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Ohm: l’eredità del Living Room nella cultura alternativa

Dopo un’apertura da tutto esaurito, abbiamo indagato su questo nuovo locale e attore nella vita notturna luganese

Lo stabile in via Trevano
(Ti-Press)
11 marzo 2023
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Lo scorso weekend si è tornati a ballare nello stabile di via Trevano 89A a Lugano, storica sede dell’ormai tramontato Living Room: locale notturno che rappresentava uno dei pochi esemplari di movida alternativa in città. Lo storico club, aperto nel 1998, aveva chiuso i battenti nel 2019. Lo stabile era stato riempito fino al 2022 dal Bunker, con un’offerta musicale più mainstream, e a partire dal 3 marzo ospita Ohm, un nuovo locale notturno che, secondo quanto si dice, sembra voler reincarnare (almeno in parte) lo spirito alternativo del Living. Una nuova realtà, in una città dove il rapporto con la cultura alternativa è sempre stato altalenante, seppur ultimamente questa sembra star riacquistando legittimità.

Ne abbiamo parlato con i due nuovi gestori del locale, che hanno scelto l’anonimato in quanto «non siamo gli unici che lavorano dietro questo concetto, e ci sembra egoistico essere gli unici a venir nominati».

Domanda a bruciapelo: siete il nuovo Living Room?

Di certo non possiamo definirci tali, ma diciamo che il concetto si avvicina perché vogliamo riproporne la stessa anima, pur mantenendo un’identità completamente differente. Siamo però coscienti che quel luogo è stata una casa per molte persone, e che ha lasciato un vuoto dopo la sua chiusura. Durante la serata di apertura era visibile l’emozione di molte persone, diciamo un po’ "la vecchia guardia", e ci è stato riferito da molti come entrare nel locale fosse un po’ come un ritorno al passato. E questo nonostante gli interni abbiano subito una grossa ristrutturazione.

Parte del Living Room si rispecchia di certo nell’offerta musicale, che come allora sarà estremamente variata. Abbiamo anzi cercato di amplificare questo concetto cercando di dirigerci verso qualcosa di più underground.

E quale sarebbe la vostra identità?

La nostra idea è quella di dare spazio ad artisti di ogni genere. Abbiamo infatti creato questo workshop per pittori, light designer, scultori e per mettere in mostra le loro creazioni durante le serate. Abbiamo iniziato ad esempio esponendo le opere di sette artisti all’interno dei bagni del locale. Vogliamo permettere agli artisti, locali e non, di ottenere una maggiore visibilità, e di vendere le proprie opere attraverso il nostro sito; vendita per la quale noi non chiediamo alcuna commissione. L’intenzione non è quella di essere un semplice locale notturno, basato unicamente sulla musica e sulla movida, ma di essere uno spazio di espressione e d’incontro, che attragga persone di tutti i generi.

Suona di certo come un approccio diverso dagli altri locali notturni, che a Lugano hanno un po’ la tendenza a cambiare gerenza con una certa frequenza. Secondo voi qual è il problema?

Chiaramente non spetta a noi giudicare gli altri locali, in quanto al loro interno ci sono sempre delle dinamiche diverse, che possono essere legate a livello finanziario, personale oppure artistico. L’impressione è però che si tenda a fare il minimo possibile per raggiungere l’obiettivo, che è quello di guadagnare o quantomeno di coprire i costi, anziché cercar di far star bene le persone. Noi ci siamo chiesti come creare uno spazio dove possa nascere una comunità, di cui le persone possano sentirsi parte. A questo serve l’inclusione di diversi artisti e diverse proposte musicali, per spingere la gente a connettersi e a dialogare di più.

Questo si rispecchia anche nella nostra comunicazione, che prende spunto dall’esperienza berlinese, dove un buon locale che fa stare bene la gente, non ha bisogno di pubblicità, perché la gente ci torna volentieri. Noi per la promozione del locale non abbiamo speso un centesimo in pubblicità online, basandoci unicamente sul passaparola anche grazie alle molte persone che hanno collaborato al progetto, e la prima sera abbiamo fatto il tutto esaurito. Vogliamo stimolare il dialogo anche in questa maniera, distanziandoci dalla dipendenza dallo schermo per la ricerca d’informazioni e riportando la comunicazione a un livello più urbano che digitale.

C’è però da dire che i berlinesi non sono i luganesi. In città, prima dell’esperienza della Straordinaria, la cultura alternativa non sembrava particolarmente fiorente.

Berlinesi e luganesi sono sempre persone, e se si crea lo spazio giusto e che fa sentire a casa la gente arriva, e ritorna. E il problema non è di Lugano per sé, perché anche se la situazione non sembrava fiorente, era per la mancanza di offerte, non per le persone. Il successo della Straordinaria ne è la prova. Se prima non sembrava esserci nulla, è bastata quella novità per riaccendere la curiosità, e anche durante il nostro primo weekend di apertura c’è stata una bella concomitanza con gli eventi della Straordinaria. Secondo noi è una buona indicazione che una realtà del genere possa esistere anche a Lugano.

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