Inflitta una pena sospesa con la condizionale anche alla madre che, in correità col marito, è stata condannata per coazione. La sentenza sarà avversata

Ha costretto la figliastra a subire una congiunzione carnale. In altre due occasioni, le ha toccato le parti intime e l’ha baciata tirando fuori la lingua, in seguito ha esercitato pressioni psicologiche su di lei affinché non dicesse nulla alla mamma di quanto capitato. È il giorno della sentenza nel processo indiziario a carico del patrigno 45enne e della madre 42enne. La vittima dodicenne ha convinto la Corte delle Assise Criminali di Lugano presieduta dalla giudice Monica Sartori-Lombardi (giudici a latere Giovanna Canepa Meuli e Werner Walser). Entrambi gli imputati non sono stati ritenuti credibili. All’uomo è stata inflitta una pena di quattro anni di reclusione, mentre la donna è stata condannata a 18 mesi di prigione, sospesi con la condizionale per un periodo di prova di due anni. Il patrigno dovrà versare 30mila franchi (la madre cinquemila franchi) alla vittima, quale risarcimento per torto morale. Il 45enne, inoltre, è stato condannato al pagamento di 41mila franchi di spese legali sostenute dall’accusatrice privata. I due avvocati difensori del 45enne cittadino svizzero, Daniele Iuliucci e Simone Creazzo, hanno annunciato l’intenzione di presentare appello.
La corte ha confermato integralmente l’atto d’accusa allestito dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni, che aveva proprio chiesto quattro anni di prigione nei confronti del patrigno. La versione della vittima è stata ritenuta coerente e lineare. Il comportamento, la postura, la gestualità e il pianto della ragazzina sono stati considerati credibili, perché rispecchiano il contesto di dolore, paura e necessità di dimenticare, vissuto dalla vittima quando aveva 14 anni. Dopo la prima audizione alla quale è stata sottoposta e nella quale ha riferito di aver subito ‘soltanto’ baci e toccamenti nelle parti intime, negli ulteriori video la ragazzina ha avuto il coraggio di raccontare tutto, quindi anche la violenza carnale che ha dovuto subire, mostrando una reale sofferenza. Una sofferenza peraltro accertata dalle conseguenze psicologiche patite dalla vittima, che hanno avvalorato il suo racconto agli occhi della corte. Non si poteva pretendere che esprimesse quanto aveva sopportato con precisione, come invocato dalle difese. La presidente della corte, ha considerato inverosimile che la ragazzina abbia voluto aggravare la posizione processuale del patrigno, che era stato arrestato una prima volta nel dicembre del 2020.
Invece, la versione fornita dagli imputati che si sono professati estranei ai fatti non è stata ritenuta credibile. Nemmeno la tesi sostenuta dalle difese, secondo le quali la ragazzina avrebbe parlato con le sue amiche di quanto capitato come ritorsione dopo il ritiro dello smartphone da parte del patrigno. Una tesi che non si concilia con i continui regali dati alla vittima da parte dei genitori. Le indagini, ricordiamo, sono scattate dopo la segnalazione al Ministero pubblico da parte dei genitori dell’istituto. Nella breve motivazione della sentenza, Sartori-Lombardi ha detto che non ha convinto la strategia difensiva di screditare con giudizi di valore negativi i vari professionisti coinvolti nell’inchiesta (dal medico alla curatrice e legale dell’accusatrice privata Sandra Xavier fino alla pp Valentina Tuoni) e di definire fantasie le dichiarazioni della ragazzina. La presidente della corte ha giudicato grave la colpa del 45enne, perché ha agito per motivi egoistici, seguendo le sue pulsioni sessuali e intimando di fare silenzio alla ragazzina. Quanto alla madre, la sua colpa è stata considerata di gravità media, perché non ha esitato ad allontanare la figlia e, pur essendo venuta a conoscenza di quanto capitato, ha anteposto il suo benessere a quello della ragazzina. La giudice ha messo in evidenza il fatto che la donna in un primo momento ha creduto alla figlia, poi ha preferito reputare l’accaduto non così grave. Ha ammesso di aver preferito interpretare a suo modo quanto le aveva detto la figlia, per non mettere a repentaglio la famiglia, peraltro già numerosa.
I fatti sono avvenuti tra il 2017 e il 2019, quando l’uomo ha abusato sessualmente della sua figliastra 12enne, che in seguito è stata obbligata a non dire nulla. Oltre ai reati di natura sessuali, marito e moglie sono stati condannati per coazione, per violazione del dovere di assistenza e per sottrazione di minorenne. In effetti, anche la donna ha obbligato la figlia a non parlare (per salvaguardare la sua situazione familiare) e, in correità con il marito, ha cercato di allontanarla dalla Svizzera, facendola portare in Lituania, nonostante vivesse già in una famiglia affidataria su decisione dell’autorità di protezione.