Mendrisiotto

Condannati capo e spalla della baby gang del Mendrisiotto

Un 25enne e un 20enne della regione sono stati giudicati oggi dalla Corte delle Assise criminali di Mendrisio

Dalla marijuana alla cocaina (Ti-Press)
10 marzo 2020
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Al momento del loro fermo, nel novembre scorso, era stata denominata la baby gang del Mendrisiotto vista la sua ‘specializzazione’ nello spaccio (dalle loro mani sono passati 190 grammi di cocaina e circa 2 chili di marijuana) e nei reati contro il patrimonio. Due protagonisti, un 25enne e un 20enne domiciliati nel distretto, sono stati giudicati oggi dalla Corte delle Assise criminali di Mendrisio. Il giudice Marco Villa li ha riconosciuti colpevoli e condannati rispettivamente a 3 anni e mesi da espiare e 18 mesi sospesi per un periodo di prova di tre anni. Entrambi sono stati sanzionati per il consumo di stupefacenti.
Come specificato dalla Polizia al momento del fermo, che ha portato all'arresto di atre tre persone, tra cui due minorenni che verranno giudicati separatamente, la banda ha commesso una sessantina di reati a partire dal 2017, quando venne segnalata una serie di furti con epicentro nel Mendrisiotto e in luoghi ove vi era una forte concentrazione di minorenni o giovani adulti. Incrociando le informazioni raccolte, è stato quindi possibile attribuirne la paternità a un unico gruppo alla cui testa vi era il 25enne. Quest'ultimo, in espiazione anticipata della pena dal maggio scorso, veniva di volta in volta affiancato, con mansioni e responsabilità differenti, da altri membri della banda, sia maggiorenni sia minorenni. Il 25enne ha dovuto rispondere anche di atti sessuali con due minori di 16 anni (solo una di loro, patrocinata dall'avvocato Letizia Vezzoni, si è costituita accusatrice privata e ha presentato una richiesta di indennizzo per torto morale). 

‘Uno spaccato preoccupante’

Quello comparso oggi davanti alla Corte delle Assise criminali di Mendrisio è un “preoccupante è parziale” spaccato della gioventù del nostro Cantone. “Definirlo un substrato preoccupante di disagio è quasi un eufemismo - sono state le parole del procuratore pubblico Roberto Ruggeri -. I protagonisti sono giovani nostrani, nullafacenti, drogati e lascivi, persone arcinote, recidive e problematiche”. Nella sua requisitoria il procuratore si è concentrato soprattutto sulla figura del 25enne (“le posizioni tra i due imputati sono molto distanti, sono stati chiamati alla sbarra insieme per uniformità di giudizio”), per il quale ha proposto una condanna di 4 anni e due mesi di detenzione, che ″si è circondato di coetanei e ragazzi più piccoli suscitando in loro ammirazione e paura″. La condanna proposta per il 20enne è stata di 24 mesi sospesi per un periodo di prova di 4 anni. ″Richieste che non devono essere interpretate come esemplari, ma che devono essere un esempio per i loro amici, affinché capiscano che hanno scelto una vita sbagliata per la loro crescita e la loro vita″.

‘Un capitolo buio definitivamente chiuso’

Intervenendo in difesa del 20enne, che è incensurato, l’avvocato Andrea Sanna ha definito l’azione del suo assistito come un “capitolo buio della sua vita”. L’imputato, ha aggiunto il legale, “non è stato costretto a fare nulla”. Si è unito al 25enne perché quest’ultimo “lo faceva sentire importante”. Facendo leva sulla “totale e incondizionata collaborazione”, sull’attenuante generica del sincero pentimento e su un “rischio di recidiva molto basso”, il legale si è battuto per una condanna a 16 mesi sospeso per un periodo di prova di 4 anni.

‘Il degrado c’era già’

Il 25enne, ha esordito l’avvocato Véronique Droz Gianolli, è stato descritto come “un capobanda, un boss, un leader negativo che ha istigato i più giovani contro le regole della società. Quanto successo è da inquadrare in un forte contesto di disagio giovanile che esisteva già all’epoca dei fatti”. Uscito di prigione del luglio 2018, il 25enne ha iniziato a frequentare il centro giovani di Mendrisio. “Tutti conoscevano il suo passato e sapevano che era un esempio da non seguire, ma gli educatori lo hanno accolto lo stesso e dato un compito pari al loro”. Le intenzioni di insegnare l’utilizzo degli attrezzi ginnici e la boxe “non sono state messe in pratica per molto tempo. Forse non era abbastanza maturo per risolvere i problemi degli altri”. Oggi il 25enne, ha aggiunto la legale che si è battuta per una condanna da porre al beneficio parziale della condizionale, “non è più dipendente ed è in perfetta salute. Il carcere preventivo è già stato un signor castigo”.

La sentenza

Come anticipato, la Corte presieduta dal giudice Marco Villa ha emesso due sentenza di condanna. La colpa del 25enne è stata ritenuta grave visti i suoi precedenti penali e il numero di imputazioni. Attorno ha lui, ha motivato il giudice, giravano i minorenni che lo hanno affiancato durante i reati. La colpa del 20enne è invece stata definita medio-grave. Il suo ruolo, ha detto il giudice, è stato quello della spalla. Ma l'essersi arrivato in aula incensurato e con un contratto da apprendista ha giocato a suo favore.

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