Ticino

Gli studenti ticinesi sono bravi, ma i poveri fan più fatica

Analizzando i dati Pisa e VeCoF pubblicati ieri, saltano all'occhio l'eccellenza in matematica e il buon livello generale. Ma il ceto sociale pesa ancora

(Infografica laRegione; dati Supsi, Ocse)
4 dicembre 2019
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Una volta ogni tre anni, Pisa cessa di essere una città toscana e diventa la risposta a una domanda da genitori apprensivi: «Come vanno a scuola i nostri figli?». Per gli allievi ticinesi, l’esito si direbbe rassicurante: il Programme for international student assessment – Pisa, appunto – dice che in matematica i ‘nostri’ quindicenni sono i quarti migliori del mondo, dopo quelli di Singapore, Macao e Hong Kong; un’eccellenza perfino superiore a quella del resto della Svizzera. Anche per quanto riguarda le scienze e le capacità di lettura, i risultati sono più alti della media Ocse (che include un’ottantina di paesi). Il livello ticinese, che conferma quello del 2015, è notevole soprattutto se si considera che nel resto della Svizzera le prestazioni dal 2012 si sono deteriorate in tutte le discipline: -16 punti in matematica, -20 in scienze naturali. Quelli del Ticino appaiono dunque «risultati molto positivi, che premiano chi la scuola la fa», come nota il direttore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport Manuele Bertoli. Ma se il confronto internazionale è positivo, non tutti i gruppi sociali godono dello stesso vantaggio. Certo, anche in questo caso i problemi sono meno gravi che altrove: le differenze di rendimento fra gli allievi migliori e quelli peggiori sono inferiori alla media Ocse e a quella svizzera, anche quando si va a misurare lo svantaggio creato da condizioni sociali difficili, dal fatto di essere stranieri e di parlare una lingua diversa dall’italiano. Se però si cambia analisi, e si passa alle Verifiche delle competenze fondamentali (VeCoF) a livello nazionale, anch’esse pubblicate ieri, si nota che l’estrazione sociale determina ancora in misura importante alcuni risultati scolastici.

Povertà e rendimento

Il VeCoF mette alla prova gli alunni di quarta media, e potrebbe destare qualche preoccupazione: in matematica, solo il 41% di chi appartiene al quarto più povero della popolazione raggiunge le competenze fondamentali entro la fine delle medie. Se si guarda al quarto più ricco, il risultato è esattamente doppio. È ancora più ampio il solco fra livelli A e B: solo il 26% di chi esce dai corsi base è capace di ‘far di conto’ decentemente, contro l’86% di chi segue due corsi attitudinali.

Svantaggio sociale e differenziazione di livello mostrano una correlazione secondo Miriam Salvisberg, ricercatrice Supsi responsabile del progetto Pisa e VeCoF per la Svizzera italiana: «Ad esempio in terza-quarta media notiamo che, a parità di punteggio di competenza Pisa in matematica (indagine del 2012), gli allievi dal background sociale più svantaggiato sono sovrarappresentati nei corsi B e sottorappresentati nei corsi A rispetto ai giovani di più elevata estrazione. Ciò naturalmente condiziona i percorsi scolastici dopo la scuola media, e infatti ritroviamo i giovani di bassa estrazione sociale sottorappresentati nel medio superiore e sovrarappresentati nella formazione professionale». Inoltre, «da diverse ricerche emerge che quanto più precoce è la biforcazione tra percorso liceale/accademico e percorso professionale, tanto più il destino scolastico degli individui è condizionato dall’origine sociale familiare».

In ogni caso, però, «il sistema scolastico del nostro cantone, in cui la biforcazione avviene solo in terza media con il biennio di osservazione, è più egualitario di altri cantoni in cui la biforcazione avviene prima». E va detto che con le lingue – al netto di qualche difficoltà in ortografia – i risultati sono molto meno differenziati.

Ripensare i livelli?

Anche Bertoli mette la cosa in prospettiva: «La tendenza in altri cantoni», dove la separazione avviene già alla fine delle elementari, «è decisamente peggiore: la scuola ticinese si conferma molto equa ed inclusiva».

Ma il direttore del Decs ne approfitta per rimettere in discussione i livelli di tedesco e matematica alle medie, che ‘La scuola che verrà’ avrebbe voluto superare: «I risultati confermano che la separazione in livelli non è solo di merito, ma anche legata a differenze socioeconomiche». La riforma è stata bocciata l’anno scorso, ma Bertoli insiste: «Vorrei tornare sulla questione, non per abolirli – non è mai stato in questione – ma trovando soluzioni alternative». E a chi teme che così si vada nella direzione di un’istruzione troppo standardizzata, risponde: «I risultati di oggi mostrano invece che le nostre eccellenze sono create proprio in una dimensione inclusiva. L’idea che mettere tutti insieme produca un risultato mediocre è assolutamente smentita da questi risultati».

Più cauto Gianluca D’Ettorre, presidente del sindacato Ocst docenti: «Non è facile leggere i risultati di oggi come dimostrazione del fatto che la differenziazione in livelli sia un ostacolo, invece che una componente funzionale dell’eccellenza raggiunta». Certo, però, «si può ragionare meglio sul metodo di attribuzione degli allievi ai diversi livelli: oggi le famiglie hanno molta voce in capitolo, e questo tende a far pesare il fattore socioeconomico, come d’altronde anche quello culturale che non è necessariamente legato al censo».

Intanto Bertoli ricorda altre misure proposte alla commissione scuola del Gran Consiglio per migliorare il quadro generale dell’istruzione in Ticino: «Dall’introduzione generalizzata dei docenti d’appoggio nelle scuole dell’infanzia alla riduzione degli alunni per classe alle elementari e alle medie, oltre ai laboratori alle medie con classi dimezzate». Novità che costerebbero 17,4 milioni al Cantone e 800mila franchi ai Comuni.

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