Psiche e cibo

‘Pesavo appena 35 chili, ma mi vedevo ancora grassa’

La storia di Sabrina e l’anoressia. La specialista: ‘Disturbi alimentari sono un'epidemia tra i giovani. Oggi curiamo anche bambini di 8-10 anni’

Insostenibile leggerezza (keystone)
11 settembre 2020
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“Morire non mi lasciano morire, non ho il coraggio di suicidarmi. O mi curo o mi rinchiudono in un posto dove non voglio andare”. Questa è stata la riflessione di Sabrina, 23 anni (nome noto alla redazione), quando ha deciso di curarsi. La incontro a Lugano. In adolescenza (56 chili per 1,59 metri) voleva essere magra, ma non era un’ossessione. “Mangiavo, avevo il giusto peso” mi dice. Poi un periodo di stress al lavoro ha scatenato la malattia. Aveva 20 anni. I segnali c’erano tutti: collassi, tremolii e tachicardia. “Ho rischiato la vita sfiorando i 31 chili. Volevo solo scomparire”. È riuscita a uscirne grazie ad un lavoro estivo all’estero coi bambini. Oggi aspetta un figlio. Si racconta per dare forza a chi insegue un peso che non esiste. “Non devi far sparire te stesso solo perché desideri far sparire gli altri”.

‘Fingevo di essere felice. Volevo scomparire’

Ansia e forte stress sul lavoro sono stati i fattori scatenanti. Sabrina non ha saputo gestirli e qualcosa dentro ha fatto click. Nella sua mente si è fatto largo un pensiero prima insistente, poi ossessivo: “Non mangiare”. Mentre si racconta, Sabrina scuote la testa e dice: “E pensare che è solo cibo”. Inizia a saltare i pasti. In tre mesi perde 21 chili, scende a 35 chili. La madre la implora di mangiare, senza successo, finché un giorno le vieta di andare al lavoro. Iniziano le visite da psicologi e psichiatri, ma non cambia il mantra, che ha in testa: “Non mangiare”. “In casa c’erano discussioni a non finire, i miei soffrivano, fingevo di essere felice, ma non era cosi”. Il suo corpo comincia a non reggere più. “Avevo tachicardie, impallidivo di colpo. Mi tremavano gambe e mani, era un continuo tremare”. La spina dorsale in rilievo, il volto scavato, poteva misurarsi la circonferenza delle cosce con le dita. Non si vergognava della sua magrezza anzi ne andava fiera. “Non vedevo che ero pelle e ossa. Anzi mi vedevo facilmente grassa” spiega. Durante una vacanza al mare, gli amici le fecero da specchio, iniziò a rendersi conto che c’era qualcosa che non andava. “Volevo sparire, ma non avevo il coraggio di suicidarmi”.

‘Lavorare coi bambini mi ha guarita’

Si iscrive ad una scuola professionale e per lei inizia il periodo più buio: pesa 35 chili e in casa si passa alle minacce. Viene ricoverata in una clinica psichiatrica. Il suo malessere peggiora, scende a 31 chili. La alimentano con infusioni. Delusa, si autodimette. “Devi voler guarire – precisa –, se ti minacciano è peggio”. La svolta arriva quando decide di partire, va a lavorare come animatrice all’estero con i bambini. Cambia ambiente e anche la sua mente si rilassa. Smette di pesarsi e a poco a poco si accorge che mangiare qualcosina ai pasti le dà l’energia necessaria per lavorare. Passano i mesi e ritrova il piacere di farsi imboccare dai bambini che le offrono il loro dolce. Piano piano ne esce.
Ora Sabrina non è più ossessionata dal peso, si tiene in forma, non vuole più scomparire. Ha un lavoro, un compagno e aspettano un figlio.

La psichiatra : Anoressici schiavi di ‘allucinazioni’, ecco perché si vedono grassi 

Prigionieri del cibo stritolati tra modelli ossessivi di magrezza e nuove fobie alimentari, molti più adolescenti hanno disturbi alimentari. “In Europa sono una vera e propria epidemia, la punta dell’iceberg di un disagio profondo, in un’epoca ossessionata dall’identità corporea e dalla grande disponibilità di cibo. Durante il lockdown abbiamo avuto un aumento del 30% degli ammalati. Curiamo anche bambini di 8 anni», spiega la psichiatra Laura Dalla Ragione, autrice di vari saggi (tra cui ‘Prigionieri del cibo’), psicoterapeuta e dirigente della Rete disturbi comportamento alimentare Usl 1 in due strutture dell’Umbria e referente per il governo sul tema. Ci aiuta a capire.

