Ticino

Sei dighe potrebbero alzarsi, Ritom compreso

Idroelettrico: il Cantone è pronto a valutare uno studio del Politecnico di Zurigo che suggerisce di ingrandire i bacini

Ti-Press
7 settembre 2019
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In futuro alcune dighe in Ticino potrebbero venir alzate di qualche metro per permettere un maggior stoccaggio di acqua a favore della produzione di energia idroelettrica in inverno. I bacini di accumulazione del Ritom e del Cavagnoli (sopra Robiei) fanno parte dei 16 giudicati potenzialmente idonei a livello nazionale da un recente studio del Politecnico di Zurigo (Eth), presentato lo scorso dicembre in occasione dell’Energy Day, durante il quale è stato posto l’accento sulle opzioni (invero non molte) per aumentare ulteriormente la produzione di energia elettrica indigena (e soprattutto pulita). Oltre ai due citati, anche gli sbarramenti di Luzzone, Lucendro, Naret e Sambuco sono segnalati come interessanti, nel secondo scenario illustrato dai ricercatori dell’Eth.

Più green? L'unica via è l'acqua

Un’analisi che non è passata inosservata a Bellinzona. Anzi. È il Consiglio di Stato a fare riferimento allo studio rispondendo a un’interrogazione di Bruno Storni (Ps), con cui il deputato chiedeva di fare il punto sullo sviluppo del fotovoltaico e domandava fra l’altro di elencare le misure previste dal Cantone per aumentare la produzione elettrica rinnovabile invernale tramite trasferimento di energia estiva in esubero. Posto che “malgrado i grandi progressi tecnici” lo stoccaggio del surplus di energia in batterie o celle non è ancora fattibile – premette il governo –, “l’unica tecnologia disponibile ed affidabile concerne lo stoccaggio di acqua nei bacini di accumulazione per la produzione idroelettrica invernale”. Così da permettere d’estate di sfruttare appieno vettori come sole e vento, e in inverno turbinare più acqua trattenendola a monte nei mesi precedenti. Per riuscirci serve più spazio per incrementare il volume dei laghetti artificiali. «Nell’ambito dell’aggiornamento del Piano energetico cantonale (Pec) proporremo di svolgere una valutazione per un eventuale aumento della capacità di accumulazione dei bacini ticinesi in considerazione anche dell’abbandono dell’energia nucleare – conferma alla ‘Regione’ Sandro Pitozzi, capo dell’Ufficio dell’energia del Dipartimento finanze ed economia (Dfe) –. In particolare si tratterà di capire se questa può essere la strada da percorrere e se risulta fattibile a livello tecnico, ambientale e finanziario». Non sarebbe una novità: la diga del Luzzone è stata alzata di 17 metri nel 1999, guadagnando una ventina di milioni di metri cubi d’acqua in più bloccata nel lago, che permettono di produrre circa 60 GWh invernali pari ad una volta e mezza la produzione annua media della centrale della Morobbia. «Negli scenari proposti dai ricercatori di Zurigo non è previsto un maggior prelievo d’acqua, ma unicamente lo spostamento in inverno della produzione di energia elettrica così da compensare gli esuberi estivi», precisa Pitozzi. Non si aumenterebbe quindi il prelievo dai riali, ma si fermerebbe un volume maggiore d’acqua.

Prospettiva decennale

Evidentemente una prospettiva simile non è attesa per domani: l’orizzonte temporale per un eventuale “ritocco” delle dighe necessita di tempo sia per le valutazioni che per le procedure. «Credo tuttavia che in caso di una disponibilità da parte degli attuali concessionari si potrebbero trovare delle soluzioni adeguate e non sarebbe pertanto necessario attendere la scadenza delle concessioni oggi in essere – conclude Pitozzi –. Certo che se anche la via dovesse convincere tutti gli attori coinvolti difficilmente il cantiere potrebbe aprire prima di cinque/dieci anni».

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