Ticino

Il Forum Alternativo si fa più locale

Il movimento anticapitalista vuole aprire antenne sul territorio e sportelli sociali. Intervista al fondatore, l'oncologo Franco Cavalli

(Ti-Press)
28 giugno 2020
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Non si ricandiderà più per cariche pubbliche – «sarebbe ridicolo, alla mia età e col decimo nipotino in arrivo» –, ma a pochi giorni dal suo 78esimo compleanno l’oncologo Franco Cavalli rinnova il suo impegno nel Forum Alternativo, il movimento anticapitalista che ha contribuito a fondare nel 2013 per rilanciare il dialogo tra i diversi, spesso litigiosi gruppi della sinistra ticinese. Il Forum conta non più di 250 tesserati eppure ha contribuito al successo verde di Greta Gysin in Consiglio Nazionale, e ora punta a un maggiore radicamento locale.

Prof. Cavalli, avete costituito un segretariato politico e istituirete presto delle strutture regionali: mirate a diventare un partito e a ‘prendervi’ qualche eletto?

Sarebbe inutile fare voli pindarici: c’interessa di più, gramscianamente, conquistare le ‘casematte’ di una nuova sensibilità civile che vediamo crescere su temi quali l’ambiente, le donne, l’antirazzismo. La nuova organizzazione ci serve per essere sempre più presenti a livello locale spingendo il dibattito su quattro versanti: lavoro, migranti, salute e scuola.

Intendete istituire degli sportelli ‘sociali’ e ‘sanitari’. Ovvero?

Grazie al lavoro di volontari, tra i quali una decina di medici, vogliamo offrire punti di consulenza per i più deboli: quelli che non sanno come orientarsi nell’accesso alle cure e rischiano di scoraggiarsi, magari intimoriti dagli ‘scoperti’ di cassa malati, ma anche coloro che hanno bisogno di aiuto a livello professionale e sociale. Senza dimenticare i migranti, vittime di politiche cantonali che gridano vendetta. È un’operazione resa possibile dal sostegno finanziario dei nostri iscritti.

Come va il dialogo con il Partito socialista?

Il dialogo continuo col Ps è una delle ragioni per le quali è cessato quello col Movimento per il socialismo (Mps), che invece non vuole saperne. Certo però che finora la nuova presidenza di Laura Riget e Fabrizio Sirica non ha brillato per grandi spinte di rinnovamento. Durante il lockdown il partito su molti temi non si è visto.

Ora alla co-vicepresidenza c’è Adriano Venuti: più vicino alle vostre posizioni?

Può rafforzare una certa sensibilità, ma vorrei andare oltre le singole persone. A noi interessa che il Ps si rinnovi ed esca dalla linea filogovernativa per dare ascolto alla sua componente più sociale e critica verso il capitalismo.

Però è difficile prendere voti gridando al rovesciamento del capitalismo. Questo vale anche per i Verdi, vostri alleati a Berna con i quali, però, ogni tanto litigate: la settimana scorsa avete accusato il presidente Balthasar Glättli di voltare le spalle ai lavoratori indipendenti, avendo contribuito a rinviare due mozioni d’ordine Ps sull’estensione delle indennità Covid (Glättli si è detto comunque a favore delle estensioni e ha spiegato che la discussione sarebbe rimasta simbolica, dato l’ostruzionismo agli Stati).

Al di là degli indipendenti che sollecitano decisioni urgenti, per noi è importante che i Verdi non facciano l’errore di altri partiti progressisti: spostarsi verso il centro, scontentando l’elettorato, invece di mobilitare quella società civile che per metà rinuncia al voto. I Verdi hanno spesso confermato un impegno a sinistra, spero che col nuovo presidente non seguano la strada dei loro omologhi tedeschi.

Le politiche ecologiste hanno anche un costo per la popolazione, pensiamo alle ecotasse. Non c’è un conflitto insanabile tra la tutela sociale e quella ambientale?

Non direi. Gli stessi proventi di nuove tasse si possono riversare in aiuti ai più bisognosi. In ogni caso, è chiaro che il modello attuale di sfruttamento delle risorse è ormai insostenibile e che il costo ambientale debba essere conteggiato nelle scelte di lungo periodo, incluse quelle sociali. 

Collaborate molto coi Comunisti ticinesi, non sempre critici nei confronti delle dittature in Cina, Corea del Nord e Siria.

Lavoriamo a livello locale, non ci interessa dividerci in mille gruppi su temi lontani come succedeva ai trotskisti d’una volta, capaci di litigare anche sul Paraguay. Se però certe prese di posizione investono comunità che sosteniamo e appoggiamo nel nostro territorio – come nel caso dei curdi e delle giuste spinte autonomiste in Rojava – è importante mettere i puntini sulle i: non a caso, nell’ultimo numero dei nostri Quaderni abbiamo messo in discussione la posizione del segretario del Pc Massimiliano Ay sul problema curdo.

A proposito di Quaderni: si tratta di un progetto editoriale piccolo ma in crescita, cosa stupefacente coi tempi che corrono.

Ne siamo orgogliosi: siamo arrivati a circa 2'500 copie e 650 abbonati, ora vorremmo potenziare la redazione e passare da sei a nove uscite all’anno. Anche qui, affiancando sempre di più ai contenuti internazionali temi più locali. La riflessione – che sosteniamo anche con nuovi gruppi di lavoro – si concentra su soluzioni per garantire l’accesso davvero universale alle cure, la lotta la precariato, la difesa degli stranieri.  Problemi esacerbati dal coronavirus, e temo che non abbiamo ancora visto niente: per ora il padronato resta cauto per riuscire a respingere l’iniziativa sulla limitazione, che mette a rischio la libera circolazione. Ma dopo il 27 settembre rischiamo di assistere a una macelleria sociale.

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