Ticino

'Sulle case per anziani, monitoriamo la situazione'

Il medico cantonale Giorgio Merlani non esclude di principio una stretta sulle residenze per la terza età in caso di evoluzione negativa dei contagi da Covid

Il dottor Giorgio Merlani (archivio Ti-Press)
14 ottobre 2020
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L'epidemia di coronavirus continua il suo decorso. I dati a livello nazionale e cantonale indicano una chiara tendenza al rialzo. Il pensiero corre alle case per anziani dove negli scorsi mesi si sono registrati 150 decessi sui 351 totali registrati in Ticino. Abbiamo chiesto al dottor Giorgio Merlani, medico cantonale, se all'orizzonte è ipotizzabile una nuova stretta sulle residenze per anziani. «Stiamo valutando con attenzione la situazione epidemiologica e se del caso interverremo», spiega il dottor Merlani. «È vero che negli scorsi mesi si è imparato molto e si è molto più attenti, però è pacifico che se la situazione dovesse peggiorare magari non si arriverà a una chiusura ermetica delle case per anziani, ma la direttiva potrebbe essere adattata. Sarebbe temerario non farlo di principio», aggiunge il medico cantonale che precisa che «l'obiettivo è sempre quello di trovare un equilibrio tra la protezione delle persone più fragili e la libertà e gioia di vivere degli anziani».

Alla luce dell'aumento dei contagi in vari ambiti della società (scuole, famiglia, sport) è ipotizzabile che l'uso della mascherina diventi obbligatoria negli spazi pubblici. Ginevra, per esempio, lo ha fatto. «La raccomandazione di indossarla là dove non è possibile garantire la distanza è già in vigore ed è contenuta nell'ultima risoluzione governativa approvata pochi giorni fa», precisa Merlani. «Dipende dalla decisione di ogni singolo metterla. Io la consiglio perché è un'attenzione che riduce il rischio di contagio senza aspettare che sia l'autorità a imporla».

Non banalizzare gli asintomatici

Gli ultimi dati dei contagi mostrano che molti giovani trovati positivi (nelle scuole superiori, per esempio) sono asintomatici. Hanno il virus, ma non manifestano i segni della malattia e non si capisce bene come e con quale gravità contagino le altre persone. A maggior ragione servirebbero le mascherine.

«La questione degli asintomatici è un tema dal punto di vista scientifico relativamente nuovo nel senso che per la Sars, il virus precedente al Sars-CoV-2, non esistevano casi di asintomatici», aggiunge Merlani. «Verso la metà di aprile sono stati pubblicati alcuni studi che oltre ai giovani asintomatici ha dimostrato che anche negli anziani c’erano degli asintomatici. Che ruolo ha avuto questo aspetto nella diffusione della malattia è impossibile dirlo. Si sa però che circa il 60 per cento degli asintomaci non infetta nessuno e che il restante 40 per cento infettano più persone. Molto dipende dalla carica virale che non è correlata direttamente coi sintomi. È probabile che ci sia una fetta importante della popolazione che fa la malattia senza neanche accorgersene e che comunque non impatta sul sistema sanitario aumentando quella che si definisce immunità di gregge. Se così fosse sarebbe una buona notizia».

«Vista da un’altra ottica - negativa, secondo il medico - è che abbiamo gente asintomatica che poi infetta gli altri. Per questa ragione è bene mantenere sempre le regole d’igiene, mascherine comprese. Ricordo che si è molto più infettivi nelle 48 ore prima di presentare i sintomi come febbre e tosse».

Il dottor Merlani conferma inoltre che la percentuale di positivi rispetto ai tamponi è attorno al 10%. «C’è una sfasatura temporale tra i dati che abbiamo a disposizione visto che arrivano da diversi laboratori. Per quanto riguarda i tamponi analizzati dal laboratorio cantonale dell’Eoc, che sono circa il 60%, la quota di positivi è appunto del 10%».

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