha una specializzazione. Le conseguenze sono indagini incomplete che portano a conclusioni parziali.

Negli anni scorsi avete fatto una vasta analisi del settore, quali criticità avete trovato?

Una situazione di affanno cronico. Faccio un esempio: ho chiesto al membro permanente di una Arp, che è psicologo, se leggeva le decisioni del presidente. Mi ha risposto che non aveva tempo. Lavorando un giorno a settimana per un comprensorio di 25 mila persone doveva dare priorità alla lettura degli incarti, fare l’audizione di minori, partecipare alle udienze. In questo caso, c’è la competenza, ma manca il tempo. Siamo intervenuti sui comuni ma ci sono enormi disparità tra centro e periferie, tra chi può investire e chi non può farlo.

Con l’organizzazione attuale minori e anziani sono realmente tutelati secondo i criteri professionali voluti dal legislatore federale?

Dipende dall’autorità di protezione coinvolta. Due Arp su 16 hanno già ora un’organizzazione che funziona per professionalità e disponibilità di personale ma entrambe sono al limite visto l’aumento dei casi complessi. Si tratta di Lugano e Biasca. Per queste due autorità i Comuni sono riusciti a concentrare le risorse umane in un’unica sede. A Lugano si è passati da due sedi a una sola operativa a Breganzona. A Biasca sono invece state fatte confluire le persone che erano operative in Leventina (Faido), Valle di Blenio (Acquarossa) e Riviera, con evidenti benefici. Negli altri Distretti del Cantone operazioni analoghe si avverano irrealizzabili. Spesso quando alle Arp arrivano le segnalazioni, i tempi di risposta possono essere molto lunghi, anche oltre 6 mesi. Invece serve una Pretura di protezione professionale con forze sufficienti ripartite equamente sul territorio, in grado di ricevere le segnalazioni e rispondere in modo rapido e adeguato. Spostare la competenza dai comuni al cantone è un passo importante.

Quanti ricorsi ricevete? Quanti sono vinti da cittadini?

In media ci sono 200/220 ricorsi l’anno su 8mila decisioni. Un quarto dei casi è accolto. Spesso capita che quando viene fatto ricorso l’Arp rivede da sé la decisione. Vediamo una tendenza all’aumento dei ricorsi anche se c’è stata una frenata durante la pandemia, che ha reso molto difficile ad esempio organizzare i diritti di visita.

E poi c’è chi rinuncia a denunciare, visto che ci sono spese da anticipare... quanto grande stima sia la parte sommersa?

È difficile fare una stima. Sicuramente la qualità delle decisioni va migliorata, c’è chi le accetta e non ricorre, e chi ricorre anche quando non dovrebbe. Il sistema va migliorato, qualsiasi decisione deve essere ben ponderata, come confezionare un vestito giusto, non troppo largo, non troppo stretto. Le Arp attuali faticano a confezionare un vestito su misura. Con la nuova autorità giudiziaria cantonale si potrà fare.

Oggi i ticinesi per situazioni simili ricevono soluzioni diverse dalle Arp?

Le differenze di organizzazione e risorse creano automaticamente diversità a portare avanti le decisioni. Bisogna cambiare il sistema, per dare a tutti le stesse risorse.

Perché è importante questa riforma del governo che punta a un modello giudiziario?

Visti i problemi strutturali alla base delle disfunzioni attuali, la riforma è improcrastinabile e urgente. Ora ci sono le premesse per fare il salto. La soluzione di cantonalizzare e professionalizzare il sistema, costituendo una nuova autorità giudiziaria è fondamentale. Il modello giudiziario conferisce maggiore autorevolezza alle autorità di protezione mettendole a pari livello delle Preture che nell’ambito di separazioni e divorzi pure si occupano di minori in situazioni critiche. Due autorità giudiziarie saranno più facilmente coordinabili perché applicheranno la medesima procedura. Sarà anche più facile implementare una medesima metodologia nell’affrontare le situazioni.

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