Perché tanta attenzione al cibo?

Viviamo in una società che offre cibo in abbondanza e impone un modello ossessivo di magrezza e corpo perfetto, manipolabile a piacimento con diete e chirurgia. E qui possono nascere i conflitti. La magrezza nella nostra società è sinonimo di successo e felicità. Per un adolescente questa promessa può diventare ossessiva e perseguita fino alla morte. L’obiettivo non è la magrezza in sé, ma questa illusione che perdendo peso si raggiungerà la felicità. Negli ultimi 50 anni, le abitudini alimentari sono diventate una parte fondante dell’identità. Il cibo determina uno status, chi siamo e chi non siamo. I disturbi alimentari costituiscono una vera e propria epidemia, colpiscono sempre più giovani. L’età si abbassa sempre più. Curiamo anche bambini di 8 anni ormai.

Che cosa consiglia alle famiglie?

Ai primi segnali di restrizione e selezione alimentare bisogna subito rivolgersi ai centri specializzati, perché in questi casi la diagnosi precoce è decisiva.

Che tipo di restrizione alimentare?

Curiamo bambini che si fissano su alcuni cibi e non vogliono altro. Ad esempio, mangiano solo cibi bianchi, o vogliono solo tre alimenti: latte, merendine e carne impanata. Vivono in un contesto selettivo riguardo l’alimentazione (spesso anche i genitori lo sono) e diventano molto rigidi. Il cibo è il nuovo modo per esprimere un disagio. Dieci anni fa, un bimbo ansioso faceva la pipì a letto, oggi ha disturbi alimentari. Li curiamo, iniziando a disegnare i cibi fobici, li modelliamo con la plastilina, li si cucina insieme ai genitori e al terapeuta.

Come iniziano i problemi col cibo?

Chi si ammala è di regola una persona fragile, con scarsa autostima, che si sente spesso inadeguata, perfezionista e piuttosto rigida. Controllare il peso da l’illusione di controllare anche le proprie emozioni e la propria vita. Spesso c’è un evento scatenante come una separazione, un lutto, molestie o un evento stressante esterno. Durante il lockdown i casi in Italia sono aumentati del 30% e sono tanti adolescenti. Anche il contesto culturale facilita, intendo la pressione ad essere felici. Trent’anni fa le aspettative di un genitore erano buoni voti e un buon lavoro. Oggi i figli devono essere felici. La prestazione richiesta è elevata.

Perché l’anoressico non vede la propria magrezza? Mente a se stesso?

I pazienti anoressici si vedono grassi anche quando sono magrissimi, a causa di un’alterazione neurofisiologica (si chiama dispercezione corporea). Nel loro cervello l’area della visione è transitoriamente bloccata. Il disturbo peggiora, più si perde peso. È una sorta di allucinazione. Il paziente non vede la sua magrezza, quindi non collabora. Pensa di essere nel giusto e di avere tutto il diritto di affamarsi. Quando il peso aumenta c’è ansia. Si vedono gonfi, enormi, sempre per via di questa dispercezione. Di anoressia si muore. Oggi il 70% dei disturbi alimentari è rappresentato da bulimia (si mangia e si vomita) e alimentazione incontrollata (abbuffate senza vomito).

Quali i segnali?

Di regola c’è un cambiamento alimentare che dura mesi. L’adolescente inizia a spezzettare il cibo, a bere molta acqua, a scartare i cibi più grassi per ridurre l’apporto calorico. Allo stesso tempo c’è un vistoso mutamento di carattere: ragazzi solari diventano tristi e meno socievoli, più aggressivi.

L’ossessione della bilancia è solo femminile?

Si ammalano anche i maschi: 10 anni fa erano l’1%, ora il 20%, tra 10 anni non sarà più un disturbo di genere. Anche per loro, il corpo è diventato un luogo di espressione del disagio. Sviluppare l’autostima e un senso critico verso questi modelli di bellezza: sono i temi delle campagne di prevenzione. Non si parla di bulimia ma si lavora sull’autostima.

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