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Chiasso e i migranti, ecco la ‘contronarrazione’ popolare

Una inchiesta sociologica restituisce una immagine diversa da quella dipinta dalla politica durante la campagna per le Federali

Gli occhi dei cittadini non sempre sono quelli della politica
(Ti-Press)
13 dicembre 2023
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Il Mendrisiotto è davvero una Regione Aperta. E non solo per un gruppo di cittadini che ha deciso di unire impegno e solidarietà nella convinzione che un’altra convivenza con il mondo migrante è (ancora) possibile. Anche perché non sempre la realtà è quella dipinta da una politica decisa, spesso, a piegare alla propria visione (e ai propri obiettivi elettorali) la quotidianità di chi, come i chiassesi, con i richiedenti l’asilo coabita da tempo. Negli ultimi mesi, infatti, si è arrivati persino a paragonare Chiasso, questo Comune all’estremo sud della Svizzera, all’isola di Lampedusa, approdo della moltitudine che percorre le rotte del Mediterrano. Oggi si sa che esiste anche una ‘contronarrazione’. E che il “disagio diffuso e profondo” tanto mediatizzato non è poi così reale o fondato. A far affiorare un altro racconto del vissuto cittadino è una inchiesta sociologica voluta dal Movimento Mendrisiotto Regione Aperta – da martedì sera una Associazione a tutti gli effetti – e condotta da Spartaco Greppi, economista della Supsi, e Christian Marazzi, economista e ricercatore.

Un campione significativo

Gli autori lo hanno denunciato subito: l’approccio utilizzato in questo lavoro di indagine è stato “empirico-indiziario”, quindi “senza pretesa di alcuna rappresentatività”. I risultati, però, sono comunque significativi e preziosi per gli studiosi proprio perché raccolti sul terreno. Il campione – “del tutto casuale” – sondato per capire come vivono e percepiscono oggi gli abitanti di Chiasso e del Basso Mendrisiotto la vicinanza dei richiedenti l’asilo alloggiati nei Centri della Confederazione ha mostrato che non è proprio come la si è raccontata. Una decina i volontari e le volontarie, ricercatori e ricercatrici, messi in campo e pronti a investigare la realtà, esponendosi, come sottolineato da Greppi e Marazzi anche a critiche feroci. Centoventi, in totale, le persone sentite, restituendo 90 testimonianze valide ai fini dell’interpretazione dei dati. Quanto basta per concludere che le loro risposte – a domande mirate – non riflettono l’emergenza paventata da una certa politica a ridosso degli appuntamenti con le urne, soprattutto per le Federali. Salvo poi, sottolinea Willy Lubrini, coordinatore del Movimento, calare il silenzio. A permettere di scattare una fotografia della situazione sono, come detto, le risposte di 90 intervistati. Ovvero 49 donne e 41 uomini, che per la gran parte (in 52) lavorano a Chiasso. Nello specifico si tratta di 33 dipendenti, 22 indipendenti, 2 titolari di un’azienda, 22 pensionati e 3 persone ancora in formazione. Quanto all’età, 54 hanno fra i 36 e i 65 anni (32 donne e 22 uomini), 12 tra i 18 e i 35 (divisi equamente), e 24 hanno più di 65 anni (11 donne e 13 uomini). Tra loro una settantina sa dove si trovano le strutture federali; una ventina reputa di avere una buona conoscenza del ‘dossier migrazione’ e una quindicina ha contatti frequenti con i migranti.

Il Centro federale ‘non è un problema’

Esiste, quindi, davvero una ‘questione immigrazione’ nella popolazione locale? Gli intervistati hanno mostrato di avere le idee chiare. Riscontri alla mano, gli autori dell’inchiesta sociologica si sentono di dire che, a fronte della presenza sul territorio della regione di un Centro federale d’asilo, “non si può affermare in modo perentorio che il problema è sentito dalla maggioranza della popolazione”. In effetti, in 41 non credono che la vicinanza delle strutture federali – sin qui a Chiasso e a Pasture, fra Balerna e Novazzano, dove si sta costruendo anche il futuro Centro – rappresenti un tasto dolente – o in ogni caso non si pongono il tema –; e tra questi 20 sono chiassesi. Per contro in 36 la avvertono come problematica; e qui i chiassesi sono 21. Divide, poi, la percezione delle condizioni di vita difficili all’interno del Centro per richiedenti l’asilo: in 41 casi su 90 si ritiene che sussistano dei problemi; in 49, dunque più della metà non concordano o non menzionano la tematica.

Le ‘colpe’ della politica

Sta di fatto che a larga maggioranza – in 54, 25 donne e 29 uomini –, gli interpellati credono che tanto nella campagna mediatica che nell’opinione pubblica, in generale, sul nodo dei migranti si siano esacerbati gli animi. E ciò non manca di riverberarsi sui sentimenti della cittadinanza. A questo proposito si è voluti andare decisi al punto, rivolgendo una domanda diretta: ‘La presenza dei richiedenti l’asilo mi provoca paura/timore/preoccupazione?’. Ebbene, in 52 (28 donne e 24 uomini) non concordano alimenti timori, paure o preoccupazioni. E di questi 19 sono chiassesi e 32 lavorano in città. Mentre in 20 (16 donne e 4 uomini) affermano che la convivenza con i migranti crea loro delle apprensioni: 10 donne e 4 uomini hanno portato una esperienza diretta. “Di nuovo – annotano i ricercatori – ecco la conferma che l’inquietudine non è il dato prevalente”. Eppure, richiama Lubrini, si è fatto di tutto per «diffondere paura, che è una operazione politica pericolosa. La paura è antipolitica e come principio d’azione non può che essere distruttrice».

Promossi i lavori di pubblica utilità

Riletta la realtà, da subito il Movimento sgorgato da una parte della società civile locale ha chiesto, per dirla ancora con il coordinatore Wily Lubrini, risposte adeguate e opportunità di integrazione sociale. Come dire che in una realtà di frontiera quale è quella ticinese serve una sorta di ‘patto sociale’. Cosa ne pensano le persone sondate dall’inchiesta sociologica? Ma soprattutto, quali sono le loro suggestioni? In 52 (24 donne e 28 uomini) sostengono l’attuazione di lavori di pubblica utilità. “Altri, pochi – chiariscono gli autori –, propongono attività di incontro e formazione. Il dato sembra essere questo: gli intervistati sembrano proporre misure di tipo integrativo, anche se prevalentemente improntate all’etica del lavoro, di contro a misure di tipo giuridico (ripartizione sul territorio)”. Misure, queste ultime, propugnate dai Comuni coinvolti per territorio, come Chiasso, Balerna e Novazzano, e rilanciate pure in occasione della visita della consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider, il novembre scorso. Volendo tirare delle conclusioni, i ricercatori evidenziano come “lo spettro delle percezioni, dei riferimenti culturali e delle esperienze personali è decisamente ampio. Si va dall’assenza di paura, malgrado un furto subito, alla teoria del complotto e statisticamente le frequenze non permettono di stabilire delle dimensioni prevalenti”. Di conseguenza, “questo dovrebbe in qualche modo vincolare il decisore politico a una strategia di medio lungo termine, che tenga conto non soltanto dei problemi contingenti ed emergenziali percepiti da una parte della popolazione, magari attizzata dai media o da specifici gruppi d’interesse, ma di tutta la popolazione e dei rifugiati stessi, che sicuramente continueranno ad affluire”.

L’Associazione è una realtà

Il Movimento, nato su moto spontaneo l’estate scorsa, da adesso ha una veste formale e si riconosce in una Associazione vera e propria. A sancirlo, martedì sera, a Chiasso in una sala del Consiglio comunale gremita, è stata l’assemblea costituente che ha ribadito gli scopi nel segno della coesione sociale e del senso di appartenenza alla comunità e designato quali coordinatori Gianna Riva e Willy Lubrini, vice Fernando Buzzi.

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